Back to Black

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Come arrivarono in quel motel, riuscendo a svignarsela dalla festa senza attirare l'attenzione di qualcuno, Eren proprio non lo sapeva, né tantomeno gli interessava scoprirlo, troppo occupato a cercare di tenere le mani lontane dal corpo di Levi durante il tragitto.

Avrebbe potuto dare la colpa all'alcol per quella scarsissima forza di volontà, ma avrebbe mentito a se stesso: non era mai stato così lucido in vita sua. Il desiderio di sentirsi nuovamente e completamente proprietà dell'altro era talmente forte e concreto da farlo paradossalmente uscire di senno.

Se ne fregava di Hanji, che probabilmente era alla ricerca del suo compagno in lungo e in largo per il ristorante e di Jean, che sarebbe stato messo sotto torchio da Mikasa nella loro prima notte di nozze. Esistevano solo loro due, nient'altro contava.

Non si fermò nemmeno a controllare le condizioni della camera che avevano preso, il mobilio era chiaramente l'ultimo dei suoi pensieri quando Levi era ancora avvolto da quel completo che, pur rendendolo sexy da morire, copriva fin troppe porzioni della sua pelle diafana.

Provò ad avventarsi sulle sue labbra, intenzionato a reclamare quel bacio ancora in sospeso, ma una mano di Levi si frappose tra le loro bocche, un attimo prima che queste riuscissero a sfiorarsi. I suoi occhi d'argento fuso luccicarono di malizia, accompagnati da un sorrisetto di sfida, quando Eren ringhiò per la frustrazione, artigliando la giacca, sfilandogliela con uno strattone e facendola cadere con un tonfo sulla moquette. Passò dunque al nodo della cravatta, sciogliendolo, sfiorandone la stoffa con le dita e studiandola con attenzione, sentendo montare in sé la malsana voglia di essere legato per i polsi con quell'accessorio, magari tenuto anche fermo anche alla testiera del letto, completamente sottomesso al volere del compagno.

«Se non avessi avuto la voglia matta di essere toccato da te, sta' certo che lo avrei fatto.» si sentì sussurrare, e quelle parole vennero accompagnate da un flebile morso al lobo dell'orecchio. Era così anche anni prima: Eren desiderava qualcosa e Levi gliela concedeva prima ancora che la esprimesse a parole. Peccato che quell'abilità così gradita funzionasse solo ed esclusivamente per il sesso, per il resto, il corvino non aveva mai capito niente.

Eren non s'imbarazzò, anzi si ritrovò a ghignare complice, artigliando poi le dita al retro della camicia del più basso, sfilandola dai pantaloni per infilarsi al di sotto della stoffa e graffiare la pelle sulla colonna vertebrale. Sentì Levi rabbrividire sotto quel tocco per poi sospirare di sollievo e abbandonandosi a quelle carezze, i muscoli improvvisamente rilassati, come se anche per lui tutta quella distanza fosse stata un peso troppo grande da sopportare. I suoi palmi scesero fino alle natiche del più basso, stringendole e riuscendo a ricavare un gemito soffocato. Eren si avvicinò nuovamente alle labbra di Levi, e quando capì che quest'ultimo non si sarebbe ritratto sogghignò, lambendogli un angolo della bocca con la lingua, scendendo poi a carezzare il mento con i denti. Fu lui a negargli un bacio questa volta e lo sbuffo divertito di Levi lo contagiò in una fioca risata. Le loro fronti s'incontrarono, i loro nasi si sfiorarono e i loro respiri s'infransero l'uno contro l'altro, senza però unirsi.

Quando entrambi decisero che le camicie erano diventate un indumento di troppo, allungarono contemporaneamente le mani per sbottonarle e queste s'incrociarono in uno scontro impacciato.

Levi osservò i loro palmi, facendo intrecciare le loro dita, incantato dalla differenza delle loro carnagioni, così accentuata quando erano vicini e allo stesso tempo così perfetta. Istintivamente, tirò a sé quella di Eren, baciandone i polpastrelli uno ad uno, tocchi dapprima a malapena accennati, poi sempre più decisi. E il castano osservò rapito quella bocca, facendo su di essa una leggera pressione, sotto la quale questa si schiuse, catturando l'indice con i denti e poi avvolgendolo e succhiandolo. Ad Eren si spezzò il respiro, eccitato all'inverosimile da quel contatto così intimo, talmente tanto da sentire le cosce tremare. La mano libera si ancorò alla gola pallida dell'altro, stringendola e immergendosi nelle sue iridi nere e lucide: una sfida dalla quale nessuno dei due ne sarebbe uscito sconfitto o vincitore.

Snow Doesn't Give a Damn [Ereri/Riren]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora