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Guardarlo mentre si portava la sigaretta alle labbra per poi aspirarne divenne presto uno dei miei passatempi preferiti.

E lui era la mia sigaretta: lo avvicinavo a me fino ad inalarne l'essenza, per poi espirarla.
Ma per quanto fumo potessi rigettare dalle mie labbra, lui ormai si era depositato in me.

Da quella sera, passata a prendere Trevor ed Emily per i fondelli, diventammo molto vicini.

Tutto iniziò quando lo rividi fuori da scuola il giorno successivo.
Mi sarei accontentata di salutarlo con un cenno del capo ed un sorriso, ma lui mi aveva praticamente fermata, quando tirando sui suoi capelli gli occhialinda sole, mi aveva accennato un sorriso ampio, facendomi capire che avrebbe voluto scambiare due chiacchiere.

"Come mai sei qui?" chiesi, tanto per rompere il ghiaccio.
"Lo scemo di Trevor ha rovinato nuovamente i freni della sua auto, così sono venuto a prenderlo." mi rispose sbuffando.

Non potei fare a meno di notare il rapporto che lo legava a Moore, che doveva essere molto intimo per farlo scappare alla prima chiamata.

"Se io fossi in te, lo lascerei a piedi. Magari capirebbe la lezione."
Trevor era abbastanza rinomato per quella sua propensione a demolire e rovinare auto. Aveva il piede pesante sull'accelleratore, e ben più di una volta aveva sbattuto l'auto contro muri o pali.

"Sai che ti dico? Hai ragione. Magari accompagno te al posto suo."
Da un lato avrei voluto accettare, ma sapevo benissimo non fosse possibile.
"No" accompagnai la risposta muovendo il capo da destra a sinistra.
"Sicuramente me ne andrò con Evan o Danny."gli spiegai dopo.
Luí annuì, quindi non indugió oltre sull'argomento.
"Magari un altro giorno." aggiunsi, per non sembrare restia nei suoi confronti, perché davvero, non lo ero.
"Magari domani." mi sorrise poi.
Ci pensai qualche istante, non sarebbe stata una cartiva idea infondo.
"Certo, ci vediamo qui all'uscita?"
Ancora una volta rispose con un cenno del capo.

È così che iniziò il rapporto fra di noi: lentamente, con molta dolcezza, senza nessuna fretta.

Non posso dire lo stesso di come invece si rovinó il rapporto con Evan, perché ci volle una semplice frase.
"Domani torno con Chester."
E mi sembrò di aver appena scatenato l'inferno.

Non la prese per nulla bene, iniziò a strillare di stargli lontano.
"Non è una brava persona, lascialo stare." disse poi, con tono basso, quasi come a dire che per lui era importante.
E stavo per cedere alla sua richiesta.

"Dimmi solo perché." aggiunsi poi.
Lui si guardò attorno nervoso, poi scontrò i suoi occhi con i miei, passando una mano fra i suoi capelli.
"È un puttaniere."

Quasi mi venne da ridere.
Sapevamo entrambi che non era vero, non solo perché avevo naso per certe cose, ma soprattutto perché avevo avuto le prove del contrario.

Alla festa a cui lo conobbi vidi una ragazza provarci con lui, ma Chester era completamente disinteressato a quel tipo di attenzioni.
Avrei capito lontano un miglio che non era il tipo.

"Ok." si corresse dopo. "Lui spaccia erba."

Alzai gli occhi al cielo.
"Tutto qui? Lo fanno tutti praticamente, e comunque non è abbastanza per allontanarlo, non mi sembra nulla di scandaloso o irrecuperabile."
Mi guardò davvero molto male quando ascoltò la mia risposta, e stava per ribattere, ma non volli ascoltare ragioni e andai a chiudermi nella mia camera.

La mia camera è come un tempio, fin da quando avevo sei anni nessuno può aprire la porta senza il mio consenso, nessuno può entrare senza chiedermelo, nessuno può toccare nulla.

Il letto, al lato della porta, è l'unica cosa disordinata, mentre tutto il resto è sistemato ad opera d'arte: sulla scrivania ogni libro ha un suo posto, così come ogni singola fotografia o oggetto.

The suicide Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora