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Iniziai a sentire una voragine alla base del petto, stavo silenziosamente e mentalmente combattendo contro diverse sensazioni in guerra dentro di me. Mi toccai istintivamente la base del petto, e premetti con la mano per far sparire tutto quel tornado che stava avendo luogo, ma non ci stavo riuscendo, stavo perdendo il senno e la ragione. L'insieme di ciò che stavo provando stava iniziando ad arrivarmi alla mente, offuscandomi i pensieri; impugnai la maglia con entrambe le mani, se avessi avuto la forza l'avrei strappata completamente. Se ne avessi avuto la possibilità, avrei gridato un urlo di disperazione proprio qui, in mezzo alla strada per tornare a casa, se avessi avuto la possibilità, sarei sparita.

Lacrime silenziose continuavano a scendermi dal viso, ero sicura che il mio aspetto incutesse timore in quel momento, ero fortunata dato che nonostante non fosse ancora tardi, non c'era molta gente. 

Pensai ai miei genitori, non potevo presentarmi in questo stato, avrebbero iniziato a preoccuparsi e fare domande, forse mi avrebbero rimandato all'istituto... Cambiai rotta, mi diressi verso il vecchio caseggiato abbandonato, vicino all'azienda in costruzione. 

Arrivai a destinazione in modo automatico, smisi di pensare, il mio corpo agiva meccanicamente. Mi sedetti per terra, in mezzo alla buia e polverosa stanza principale del caseggiato. Aspettai un po' di tempo, ed iniziai a concentrarmi sull'accaduto. Justin aveva parlato chiaramente.

'Non abbiamo bisogno di psicopatici appena usciti da istituti per depressi.' 

Quella frase che per la metà del tragitto, continuava ad echeggiare per la mia testa, suonò ancor più dura in quel momento, e mi ferì profondamente. 

Forse era vero, ero una psicopatica. Quale ragazza sana di mente, sapendo dei suoi numerosi problemi, voleva cercare di cominciare una vita nuova?  Nessuna dedussi. Ma io l'avevo fatto e per un'intera estate l'unico pensiero che mi regalava serenità, era quello della consapevolezza di poter iniziare una vita nuova. Com'era possibile, che ci fossero voluti quattro secondi, a distruggere tutta la positività che avevo lentamente accumulato nei mesi scorsi? Com'erasuccesso? Perché avevo fallito nel mio intento? Cos'avevo sbagliato? 

Sorvolai il contenuto della frase che mi rivolse Justin prima, la sofferenza me la sarei potuta tener dentro.

 Ma cosa potevo dire del fatto che tutta la scuola sappesse di me? Non l'avevo minimamente immaginato. 

Solo ora si spiegavano i numerosi sguardi, tutta la gente che mi fissava senza mai rivolgermi la parola, ed io che credevo di star simpatica e suscitare un minimo interesse... Che ingenua, quando mai qualcuno ha provato interesse nei miei confronti? Quando mai avevo attirato l'attenzione per ciò che ero io e non per le mie particolari problematiche? Quando? mai.

Avevo sbagliato, non avrei dovuto credere di stare simpatica agli studenti, mi ero creata un castello di carta. Lo sapevamo tutti che i sogni, le immaginazioni e la positività, nascondono illusioni molto grandi, di quelle letali, che consumano l'anima di ogni essere vivente. 

Dopotutto me lo ero meritata, non avrei dovuto sentirmi cambiata, nuova e un po' felice. La felicità non ne voleva sapere di me, la fortuna non mi amava, a quanto pare ero destinata alla malinconia eterna, alla sofferenza, alla tristezza e alla negatività.

I miei pensieri mi stavano distruggendo,  ero convinta che una volta fuori dal S.Bernard, avrei potuto controllare i miei 'attacchi' depressivi, ed invece non era come pensavo. Sbagliavo sempre, la convinzione di poter migliorare mi aveva dato alla testa, niente di tutto ciò che vogevo si sarebbe mai avverato. 

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