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Louis è letteralmente fottuto.
Non riesce a credere di essere finito in un tribunale per una semplice effrazione. Diamine, ci sono state tante volte in cui era dannatamente consapevole di poter finire in casini molto più seri – come quella volta in cui si è trovato in mezzo ad un traffico di coca, ecco quella volta poteva finire dentro e invece, gli era andato tutto liscio come l'olio.
Quel giorno, invece, tutto ha remato contro di lui.
È stato trascinato in tribunale, la denuncia è stata sporta dalla direttrice di quella scuola e i danni apparentemente erano maggiori di quanto sembravano a primo impatto. Rimasto seduto su una di quelle sedioline, Louis ha aspettato che archiviassero il caso perché minorenne e già schedato più volte in polizia per piccoli furti da quattro soldi e risse di vario tipo.
"Ha una bella faccia tosta a presentarsi di nuovo qui, signor. Tomlinson" lo ammonisce il giudice. "Credo sia la terza volta che ti vedo qui." Simon Cowell detesta quel genere di sedute, specie quando si tratta di ragazzetti stupidi e resse.
Analizza i dati che gli sono stati dati per quel caso e alza gli occhi al cielo quando vede quel ragazzo rientrare in sala, al fianco di uno di quegli avvocati d'ufficio che non servono mai davvero a qualcosa.
Lo sente bofonchiare qualcosa e "Pardon, ha detto qualcosa?" gli domanda, abbassandosi gli occhiali da vista sul ponte del naso.
Louis siede scosciato su quella sedia, le mani sul tavolo di legno tamburellano distrattamente – tutto ciò solo per infastidire la simpatica Barbara Palvin, ventidue anni e tirocinante in avvocatura, assegnatagli da quando ne ha memoria.
"Quarta." Lo corregge ridendo sotti i baffi. Barbara, al suo fianco, gli rivolge uno sguardo che ha ben poco di rassicurante – Tomlinson!, lo rimprovererebbe se solo fosse stata interpellata nella conversazione.
"Mi scusi?" Cowell aguzza lo sguardo in direzione del suo avvocato, quasi a invitarla a far rinsanire il suo cliente. Barbara gli poggia una mano sulla coscia, stringe nella carne le unghie lunghe laccate di rosso e lo fulmina con gli occhi perfettamente truccati.
Non un'altra parola. È ciò che scrive a caratteri cubitali su un foglio bianco che estrae dal suo portfolio. Batte ritmicamente con la penna su quel foglietto, catturando l'attenzione di Louis che accenna un sorriso in direzione del giudice.
"Quarta. È la quarta volta che mi vede qui, Simon."
Barbara potrebbe svenire. E se non sviene, ha sicuramente un mancamento quando sente quel diciassettenne insolente rispondere così poco educatamente ad un uomo che ha il potere di ridurlo in poltiglia.
"Giudice, quello che il mio cliente-" Viene interrotta bruscamente dal battere incessante del martelletto di Cowell. Entrambi in quel piccolo e angusto tribunale, non vedono l'ora di andarsene e sperare di non rivedere più la faccia di Louis per un periodo più lungo di due settimane.
"È ora di pranzo e non ho intenzione, soprattutto, di sentire un'altra parola uscire dalla bocca del suo assistito, avvocato." È tutto ciò che dice a entrambi.
"Duecento ore di servizio presso la Maryland School of Arts per sanare i danni arrecati. Questo è tutto." Decreta abbozzando su un foglio la sua pena.
Louis sente Barbara rilassarsi al suo fianco, ma trattiene il fiato fin quando il tutto non è certificato e il giudice Cowell non lascia il tribunale alle sue spalle – non prima di rivolgergli uno sguardo sprezzante, ovviamente.
"Svignatela prima che cambi idea." Tuona Barbara, trascinandolo letteralmente fuori dalla sala. Louis alza gli occhi al cielo – non sa cosa sia peggio: quell'avvocato che sembra averlo preso sotto la sua ala protettiva o sua madre ad aspettarlo fuori con l'ennesima espressione delusa stampata in volto.
"Davvero, Louis, devi smetterla." Barbara ha un espressione trucida in volto e gli parla come si fa con i bambini quando combinano una marachella di troppo.
"Non sono stato io-"
"Eppure sei stato tu ad essere sotto processo, oggi." Gli punta un dito contro il petto e gli si avvicina pericolosamente. "La prossima volta finisci in riformatorio, o peggio. Non costringermi a passare alle maniere forti." Detto ciò, gli fa segno di smammare e scompare dal suo raggio visivo dietro la porta del procuratore, camminando su quei tacchi a spillo neri. Barbara Palvin è spaventosa, davvero.
Sicuramente più spaventosa di sua madre, Johannah, seduta sulla sedia con le mani giunte a guardare le lancette scorrere sul suo orologio. Gli va incontro non appena lo vede, la delusione a dipingerle gli occhi come sempre.
"Sono arrivata appena saputo." Ha ancora indosso la divisa, non ha fatto neanche in tempo a cambiarsi che ha ricevuto l'ennesima chiamata in cui le veniva detto di andare a recuperare il figlio sotto custodia. "Cos'è?" Gli domanda quando Louis, silenzioso, gli porge il foglietto da presentare alla direttrice della scuola.
"Duecento ore di servizio." È tutto ciò che le dice Louis, prima di lasciare alle spalle quel tribunale conscio di doverci ritornare, prima o poi. Spera solo che il poi non sia un tempo compreso tra due e sette giorni.

Where soul meets body L.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora