Capitolo 21.

80 12 9
                                    

Tregua.

Ecco la parola (e tutto il resto) che aleggiava tra me e Troy. Tregua.

Una pacata, meritata, e assoluta tregua.

Dovevo ammetterlo, era piuttosto strano non battibeccare con lui o non provocarlo di continuo, ma dovevo anche dire che quelle piccole gentilezze che ci eravamo concessi dal viaggio di ritorno dalla Via dei vini, fino alla mattina dopo, a colazione, erano delle piccolezze a cui mi sarei abituata molto volentieri.

Troy non mi stava corteggiando.

Non stava facendo il romantico con me, e non mi stava seducendo.

Anzi, si stava comportando in un modo così...naturale, così spontaneo, che per la prima volta, ripensai alle parole delle mie amiche, e mi resi conto che forse ero sempre e solo io a vedere nei suoi comportamenti qualcosa che non andasse. E tutto quello, solo per tenerlo alla larga da me. E dalla mia mente.

Ma spinsi anche quei pensieri nella parte più profonda di me.

Odiare Troy mi aiutava a non cedere ad alcun tipo di tenerezza. Nessun sentimento. Nulla che avesse a che fare con me e lui aggrovigliati, in qualsiasi modo.

E solo al pensiero di uno dei suoi baci, mi andò di traverso il cappuccino che stavo sorseggiando proprio davanti a lui, tant'è che si dovette avvicinare la signora Clothilde per assicurarsi che stessi bene.

Il ragazzone di fronte a me ridacchiò, passandomi un fazzoletto in stoffa. «Che non si dica che non sei signorile.»

Risi anche io, prendendo il fazzoletto. «Giusto...»

«Sei arrossita?»

Di colpo mi toccai le guance, sentendomi improvvisamente accaldata. Era umanamente impossibile che Troy avesse letto nei miei pensieri. Eppure, guardandolo, lessi nei suoi occhi qualcosa di molto simile che doveva essere rispecchiato anche nei miei.

«Lily Malvin non arrossisce.» dissi, fermamente. Finsi di prestare attenzione ad una coppietta giapponese seduta di lato a noi, intenta a fare colazione imboccandosi a vicenda, sperando di distogliere l'attenzione dal corso che stavano prendendo i miei pensieri.

Soprattutto quando la mano di Troy sfiorò il mio polso, facendomi sussultare. Aveva delle gran belle mani, accidenti...

«Bene, fatina. Come vuoi.» sogghignò, guardandomi in modo strano. Poi una notifica illuminò il suo telefono, e alzò gli occhi al cielo. «Allora, ti interessa sapere il programma di oggi? Worley sta dando di matto, cazzo. Lui, e la sua fottuta competizione.»

«Competizione?»

Annuì. «Vuole essere il primo della zona ad accaparrarsi un pezzo grosso come il Conte. Sai che figurona farà, se riusciremo a far firmare a quel nobile grassone il contratto.»

«Lo immagino.»

Per il mio superficiale capo, gli affari venivano al primo posto su tutto. Su ogni singola cosa.

«Quindi, quali sono questi programmi?» gli chiesi.

Si passò la mano tra i capelli corti, appoggiandosi allo schienale della sedia, portando le braccia dietro la testa. «L'appuntamento con il Conte sarà questa sera, per cena, quindi sarai felice di sapere che avremo la giornata libera anche oggi. Ma ti consiglio vivamente di ripassare un po' le cose che già sai,» mimò con le virgolette, «perché non potremo farci trovare impreparati o con la guardia abbassata. Lui punterà a qualcosa a cui noi abbiamo già messi dei paletti, quindi la cosa più importante è mostrarci sicuri e convinti. Senza esitazioni, fatina

SorprendimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora