Capitolo 2

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"Goodbye"

La serata non era finita molto bene.

Me ne ero tornato a casa senza salutare nessuno e mi ero rintanato in camera mia, singhiozzando fino alla mattina.

Volevo andarmene di lì, ma allo stesso tempo volevo ardentemente rimanere.

Avevo pianto tutta la notte, senza chiudere occhio e poi mi ero alzato alle sei, per finire di preparare i bagagli e gli scatoloni per la partenza.

Trovai mia madre già in piedi, a preparare le sue cose.

«Will! I tuoi amici erano preoccupati per te... perché sei scappato in quel modo?» mia madre mi abbracciò e io non opposi resistenza, ma non ricambiai quella stretta.

Non avevo bisogno della sua morbosa preoccupazione e compassione, mi faceva sentire solamente più stupido di quanto già non mi sentissi.

«Non ce la facevo a fingere che fosse tutto okay.» alzai le spalle, ignorando l'occhiata che mi lanciò mia madre.

Poi presi uno scatolone, per tornare in camera mia e prendere le ultime cose rimaste.

I miei amici sarebbero arrivati alle nove per l'addio definitivo (mi faceva male il cuore a pensarlo) e io volevo farmi trovare pronto per quell'ora: dovevo anche farmi perdonare in qualche modo.

Infilai a casaccio gli oggetti rimasti in camera e quando alzai la lampada vidi nuovamente quella lettera.

Non sapevo cosa farmene.

L'avrei portata con me? L'avrei lasciata lì?

Chiusi lo scatolone con lo scotch e scesi al piano di sotto, lasciando il foglio con il mio segreto più oscuro sulla scrivania, in bella vista.

L'avrei lasciata lì: la famiglia che avrebbe preso la mia casa l'avrebbe letta e magari sarebbe rimasta in pena per me e per il mio amore impossibile.

Sorrisi a quell'idea, anche se una stretta al petto impedì a quel sorriso di raggiungere anche i miei occhi.

«Will, sono arrivati, li faccio entrare? Vorrebbero aiutarti.» mia madre me lo chiese apprensiva e io annuii piano, lasciando lo scatolone che avevo in mano vicino agli altri.

«Will!» Mike entrò in casa correndo e mi abbracciò forte.

Mi rimbombarono nella testa i suoi passi che si allontanavano dal bagno la sera prima.

Ricambiai la stretta, sospirando sommessamente.

«Non voglio che tu te ne vada.»

Fui tentano di dire: "non vuoi che se ne vada Undi" ma mi trattenni, annuendo piano.

«Ciao ragazzi.»

Max, Lucas e Dustin entrarono in casa in quel momento e si avvicinarono a me sorridendo cautamente nella mia direzione.

«Ciao! Come possiamo aiutarti?»

«Mettete dentro gli scatoloni i libri che stanno per terra.»

Non ero davvero in vena per essere educato e gentile.

Sottosopra||bylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora