Capitolo 5

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Il quinto giorno di vacanza, era l'ultimo.
I due amanti avevano conservato gran parte degli affetti per la partenza già la notte prima. Non mancava molto altro, ma gli spazzolini da denti, qualche maglietta e le varie componenti elettroniche per la ricarica dei cellulari, sparse per la stanza erano ancora in giro.
Mario, dopo essersi assicurato che Beatrice dormisse ancora, la baciò in fronte ed uscì dalla stanza chiudendo delicatamente la porta per non far rumore.
Il pranzo doveva essere un pasto leggero in previsione del volo nel primo pomeriggio, e siccome era già mattina tardi, due panini imbottiti in una bottega sarebbero bastati a saziarli.
Vicino al Pantheon, giusto due vicoli dopo, si trovava un piccolo panificio colmo di turisti che sgomitava per assaggiare la porchetta romana. Un posto perfetto quindi.
Mario tentò di accodarsi ad una fila disordinata che dominava lo spazio, e nonostante quell'orda di turisti golosi non avesse il rigore di disporsi ordinatamente, riuscì a comprare i panini in tempo.
Avvicinandosi alla cassa notò che il suo orologio faceva le 13 e qualche minuto.
Tra poche ore il loro gate avrebbe aperto le file.
Così prese delle banconote stropicciate dalla tasca, le poggiò sul piattino della cassa e ringraziando si accinse ad uscire.
Corse subito in hotel, aprì la porta e chiamò affannosamente Beatrice:
-Amore ho portato il pranzo!
La camera era particolarmente in subbuglio, probabilmente anche la donna si era accorta che fosse tardi, e in questi casi si sa, si acchiappa qualsiasi cosa in giro e si infila frettolosamente in valigia, pensò Mario.
Quindi continuò:
-Bea! Se non mangiamo in fretta non faremo in tempo ad arrivare in aeroporto!
Ma ancora Beatrice non rispondeva.
La stanza d'hotel non era molto grande, contava in tutto tre stanze compreso ingresso e bagno.
L'ingresso e la stanza da letto non vedevano la presenza di Beatrice.
Mario pensò fosse in bagno, del resto la porta era chiusa e magari intenta a truccarsi come era solita fare, non rispondeva.
Il giovane uomo spazientito, decide di bussare alla porta con forza e con tono deciso disse:
-Non dirmi che ti stai truccando proprio ora! Guarda che vengo e ti trascino fuori dal bagno!
Ma ancora nemmeno una foglia si sentiva tremare in quella stanza, se non il rumore del traffico fuori dalla finestra a fare da sottofondo.
Mario capì che se non fosse entrato, la compagna avrebbe finto di non sentirlo ancora per molto, quindi era meglio entrare, e con un colpo energico spalancò la porta.
Non fece in tempo a pronunciare un altro rimprovero che la sua mano si congelò attorno alla maniglia.
Le ginocchia iniziarono a tremargli, e la pelle sembrava essergli stata svuotata dal sangue come per magia, in un lampo.
Beatrice giaceva nuda nella vasca da bagno in una pozza di sangue.
La mano della donna era penzolante mentre l'altro polso era immerso nell'acqua, su cui una ferita lasciava sgorgare sangue trasformando l'acqua in un denso liquido rossastro.
Mario non credeva ai suoi occhi.
Di getto afferrò la donna dal busto e provò invano di tirarla su, sperando fosse ancora cosciente, ma così non era.
Ogni tentativo di rianimarla era vano, la pelle della donna non lasciava avere altro presagio oltre la morte.
Mario era disperato, di colpo si recò verso il suo zaino all'ingresso e afferrando il suo cellulare compose il numero dei soccorsi.
Mentre il pollice tremante premeva i numeri sul tastierino, il piccolo schermo del cellulare rifletteva il volto di un uomo sconvolto, simile ad un ritratto di Die Brücke.
La velocità con cui il suo umore fu stravolto era disumana, il suo viso ne era la prova.
La pelle rilassata delle guance si scontrava contro un profondo solco sotto gli occhi, mentre gocce di sudore scendevano nervose lungo la fronte increspata da occhi spalancati ed increduli.

ASSASSINIO DI BEA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora