Capitolo 7

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Il ritorno a casa aveva le sembianze di un viaggio verso una meta sconosciuta.
Non poteva essere definita casa quel luogo dove non ritrovi i tuoi affetti.
Paradossalmente per Mario, casa sarebbe stata per sempre quella stanza d'hotel dove aveva trascorso gli ultimi momenti della sua vita con Beatrice. Dove ancora si trovava la convinzione che la sua promessa sposa tutto quello che stavano costruendo, lo voleva tanto quanto Mario stesso.
Tutto invece era svanito, nel peggiore dei modi.
Quel gesto estremo aveva troncato anche la vita di quella piccola cellula che un giorno sarebbe stato loro figlio, e così quella futura vita felice da padre che Mario attendeva tanto.
Ogni fotografia scattata in quei giorni scorreva lenta sul monitor del laptop, Mario le osservava come se stesse ancora vivendo in quei fotogrammi.
Non è semplice staccarsi dalla realtà e vivere nella fantasia, eppure quella era l'unica maniera che Mario conosceva per elaborare il lutto, o forse per non elaborarlo.
Non credeva ad una singola parola della scientifica, conosceva il lato irrazionale di Beatrice come nessun altro, e non esiste logica che spieghi come l'amore abbia un linguaggio proprio.
Lei non avrebbe mai potuto uccidersi.
Eppure non poteva essere dimostrato, non esisteva modo di provare il contrario.
Mario era talmente convinto di quello che pensava, che addirittura credeva di conoscere una verità che nessuno poteva comprendere.
Nemmeno lui poteva affermare con certezza che Beatrice non si fosse suicidata, ma nonostante questo, lui sapeva.
Esiste una connessione tra gli innamorati che gli permette di capirsi anche quando il resto del mondo non comprende.
Di prevedersi, anche quando un gesto è imprevedibile. Questo di sicuro lo era stato.
La notte era silenziosissima, fuori dalla finestra non si sentiva passare nemmeno un'auto.
Il "click" del mouse sembrava essere l'unico suono che scandisse il passare del tempo in quella casa vuota.
Mentre i fotogrammi continuavano a scorrere sotto il controllo nervoso dell'indice, Mario nota un particolare che lo paralizza in una delle fotografie che ritraeva i due amanti, durante il sesso rituale di una di quelle notti passionali.
Beatrice pensava che immortalarsi nella spontaneità di un momento come quello, li avrebbe mostrati sinceri un giorno, quando la passione si sarebbe affievolita.
Per questo Mario l'accontentava, era una perversione che andava assecondata. Del resto, erano foto che avrebbero contemplato insieme e in un certo senso, c'era dell'arte in questo.
Nella scena inquadrata, quella notte oltre a due corpi nudi su un grande letto, figurava un uomo, quasi invisibile perché nascosto, dietro la finestra.
La macchina fotografica era collegata al pc, che comandava uno scatto ad ogni intervallo di tempo.
Il caso volle che proprio in quel lasso di tempo, un uomo oltre a Mario fosse ritratto.
Le foto di quella notte di passione erano in totale non più di quattro, eppure soltanto quella conteneva quello strano individuo posto dietro il vetro della finestra, intento a sbirciare.
Il viso non era ben definito, ma a Mario stava comunque familiare.
Il giovane uomo continuò ad osservare il monitor che illuminava i suoi grandi occhi spalancati.
Ogni singola foto, perfino quelle che ritraevano masse marcianti di turisti, contenevano lo stesso agghiacciante elemento: quell'uomo misterioso.
Poteva non significare nulla, o significava tutto.
Quell'uomo si collocava nella solida convinzione di Mario come una prova.
Poteva essere l'assassino, o probabilmente era soltanto un curiosone, non restava che scoprirlo.

ASSASSINIO DI BEA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora