Capitolo 10

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9 giugno

"Bene Nives, siamo arrivati."
Annunciò Mary indicando il condominio davanti a noi.
"Questa sarà anche casa tua fino quando resterai con noi."
Il condominio non era tanto alto, segno che si trovavano solo pochi appartamenti al suo interno e contavo quattro piani; come larghezza, invece, era davvero notevole.
Era semplicissimo, con qualche evidente segno di logoramento; infatti, lo strato di vernice che adornava l'edificio, in alcuni punti, non era più giallo crema.

Scendemmo dall'auto e Francesco mi aiutò a tirare fuori le valigie dal bagagliaio mentre Jonathan si indirizzò verso l'entrata del condominio senza chiedere se servisse una mano.
Aprì la porta Mary e fummo costretti a salire nell'ascensore dato che l'appartamento si trovava all'ultimo piano.

Potevi fare un po' di scale e muovere quel culo, scansafatiche!

La porta in mogano dell'appartamento si presentava proprio davanti all'ascensore.
Entrammo e pensai proprio che fosse tanto carino: all'entrata si trovava un open space tra il soggiorno e la cucina; in fondo alla stanza c'era una portafinestra che si affacciava al balcone.
Da questa entrava la luce del pomeriggio e illuminava l'intera stanza.
Notai in quel momento i colori predominanti delle pareti e dei mobili: bianco e marrone nocciola.
Un ampio divano e due poltrone costernavano un tavolino ed una televisione appesa al muro; nel lato sinistro dell'open space c'era la cucina arredata da mobili internamente in legno ma non di quelli vecchi e usurati: erano di ultima generazione e puliti a lucido.
A dividere il soggiorno con la cucina era una tavola, sempre dello stesso legno della cucina, con sei posti da sedere.

"Nives fai pure come se fossi a casa tua. Ti faccio vedere la tua camera e poi puoi fare una visita all'intera casa senza farti problemi."
Disse Mary con uno dei suoi, ormai soliti, sorrisi a 32 denti.
Oltrepassammo il piccolo corridoio che lasciava la cucina alla nostra destra dove si trovavano tre porte: una sulla parete sinistra, una al centro e l'altra sulla parete destra.
"La tua stanza è questa. Ti lascio sistemare e se hai bisogno di noi saremo in cucina a preparare la cena."
Disse Mary lasciandomi davanti alla porta infondo al corridoio.
Quando entrammo in casa notai che Jonathan sgattaiolò via mentre ammiravo il living e, gettando l'occhio, lo vidi entrare nella stanza alla mia sinistra quindi immaginavo che quella fosse la sua di camera.
Phew! Non avremo la stanza in comune.

Da quando faresti la pudica?

Aprii la porta davanti a me e, con mia sorpresa, anche la camera era abbastanza grande.
Certo, non era grande quanto quella a New York, ma ogni mobile era al suo posto e riempiva la stanza in modo appropriato.
Dal soffitto ricadevano palloncini di ogni colore e fu un gesto di benvenuto che apprezzai, soprattutto dato che nessuno di trovava alle mie spalle.
Già iniziavo ad immaginarla arredata dalle mie mani.
Nel lato destro si trovava un letto ad una piazza e mezza con un piumino bianco panna e dei cuscini riempivano la tastiera; mentre, a riempire il pavimento attorno al letto c'era un tappeto bianco di finto pelo.
Sul lato opposto, c'era la scrivania con un computer portatile con affianco un grande armadio con uno specchio che andava dal soffitto al pavimento, ed infine, un'enorme finestra sopra alla tastiera del letto che affacciava alla strada.

Porsi il borsone sopra il letto mentre la valigia la lasciai a terra; riposi tutti i vestiti e oggetti personali al loro posto in pochi minuti.
Mi sorpresi pure io della velocità!
Inoltre, accanto alla porta si trovava un mobile che arrivava al bacino sul quale lasciai la trousse con i trucchi ed il piccolo peluche che mi lasciò come ricordo di sé proprio Noah.
Mi guardai attorno, alla fine avevo fatto un buon lavoro, e decisi di ispezionare il resto della casa.
Presi le ultime cose all'interno della valigia: tutto l'occorrente per il bagno come lo spazzolino, la spazzola e creme varie.

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