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Se quella sera le cose fossero andate diversamente, nulla sarebbe mai accaduto. Nulla.

Avevo ricevuto una chiamata da mia madre, e quando le avevo risposto lei mi aveva chiesto di tornare a casa.
Non impiegai molto a capire che la situazione fosse grave, visto il suo tono di voce.

Mia madre è sempre stata una donna pacata, dall'animo gentile, con un spiccato senso dell'altruismo e dai modi dolci.
Da quella sera, ogni cosa in casa, con Evan, con mia madre e con Chester sarebbe cambiata.

Nello stesso momento in cui scrissi a Chester, e in seguito passai del tempo con lui, io avevo accettato di buon grado che lui fosse qualcosa per me.
Certamente non pensavo già a vederlo come un ragazzo o come la luce della mia vita, ma in qualche strano modo lui mi aveva spinta a volergli bene.
Ed era stato lui a definire quel pomeriggio come un appuntamento.

"Arrivo." chiusi la telefonata e mi posai sullo sportello dell'auto.
Lanciai uno sguardo a Chester, intento sistemare i lacci delle scarpe.
"Hai una sciarpa o un cappello?" chiesi.
In quella zona l'umidità era molto alta, il vento non era da meno, ed inoltre l'odore tipico delle giornate di pioggia iniziava a diffondersi nell'aria.

"Si, dovrei averli nel cofano, arrivo." disse alzandosi, ma io lo precedetti e saltai sul retro del pick up.
Mi guardai attorno, ignorando la richiesta di Chester di aspettare che arrivasse.
A terra era tutto coperto da grandi teli neri, così ne alzai uno, ma vi erano ricambi per auto, così passai al successivo.
Inizialmente non me ne resi conto, ma quando una delle scatole che avevo scoperto cadde, vidi che dietro vi era qualcosa.
Era una busta delle dimensioni di una mia scarpa.
Quando lui arrivò era già troppo tardi, e si ritrovò coperto dal mio sguardo.

Alzò il viso, preoccupato, si mise una mano sul viso.
"Ne parleremo, davvero. Ora scendi da lì, ti prego."
Non aggiunsi nulla quando lui mi superò e si andò a sedere nel pick up.
Non potevo crederci.

Ero allibita. Mi aveva lasciato lì, in piedi e con la sua droga in mano.
Non si era preoccupato di darmi una motivazione.

Senza pensarci due voltefeci finta di mettere tutto al suo posto, ma infilai la busta fra il jeans e la mia schiena, in modo da poterlo nascondere con la mia giacca.

In auto il clima si era ormai rovinato, eravamo entrambi freddi.
Arrabbiati per cosa, poi, non si sapeva.

Quando si fermò davanti casa mia mi voltai a guardarlo, prima di scendere.
"Me lo spiegherai il perché, un giorno?"
"Non lo so, Emma. Semplicemente non riguarda te, non c'entri nulla. Fidati di me, non capiterà mai più."
Non sapevo quello a cui credere.
"Quello che ho visto è bastato a cancellare metà del pomeriggio passato insieme." gli dissi.
Lo pensavo.
Mi aveva mentito.
"Ma l'altra metà è ancora intatta, vero? Io non voglio che ti allontani, vedrai che non ti capiterà mai più una situazione del genere."
Avrei voluto ribattere.
Avrei voluto dirgli che mi servivano motivazioni per quel gesto, che volevo sapere di più su di lui.

Quel dettaglio avrebbe dovuto allontanarmi da lui, eppure non fece altro che scatenare la mia curiosità, la mia voglia di sapere ogni singolo particolare della sua vita.

Quando mi ha vista mentre fissavo il contenuto nella busta, mi sembrò di vedere una parvenza di sofferenza.

Chester Bloomdale era in grado di stare male, era umano sotto ogni aspetto, e tutto ciò che volevo era non vederlo più soffrire.

Forse fu per quello che la rubai.
Perché non volevo che facesse uso di quelle sostanze. Ancora non sapevo che ci fosse stato un grande fraintendimento.

Tutto ciò che era successo, lo accantonai quando vidi mia madre aspettarmi sull'uscio della porta, a braccia conserte.
Aveva i capelli legati in una coda bassa, brutto segno.

The suicide Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora