Waiting

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Tic Tac. Tic Tac.

un'altra notte insonne. sola con i miei pensieri.

L'unico rumore, la mia sola compagnia il ticchettio dell'orologio che segna il passare dei secondi, dei minuti, delle ore.

Sono le sei e dodici minuti. I miei occhi fissi sulle lancette dell'orologio, assorta nel contare, nell'aspettare.

Aspetto.

Ha detto che sarebbe tornato oggi, l'ha promesso.

Mi annoio terribilmente qui dentro da sola, lui è la mia unica ancora di salvezza. Il filo che mi riconduce alla realtà. Che mi permette di rimanere collegata con il mondo esterno, che tiene accesa quella poca speranza che mi è ancora rimasta.

Sono le sei e trentatré quando bussano alla porta. Senza aspettare una risposta l'infermiera di ieri entra nella stanza.

Si avvicina al letto e poi parla 'Buongiorno, come stai?' la solita domanda, il solito silenzio.

Non capisco perché tutti continuino a chiedermelo, la risposta infondo è sempre quella. Non cambia. Non so come sto. Voglio solo ricordare.

'Sei silenziosa anche oggi eh? Bene. Devo fare i soliti controlli mattutini e poi ti lascio in pace.'

Si avvicina ai macchinari, ripete le stesse procedure di ieri e poi annota tutto sul solito taccuino.

La studio attentamente, studio i suoi movimenti, le espressioni sul suo volto, persino il suo respiro.

Noto la targhetta sul suo camice, si chiama Susan.

L'infermiera antipatica Susan, quella simpatica Molly. Questi sono i loro nomi.

Prima di andarsene dice 'verso mezzogiorno qualcuno verrà a portarti il pranzo, io torno stasera per i controlli. Se ci sono problemi suona il campanello' dice indicando un pulsante rosso sul muro sopra la mia testa. Poi se ne va, lasciandomi di nuovo sola.

Tanto non è comunque un granché a compagnia.

Sono le sei e cinquantasette quando bussano di nuovo alla porta.

Probabilmente è di nuovo l'infermiera che ha dimenticato qualcosa.

Ma quando la porta si apre i miei occhi non vedono una donna con un camice bianco.

I miei occhi incontrano un'altro paio di occhi, azzurri come il cielo in una giornata soleggiata. Si passa una mano sul ciuffo biondo arruffandolo, poi sorride. 'Ciao Kay Kay'

'sei tornato' affermo.

'te lo avevo promesso' dice venendo verso il lettino.

Si toglie lo zaino dalle spalle e lo appoggia per terra. Nota che sto osservando i suoi movimenti.

'Starò solo per poco. Alle otto inizio lezione e anche se non voglio purtroppo devo andarci, non posso arrivare in ritardo anche oggi o rischio la sospensione. ' dice con una smorfia sedendosi.

'Va bene' sorrido quando appoggia la sua mano sopra la mia.

Stiamo così per un po', tendendoci per mano in silenzio.

Poi lui guarda l'orologio. Le sette e ventotto. So cosa vuol dire, se ne deve andare. Mi lascia da sola, di nuovo.

Si alza ma io non lascio la sua mano, la stringo più forte. Come per fargli capire che non deve andarsene, ma che deve restare qui con me.

'Torno oggi, promesso' dice guardandomi negli occhi, il suo sguardo mi intimidisce ancora.

Si mette lo zaino in spalla e poi si dirige verso la porta.

'Ci vediamo dopo, riposati ok?'

'Ciao Lucas' dico soltanto, non lo guardo nemmeno. Preferisco fissare un punto fuori dalla finestra che guardarlo andarsene via e lasciarmi qui da sola.

'Chiamami Luke, mi chiamano tutti così' dice dolcemente per poi andarsene.

Chissà se Kay Kay è un soprannome che ho da sempre, un soprannome con cui mi chiamano tutti, i genitori gli amici, o se mi chiama così solo lui.

Remember Me | Luke Hemmings (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora