Capitolo 2.

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«Maledizione!» bofonchiò Worley, iniziando a porgere mille scuse al nuovo arrivato.

Qualcuno doveva odiarmi, non c'era altra spiegazione.

«Tranquillo, Andy. È tutto okay.» lo rassicurò Troy, guardandomi disgustato. «Per fortuna la mira della signorina Malvin è meno precisa dei suoi attacchi d'ansia.»

Dio, che stronzo.

Dovetti trattenermi per non rifilargli un ceffone.

«M-mi scusi signor Worley. Credo...credo di avere una qualche intolleranza ai latticini.» buttai lì, per smontare la stupida teoria di Troy, che, seppur vera, avrei negato fino allo sfinimento.

«Non è con me che si deve scusare, signorina Malvin.» rispose freddamente, guardando fuori dalla porta in cerca di qualcuno.

«Signor Ashmore, se permette, vado a chiamare la donna che si occupa delle pulizie. E lei, signorina Malvin, non combini altri disastri...» lasciò la frase in sospeso, e si allontanò imprecando.

Quando uscì dalla stanza, finalmente respirai.

«Disgustoso.» proruppe Troy, guardandosi le scarpe. «E davvero poco professionale.»

«Non una parola in più.» lo incenerii con lo sguardo, guardando le sue scarpe schizzate di... lasciamo stare.

Adesso capivo perché mi aveva fatto girare tutti quei vigneti, in estate. Lui era un fottuto imprenditore nel settore. E quell'estate stava cercando un'azienda con cui entrare in affari.

Eppure, ero certa che facesse il fotografo.

Che Troy Ashmore potesse avere una doppia vita, non mi stupì affatto.

«Cos'è, adesso cerchi di attentare alla mia vita con schizzi di...latticini non digeriti?»

«Falla finita.» lo interruppi, soddisfatta al contempo che avesse creduto alla mia piccola bugia. «Sei davvero disgustoso.»

«Questo aggettivo dovrei affibbiarlo io a te, considerato che sono le mie scarpe quelle ornate dalla tua colazione. E di certo non hai ingerito latticini.»

Come non detto.

«Mi fai ribrezzo.» risposi stizzita.

Troy guardò qualcosa alle mie spalle, e un sorriso divertito prese il posto della smorfia che aveva pochi secondi prima.

«Guarda che non c'è proprio niente da ridere, idiota. Cos'è, mi sono spuntate delle scimmie parlanti sulla testa? Magari ti stanno mandando a quel paese proprio come sto facendo...»

Fece un cenno con la testa verso lo schermo del computer, passandosi un dito sul labbro inferiore.

Lo schermo del computer!

Mi voltai di scatto, chiudendo tutte le finestre ed eliminando la cronologia.

Davvero un pessimo, pessimo tempismo, quel dannato aggeggio in acciaio!

«Immagino che farai la spia, a questo punto.» gli dissi, senza mostrare quanto fossi agitata. Mi portai le braccia sui fianchi, e sbuffai.

Ma perché non me ne andava bene una?

«Non lo so...dipende.» sorrise divertito, sapendo di avere la situazione in mano.

Quanto avrei voluto togliergli quel sorriso a suon di sberle.

«Dipende da cosa?» sputai rabbiosa.

«Da te.»

«Da me?»

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