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Eravamo tutti molto esaltati, volendo utilizzare un eufemismo.
Mi ero completamente persa, non riuscivo nemmeno a trovare la chioma rossa di Emily.
Fu Mason a richiamare la mia attenzione, grindando improvvisamente nel mio orecchio.

Mason aveva la pelle mulatta, gli occhi color nocciola e un piccolo strato di ricciolini sulla testa.
Mi sorrise e mi prese sottobraccio, facendomi percorrere la casa.

Rispetto al momento in cui arrivammo la situazione era più che degenerata: la gente era ubriaca e sicuramente c'era chi aveva fumato, e non sigarette.
Mi abbandonai alla stretta di Mason e lo seguì, finché non ci trovammo in una camera decisamente più calma.

Oltre che tutti gli altri del gruppo, riconobbi qualcuno della scuola, due ragazze e un ragazzo. Poi c'erano altri che non conoscevo.

Mio fratello se la rideva senza motivo, il ciuffo nero era completamente scompigliato e lui era alquanto sudaticcio, come la maggior parte delle persone nella stanza.
Con l'ultimo accenno di lucidità mi avvicinai al balcone a l'aprí, respirando a pieni polmoni quando l'aria mi colpí in pieno volto.

"Emma, siediti, vogliamo fare un gioco!" gridò Emily, ma mi voltai disperata. Erano le due e dieci minuti, lei era completamente ubriaca e nessuno dei miei amici era in grado di guidare.
"Non giocherò al gioco della bottiglia, nemmeno ad obbligo o verità." avvisai.

La rossa si mise a braccia conserte, indispettita.
Una delle ragazze della mia scuola, mi si avvicinò.
"Non siamo ragazzini, non facciamo questi giochi Emma. Dai, siediti e vedrai."
Mi tiró per il braccio e io la lasciai fare.

Avevo sforato l'orario, tanto valeva iniziare a divertirsi per davvero.

"Il gioco del cappello." annuncia l'altra, troppo eccitata e aggiungendo un piccolo applauso.

Il gioco consisteva nello scrivere degli obblighi e metterli in un cappello, che sostituimmo saggiamente con un calzino, per poi pescarne uno ciascuno. Menomale che non facevano giochi fa ragazzini, pensai.
Di diverso dagli altri giochi è che non si può scegliere a chi far fare cosa.
Giocammo vari giri, ma davvero ne ricordo poche delle cose avvenute.

Per esempio il languido e schifoso bacio fra mio fratello e la mia migliore amica.
Per non parlare del mio bacio con la bionda tutta tette. Già, quella notte baciai una ragazza. Ad essere onesta fu meno strano di quel che pensavo.
Ricordo la testata che Danny tirò al muro e il pene dipinto sul volto di Mason.

Il gioco finí quando un ragazzo, che fino a quel momento non avevo notato si alzó per rispettare uno degli obblighi e rimase in boxer.

Evan sembrava conoscerlo abbastanza bene, ma non ne ero ancora sicura.

Certamente alcuni minuti dopo eravano di nuovo tutti in mezzo alla folla a ballare e bere.
Mi ubriacavo facilmente? Si. Ma non si può dire che vomitassi con le stessa semplicità.

Ricordo solo che non trovavo più il mio telefono, e mi ritrovai a salire nuovamente le scale, per raggiungere la sala in cui avevamo giocato poco prima.
Entrai in camera e mi misi alla ricerca, barcollando.
Trovai il telefono sul pavimento, era appiccicoso, probabilmente vi era caduto dell'alcol sopra. Capitava spesso.

Fui distratta da un rumore, qualcuno bussava al vetro del balcone e mi girai con uno scatto.
Lo stesso ragazzo che era in boxer precedentemente, era rimasto chiuso fuori, ed era ancora in intimo.

Se fossi stata lucida sarei andata immediatamente ad aprire la grande vetrata, ma non ero in me e prima di comportarmi da buona samaritana mi abbandonai ad una grassa risata.

Il ragazzo non sembró gradire e il suo sguardo bastò per intimidirmi. Così corsi verso il balcone e lo lasciai entrare.

Mi superó senza molti complimenti e recuperando gli abiti dal pavimento iniziò a rivestirsi. Un vero peccato per i miei occhi.

Era ben messo, anche se non molto muscoloso. Mi avevano colpito i suoi capelli disordinati, lasciati al caso, di un colore che era una via di mezzo fra il castano e il mogano. Un po' come le foglie autunnali, quelle che cadono dagli alberi. Gli occhi contenevano il cielo intero per quanto erano azzurri. Illuminavano la stanza.

"Hai finito di squadrarmi? Dov'è finito Evan?" mi chiese.
"Evan Young?" chiesi di rimando.
Annuì.
"È al piano giù. Come fai a conoscerlo?"
Mi lanciò una di quelle occhiataccie di sufficienza e non mi rispose, ma si voltò e se ne andò, lasciandomi da sola.

Rimasi solo un istante immobile, poi mi ripresi e accantonai il pensiero dello sconosciuto, ne avrei parlaro in seguito con mio fratello.

Quando tornai al piano di sotto riuscì finalmente ad incontrare Emily, che era tutta presa in un discorso filosofico con la poltrona.
Le sorrisi con fare dolce e poi mi avvicinai.
"Mi toccherà guidare." dissi.
Non ero certamente sobria, ma forse rispetto a loro sarei stata la migliore.
Mi restavano da cercare Jacob, Mason, Evan e Danny.
Presi la mia amica sottobraccio e iniziai la ricerca.

Mezz'ora dopo eravamo tutti riuniti fuori. Una delle macchine l'avrebbe guidata Danny, che per fortuna non era combinato male. Sapeva essere responsabile.
Io e mio fratello stavamo litigando per chi dovesse guidare, ma chiaramente lui non era in condizioni.
"Dovrei guidare io perché ho le chiavi proprio qui, in tasca" disse picchiettando sul jeans.
"Smettila" ripetei per la milionesima volta.
"Puzzi di alcol." lo sgridai.
"Guiderò io, perché sei un idiota." alzai il tono della voce.

"No." una voce poco familiare si intromise e subito mi voltai.
Il ragazzo che si era ritrovato in boxer nel balcone era dietro di me a braccia conserte.
"Se dovessero fermarvi finireste comunque nella merda. Vi accompagno io, dammi le chiavi."
Lo guardai sollevando un sopracciglio, già pronta a ribattere, ma mio fratello non la pensava come me.
Prima che potessi aprire bocca gli aveva dato già le chiavi.
"Quindi il bel bocconcino è tua sorella." disse rivolto ad Evan.
"È un tipo ok, lo conosco." mi assicurò Evan.
"Siediti. " il ragazzo lo prese per un braccio stringendolo, poi lo guidò fino alla portiera posteriore e lo costrinse a sedersi.
"E non vomitarmi addosso." lo ammoní, facendomi quasi ridere.
Poi tornó da me.
"Ce la fai ad arrivare da sola alla macchina?"
"Ce la faccio anche a guidare." risposi, provando a riprendere le chiavi.
Ma lui le ritrasse e mi guardò male.
"Ok, mi assicuro che gli altri stiano bene e possiamo andare." dissi alla fine.

In meno di un secondo corsi da Danny, attirando la sua attenzione proprio prima che si infilasse in auto.
"Hai tutti?" chiesi, e lui annuì.
"Senti, sai chi è l'amico di mio fratello?" lo indicaí con un cenno del capo.
"Delle volte li ho visti insieme, ma non lo conosco. Ora devo scappare, scrivi un messaggio sul gruppo non appena siete a casa." detto ciò mi baciò velocemente sulla guancia e poi entró in auto, così io tornai dal mio "autista" anonimo.

"Mi dici come ti chiami?" chiesi, per smorzare il silenzio imbarazzante che sinera creato in auto.
"Sono Chester."
"Io sono Emma, sempre che ti interessi."
Lo vidi alzare un angolo delle labbra, ma nulla di più. Sembrava che guidare fosse molto impegnativo.
"Sai dove stiamo?"
Annuì.
"Come farai a tornare a casa?" chiesi.
"Non preoccuparti, io non sto molto lontano. Farò una passeggiata." mi rispose, aggiungendo un'alzata di spalle.
"Se solo mi lasciassi guidare, ti accompagnerei io, è molto tardi." gli feci notare, ma non ricevetti risposta alcuna.
Dopo alcuni secondi eravamo davanti casa, lui spense l'auto, mi lasciò le chiavi sulle gambe e poi si voltò a guardarmi.
"Buona fortuna con Evan." mi disse, indicandolo con il pollice.
"Magari domani digli che lo saluto, va bene?" mi chiese, utilizzando il tono tipico che si usa per parlare con una bamina, cosa che mi offese non poco.
Annuì e poi lo guardai mentre scendeva dall'auto.
Prima di voltarsi definitivamente mi sorrise beffardo e mi fece l'occhiolino.
Dopo aver acceso una sigaretta si mise a camminare per la strada perpendicolare a quella di casa mia.

Non mi rimase che osservare la sua figura e sospirare.
Forse sospirai perché una parte remota di me già sapeva che quello non sarebbe stato l'ultimo incontro con quello strano ragazzo.

The suicide Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora