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Il mattino dopo, indispettita per non aver trovato nessun messaggio di scuse, andai a scuola molto nervosa.

Il tragitto da casa a scuola fu davvero molto frustrante, perché ad ogni angolo avrei voluto vedere Chester che si inginocchiava e mi chiedeva perdono.

Il non vedere il mio desiderio realizzarsi, mi diede la grinta per combinare quella che fu la ragazzata più memorabile della mia carriera scolastica.

Durante le prime ore feci finta di essere interessata alle lezioni, e quando ci riunirono con le altre sezioni in palestra, sentí una scarica di adrenalina non appena vidi Alexandra.

Riuscì a trattenermi soltanto quindici minuti, ed infine andai spedita da lei.
Chiunque mi avesse vista andarle incontro avrebbe potuto capire che non ero in me e che non si trattava di una conversazione fra amiche.

Appena fui davanti a lei, le lanciai uno sguardo velocemente, e fece lo stesso con me, stranita da quel mio atteggiamento.

Io non ne sarei stata molto sorpresa. Se fino a quel momento nessuno aveva avuto modo di vedere il mio carattere, era perché erano stati tutti abbastanza intelligenti da non provocarmi.

"Buondí, Alexandra." le sorrisi, mettendo le braccia conserte.
"Ciao, Emma. Come posso aiutarti?"
Quellq finta gentilezza mi stava provocando maggiormente, ma strinsi i denti per qualche altro minuto.
"Oh, sai, nulla di che. Vorrei sapere cosa cazzo ci facevi ieri con il mio ragazzo."
Lei sollevò il sopracciglio, visibilmente infastidita dai miei modi.
Ma non potevo farci nulla: mi ripugnava.

Era la stessa ragazza che aveva avuto il coraggio di andare con un ragazzo - nientemeno che mio fratello - nel bagno delle ragazze.
Avevo paura, ovviamente, che tutta quella audacia mi avrebbe portato via Chester.

"Se non te lo ha detto lui, non sarò io a dirtelo." rispose brevemente.
"È invece lo farai! O spiffero al preside dei tuoi servizi nei bagni."
"La tua parola contro la mia."
"Una sola voce basterebbe a farti perdere l'incarico di capo d'istituto, sono sicura che tu lo sappia. Le votazioni sono vicine, se vuoi essere votata di nuovo, ti conviene finire sul calendario con i santi."
Mi guardó, colma di rabbia e quasi mi venne da ridere quando ridusse lw labbra ad un pallino, steingendole fra di loro.

Dopo avermi tirata per il polso in un angolo ancora più isolato dagli altri ed essersi guardata attorno, si posò al muro.
Sentivo, in sottofondo, voci di ragazzi e professori, ma non erano importanti.

"Senti, se fai uscire la voce ti ammazzo."
Annuì, girando gli occhi.
"Sapevo che Chester spacciasse, conoscevo uno della sua compagnia... Ieri gli stavo chiedendo se avesse qualcosa."
"E lui?"

Era quella la risposta che aspettavo.
Il giorno che si intrufoló in casa, mi promise che avrebbe smesso con tutta quella roba, ma ora potevo averne la certezza.

"Mi ha detto che è da dopo Natale che si è tolto tutto."

Il mondo mi cadde addosso. Gli avevo gridato contro, quando lui voleva soltanto essere una brava persona e mantenere il segreto.

"Comunque." riprese il discorso "È cambiato molto da quando ti conosce." rispose, con tono furbo.
"Lo conoscevi già?" chiesi
"Bella, il mondo non gira attorno a te. Lo conoscevo, e anche molto bene."

Non capí più niente.
Chester era il mio effetto farfalla: bastava che io sentissi il suo nome, che subito diventavo un uragano.

"Cosa hai detto?" chiesi ad un passo da lei.
"Dai, ti devo spiegare proprio tutto?" rise.

Rideva.

La mia mano voló dritta sul suo volto, producendo un rumore che era sopra le mie aspettative. Lei si toccò il punto colpito e mi guardò sorpesa, poi si avventò su di me con tale forza da scaraventarmi a terra.

The suicide Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora