CAPITOLO 19

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POV'S ELENA

Sono cullata dalle braccia di Niccolò e vorrei che il tempo si fermasse così, in questo esatto istante.
Le mia lacrime bagnano la sua maglietta, ma non fa niente, ho solo bisogno di essere compresa o quanto meno consolata.
Mi sono sempre sentita così sola, nessuno con cui parlare.
Ho osservato tante di quelle volte gli altri, vederli mentre scherzavano, chiacchieravano o ridevano insieme, molti direbbero "come giocare una partita a calcio, facendo il portiere ", perché magari chi sta in porta non  gioca a pieno correndo e passando la palla in mezzo al campo, però quando l'avversario non viene fermato da nessuno, forse lui che tanto è un ruolo sottovalutato, è quello che ha più adrenalina, quello che può salvare o peggiorare la situazione parando la palla o tuffandosi nella direzione sbagliata.
Ma non è tanto questo il punto, la cosa è che anche il portiere, tante volte poco calcolato, lui gioca la sua partita.
Invece io, be' io non la gioco mai, io osservo e basta.
E guardare alle volte diventa molto noioso, ma non quanto mischiarsi con la gente, vivere seguendo le mode... che cosa stupida!

Forse sono io che sono stupida, perché invece di godermi questo momento, sto pensando, pensando al dolore.
Ci sono troppe ferite in me che nessuno ha mai visto, perché sono io che le ho sempre tenute nascoste, io ho sempre voluto mostrarmi forte, ma non ci sono mai riuscita, così anni fa ho smesso di fare la dura, ma mi sono nascosta dietro ad una corazza di paure, ansie e silenzi incolmabili, ma non li ho mostrati ugualmente.
Io e Niccolò ci stacchiamo dall'abbraccio.

< che succede? > chiede dolcemente accarezzandomi la schiena.
Anna va in cucina e ci lascia soli.
Niccolò mi fa sedere sul divano e mi tiene ancora fra le sue braccia.
< vuoi dirmi cosa sta succedendo? >
Chiede ancora dolcemente.

< nulla di importante, avevo solo bisogno di un abbraccio di conforto > la sua espressione cambia, è come se volesse dirmi "non ti credo minimamente, perciò dimmi quello che sta accadendo".
Sbuffo leggermente sotto il suo sguardo attento.
Toglie alcune lacrime che si trovavano sulla guancia, in realtà mi ero già dimenticata di aver pianto poco fa.
< le solite cose, con mio padre > ammetto mentre lui annuisce.
Mi sono appena accorta di essere seduta sulle sue gambe e la cosa non mi dispiace minimamente.
Vorrei essere coccolata sempre in questo modo.
Anna torna dalla cucina con un bicchiere d'acqua fra le mani, imbarazzata mi siedo accanto a Niccolò che però non mi lascia la mano.
Gli lancio un'occhiata nella speranza che lui capisca, ma al contrario, intreccia le nostre dita e mette le mani in bella vista, sulla sua coscia.
Vedo immediatamente che Anna si è accorta della cosa, ma non ha ancora detto nulla al riguardo, anzi si è avvicinata a me e mi ha passato il bicchiere che aveva in mano, poi si è seduta di fronte a noi.

< bevi un sorso d'acqua, ti aiuterà visto che hai pianto > suggerisce la donna dai capelli scuri che mi sorride felice.
Seguo il suo consiglio mentre lei mi osserva per poi passare lo sguardo su Niccolò che invece ha la testa verso il soffitto e perciò non riesce a vedere la madre.
Poso il bicchiere sul tavolino davanti al divano, il silenzio regna sovrano nella stanza.

< ho una notiziona > dice Niccolò all'improvviso.
Guarda me e poi Anna.
< tra poco uscirà il mio singolo 'Chiave' e poi ho un appuntamento per incontrare Fabrizio Moro >

< davvero? > chiedo entusiasta, lui annuisce felicemente.

< bravo Nicco, ma cosa farai quando incontrerai Fabrizio Moro? > interviene curiosa Anna.

< be' ho intenzione di fargli ascoltare 'Chiave' e un altro singolo e anche se non me lo chiederà, spero di poter aprire il suo concerto > risponde lui quasi ovvio.

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