Mi svegliai sentendo la sveglia che suonava all impazzata, provai ad aprire gli occhi ma la luce era troppo accecante, così mi coprii con la coperta e brontolai.
ODDIO LA SCUOLA.
Non me n'ero ancora resa conto. Ma era iniziata una delle giornate più strane della mia vita.
Corsi a prepararmi, niente colazione, non avevo tempo. Stavo per uscire quando notai un post-it sul frigo.
"Mangia questo se sei in ritardo, Papà."
Dentro al frigo una brioche alla crema, la mia preferita. Incredibile che dopo tutto il lavoro che fa si ricordi ancora di certe cose...
Mi presi la brioche, ficcai il post-it in tasca e corsi fuori. In bocca la brioche e i capelli sciolti che svolazzano al vento freddo di ottobre.
***
Il tempo sembrava non finire mai, guardavo fuori dalla finestra gli alberi sbattuti dal vento e pensavo... volevo soltanto che quella dannata campanella suonasse. Sentivo a testa pesante, avevo tanta voglia di dormire... "appoggio solo la testa un attimo" pensai. Un attimo che durò più del dovuto...la voce della prof che urlava il mio nome mi fece quasi cadere dalla sedia. Tutta la classe mi fissò ridendo, mentre sentivo il rossore incendiarmi la faccia...ma non era timidezza, oh no...era rabbia.
E così mi presi una nota. "Fantastico questa nuova scuola sta andando bene" pensai.
Fui la prima ad uscire, non succedeva spesso, di solito amavo uscire per ultima quando tutta la calca era passata e non c'era bisogno di lottare contro una folla di ragazzi pieni di testosterone e rabbia repressa. Ma quel giorno qualcosa mi spinse a correre fuori...
E così lo vidi. Lui era lì, appoggiato ad un albero, il viso nascosto dal cappuccio.
Il mio cervello mi urlava di scappare a gambe levate. Ma evidentemente il mio senso di sopravvivenza ha qualche pecca perché al posto di correre via il più velocemente possibile, mi sono avvicinata a lui.
Mi fermai a qualche metro, aspettando una qualche reazione. Lui sollevò la testa, mi fece quel suo sorriso sghembo e con un gesto mi invitò a seguirlo.
Non so per quanto camminammo, lo seguii per un pò senza dire niente. Ma quando vidi che ci stavamo allontanando troppo mi fermai di botto.
"Devo andare a casa, Jeff"
"No, non ci vai."
A quell'uscita diventai tutta rossa di rabbia e sbottai
"Oh si invece!"
Mi girai per tornare sui miei passi quando, sentendo delle sirene della polizia in lontananza, Jeff fece uno scatto improvviso verso di me e mi buttò nel primo posto riparato. La sua mano che premeva sulla mia bocca per impedirmi qualsiasi suono, intorno a noi buio e polvere.
Le auto che ci passavano proprio accanto, trattenni il fiato, non so per quanto tempo...secondi, forse minuti. Solo il suono del mio cuore che batteva all'impazzata.
Appena ci passarono oltre cominciai a dibattermi e gli morsi la mano che mi teneva sulla bocca, facendogli mollare la presa, poi scattai subito in piedi e mi girai a guardarlo.
Era sbalordito, si fissava la mano e poi me.
"Ahah sei proprio una micetta permalosa eh?" Disse facendomi l'occhiolino.
"Cosa vuoi da me, Jeff? Perché non mi uccidi e basta?!"
Quasi lo urlai, senza rendermi conto di quanto fosse stato pericoloso.
Con uno scatto mi prese di peso, incurante dei colpi che gli davo.Non so bene dove mi portò, so solo che appena arrivati mi sbatté da qualche parte e se ne andò.
Ebbi tempo di osservare la stanza. "Squallida" fu il primo aggettivo che mi venne in mente. Ero su un letto rovinato, le pareti erano incrostate e le tende bruciate...come...come se ci fosse stato un incendio."Casa dolce casa eh?" Disse rompendo quel silenzio.
Non risposi, continuando a fissarmi intorno.
Sentii una mano fredda spostarmi i capelli e un fiato caldo sul collo.
"Sarebbe troppo facile."
"Di cosa stai parlando, Jeff?"
Mi prese il viso e lo avvicinò al suo, in modo che i nostri occhi si fissassero e i nostri nasi si sfiorassero."Ucciderti sarebbe troppo facile. Non hai paura di morire. Dentro i tuoi occhi...c'è qualcosa. Solitudine?"
Strinsi le mani e abbassai gli occhi, mentre delle lacrime minacciavano di bagnarmi il viso.
"Patetica..." lasciò il mio viso con una smorfia di disgusto.
"Voglio andare a casa mia..."
"Oh, povera piccola Alice....crede ancora di avere una casa. AHAH."
Improvvisamente mi prese e con violenza mi bloccò contro il muro.
"Sarò il tuo incubo più grande."
Sussurrò al mio orecchio. Poi se ne andò, lasciandomi con le lacrime agli occhi.