In costante movimento

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Da un tempo indefinito Niccolò si trovava in quella che era sì la sua città, ma di un universo parallelo. In questa dimensione c'erano leggi fisiche, naturali, che non dovevano essere rispettate. Non si avvertiva fame o sete. I bisogni fisiologici erano azzerati. Non si invecchiava. L'esistenza di chi viveva lì era congelata. Al contrario: dolore, stanchezza, sonno, freddo caldo, sentimenti e altro ancora, si percepivano. Il gruppo si era ampliato. Un'altra persona, Marta, ragazza di circa trent'anni stava con loro già da un po'. Manuel, altro componente, fu dilaniato dalle bestie in uno dei tanti spostamenti fatti per cambiare zona ogni qual volta gli esseri si facevano troppo numerosi. Questi era il marito della donna. Lo era nella vita precedente, prima che fossero catapultati assieme nella dimensione grigia, definita così per il cielo perennemente plumbeo. Da quel momento, Marta non proferiva quasi più parola, aprendo bocca solo se strettamente necessario. Nel limbo si potevano incontrare persone che vivevano nella cittadina in cui erano nati e cresciuti i quattro amici. Idem per coloro che vi soggiornavano qualche giorno, che ebbero però la sfortuna di incrociare il traghettatore. Ecco perché parlavano la medesima lingua. "L'organizzazione", come la definivano Christian e Leo (da un po' anche Niccolò e Marta), sembrava avesse un unico traghettatore. La stessa figura, per ognuno, in qualsiasi parte del mondo, che svolgeva il solito lavoro: trasportare chi optava di scegliere la via del sapere. Questo era quanto erano arrivati a supporre gli anziani del gruppo, anziani per il periodo trascorso lì, non per un fattore anagrafico. Camminavano da un po' e la fatica principiava ad avvertirsi.  Avvistarono una casa poco lontana. Con una rapida occhiata, i quattro si intesero, sapendo ognuno cosa fare. Si avvicinarono furtivi, facendo meno rumore possibile. Acquattandosi dietro della vegetazione, si accertarono dell'eventuale presenza di un pericolo immediato. Constatata la mancanza di ciò, avanzarono lentamente verso l'ingresso. Qualcuno aveva bivaccato lì chissà quando. Ignoravano se l'interno fosse disabitato. A terra, del sangue. Numerose gocce una vicino l'altra segnavano una linea continua che procedeva a zig-zag fin dietro una porta. Christian, con un cenno della mano, fece segno al gruppo di fermarsi. L'ultimo che chiudeva la fila guardava dietro di sé, camminando come un gambero per evitare che potessero essere attaccati alle spalle o per notare eventuali movimenti sospetti. La porta dell'abitazione era socchiusa. Da dentro si sentiva provenire un lamento. <<Andiamocene via!>>, bisbigliò una spaventata, Marta. <<Andiamocene, ve ne prego! Non mi sento al sicuro qui>> Gli uomini si guardarono a vicenda cercando nell'espressione di uno di loro colui che sapeva cosa era meglio fare. <<Non credo sia una buona idea entrare. Non sappiamo chi ci sia>>, sottolineò, Leo. <<E se fosse una trappola? C'è un modo per esserne sicuri?>>, volle sapere, Marta. Christian era titubante. Dai mugugni provenienti dall'interno era evidente ci fosse qualcuno bisognoso d'aiuto. Come potersi voltare lasciandolo morire di stenti? Non se lo sarebbe mai perdonato! Quanto evidenziato da Marta e Leo non era un'ipotesi campata in aria! Poteva trattarsi di una tranello: era già successo. Quegli esseri malvagi si muovevano e agivano come dei dannati privi di raziocinio. Il gruppo supponeva che eseguissero gli ordini di qualcuno, qualcuno in grado di guidarli e farli spostare a suo piacimento. Non avevano l'intelligenza, quei mostri, per poter organizzare un'imboscata: erano puro istinto. <<Io dico di dare un'occhiata dentro!>>, decise, Christian. <<Ma sei matto!...>>, gli rispose, trattenendosi per non urlare, Leo. <<Metti a rischio la nostra vita, la vita di ognuno, te ne rendi conto?! Se anche ci fosse qualcuno ferito, là dentro, come potremo aiutarlo? Che ci piaccia o no: se a lamentarsi è una persona come te e me, è destinata comunque a morire, è spacciato, sia che entriamo oppure no! Lo sai bene! Mentre, per quanto riguarda noi: se proseguiamo per la nostra strada sappiamo che sopravviveremo>> Leo, dopo aver affermato ciò, si sentì posare una mano sulla spalla. <<Sopravviveremo? E cosa ne sai!? Potremmo venire attaccati da un momento all'altro. Dobbiamo fermarci, siamo tutti molto stanchi e non ci sono abitazioni nei paraggi. Stiamo camminando da troppo e il posto sembra tranquillo. Non c'è nessuno è deserto>> Niccolò espose chiaramente la situazione. <<Nessuno? Deserto? E allora chi è che si strazia per il dolore? Un fantasma?>>, puntualizzo, Leo, lanciando all'amico una brutta occhiata. Anche se non erano tutti d'accordo, optarono per entrare. Solo Marta rimase fuori, nascosta come meglio poteva per fare da sentinella e avvisare qualora si fosse presentato un pericolo. L'interno era sporco e puzzolente. Sul parquet proseguiva la scia di sangue che finiva dietro una porta di un'altra stanza, dalla quale provenivano i lamenti che si erano fatti sempre più flebili. L'abitazione era spoglia. Della legna sradicata dagli arredi era stata usata per accendere il camino. Cosa rischiosa, per chi aveva avuto quell'idea, perché il fumo poteva essere avvistato a grandi distanze e avrebbe potuto (magari era capitato) attirare gli squartatori, come ribattezzati dai ragazzi del gruppo. Una scala subito dopo l'entrata portava al piano di sopra. <<Ma se davvero c'è qualcuno là dentro...>>, chiese, Niccolò <<...cosa si fa?>> Gli altri due si guardarono, in silenzio. Leo scosse il capo in senso di diniego. Non approvava sin dall'inizio che si entrasse. Conosceva la risposta ma non voleva rivelarla: gli faceva paura. C'era già passato. Non amava rivivere l'esperienza. <<Vedrai!>>, gli rispose, lapidario, Christian. Giunsero nei pressi della porta. Christian vi posò una mano. Aprì piano, molto piano. L'apertura faceva fatica a spalancarsi, come se ci fosse qualcosa dietro a fare resistenza. <<Ché c'è?!>>, volle sapere, Leo. <<Niente! La porta non si apre... fa fatica. Forse le cerniere si sono arrugginite o si è gonfiato il parquet per l'umidità, dall'altra parte>>, la diagnosi di Christian. <<Siamo ancora in tempo per andare via!>>, suggerì, ma con aria di rimprovero, il compagno. <<Ormai ci siamo!>>, ribadì, l'altro, il quale, per un breve istante, rifletté se lasciar perdere o insistere. Leo era contrariato. Sentiva che stavano per cacciarsi in un guaio! Era bravo in queste cose, aveva fiuto per il pericolo! Christian comincio a fare forza col peso del corpo, ma la porta persisteva a non aprirsi. I lamenti dello sconosciuto acuivano ogni qualvolta si faceva forza per accedere alla stanza in cui si trovava. <<È tutto molto strano!>>, osservò, sconcertato, Leo. <<Non vi siete accorti che c'è qualcosa che non va? La porta che non si apre, chiunque sia là dentro urla di più ogni volta che spingete... Non mi quadra questa situazione... adiamo via! Andiamo via, siamo in tempo!>>, concluse. Christian gli si rivolse a muso duro, afferrandolo con entrambe le mani per la camicia, arrivandogli a parlare faccia contro faccia. <<Non 'sta volta! Non 'sta! Non ne lasceremo un altro. Non oggi. Non voglio farlo mai più anche se dovessi lasciarci la pelle io stesso. Non lo farò ancora!>> Niccolò ignorava di cosa stessero parlando i due. Si frappose con le braccia tra i contendenti, separandoli. Una volta calmatosi, con un cenno della mano, Christian invitò Niccolò ad avvicinarsi per aiutarlo. Questi eseguì ed entrambi, con una spallata congiunta, riuscirono a entrare. Delle corde si tesero di scatto. In un lampo, il ferito morì di morte atroce, che pose però fine alle sue sofferenze, non prima di lanciare un urlo agghiacciante. Un gancio gli era stato fissato nello sterno. All'uncino venne annodata una corda legata a un masso posto sopra l'ingresso. Come questo venne aperto, un sistema di carrucole fece scattare l'ingranaggio che sradicò dal petto della vittima ossa della cassa toracica, squarciandogli il petto! La scena fu terribile! I tre non ce la fecero a trattenere un grido di orrore. Come se non bastasse, il masso ricadde al suolo, creando un buco sul legno marcio del pavimento. Scattò un secondo tranello che creò un effetto domino molto rumoroso, che coinvolse scaffali e mobili posti in cantina, colmi di cianfrusaglie. <<ARRIVANOOOOO!!!!>>, si sentì urlare da fuori. Marta aveva visto un polverone alzarsi in vari punti della vallata da cui erano circondati. Tutt'intorno, da ogni parte, stavano giungendo, correndo come folli, i massacratori! 

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