Mi trovavo immersa nei corridoi di Hogwarts, non sapevo come ci fossi arrivata, ma ero sicura fossero loro.
Mi guardai attorno, sembravano diversi da come li ricordavo: più lunghi e tortuosi.
La luce entrava dalle grandi vetrate gotiche, era fioca e non sufficiente ad illuminare chiaramente tutti gli angoli del labirinto di piani.
Sarebbe potuto essere poco prima dell'alba, come il crepuscolo niente era chiaro.
Il tempo non mi risultava facile da scandire, ma quello che comprendevo perfettamente era che mi trovavo sola e persa.
Non c'erano studenti, né fantasmi in giro e neanche i quadri, sempre fin troppo attivi, sembrano essere intenzionati a dire qualcosa o, forse, i loro ospiti semplicemente non c'erano davvero più.
Non riuscivo a vedere quasi nulla, avevo gli occhi lucidi ed anche solo tenerli aperti mi provocava dolore.
Mi sentivo appesantita e lenta come se un qualche strano tipo di incantesimo mi avesse irrigidito i muscoli ed i nervi, non permettendomi di muovermi come avrei voluto; l'agitazione e la paura che mi attanagliavano erano le emozioni più forti e travolgenti che avessi mai provato.
Ero braccata da qualcosa di davvero pericoloso ed ero consapevole che non sarei riuscita a cavarmela se non mi fossi inventata qualcosa, prima di subito.
Ragionare sembrava più difficile del solito, ero debole e stanca, non sarei mai riuscita a trovare una soluzione, se non avessi tentato di calmarmi.
Presi a respirare piano, contando ogni inspiro ed espiro nella mia mente e sembrò funzionare, finalmente la tachicardia stava rallentando.
Poi l'eco di passi iniziò a scandire il tempo, qualcuno si stava avvicinando, pregai che non mi avessero trovata o non avrei avuto scampo.
La respirazione tornò ad essere frenetica, mi sembrava di stare soffocando e il mondo attorno a me diventava sempre più sfocato.
Mi guardai attorno freneticamente, sperando di incappare in un nascondiglio, ma non c'era niente: ero in trappola.
Questa fu l'ultima cosa che pensai, mentre mi schiacciavo contro la parete nella speranza di non essere notata; mi sentivo come un camaleonte che aveva perso la possibilità di mimetizzarsi e che finiva dritto nelle spire di un predatore: Ero indifesa e non in grado di proteggermi.
La consapevolezza della fine mi raggiunse facendomi mancare il respiro, come un pugno dritto nello stomaco.
Ero una semplice lucertola che tentava di nascondersi da un felino pronto a balzarle addosso.
Non chiedetemi come facessi a sapere tutto questo, non saprei spiegarlo, ma quello era il sogno più vividi che avessi mai fatto da anni a quella parte.
Ad un tratto un luce intensa illuminò il corridoio deserto e andò scemare finché non ne rimase che un barlume, guardando in basso mi resi conto che non ero io, quello non era il mio corpo.
Le mani erano di un bel colore abbronzato ed i capelli, caduti davanti ai miei occhi, erano ricci e scuri.
Ero mia cugina Roxanne e respiravo velocemente, come se una morsa mi stringesse il collo e non mi permettesse di respirare regolarmente.
Mi toccai la fronte e sentì un liquido caldo uscire da una ferita profonda sulla fronte, fiotti di sangue continuavano ad annebbiarmi la vista, quasi non me ne ero accorta prima per la troppa paura.
Ero immobile, bloccata contro la parete mentre i passi del mio inseguitore continuavano ad avvicinarsi; avrei voluto scappare ma non ci riuscivo, sembrava che i piedi non volessero collaborare e non sentivo neanche le forze per provare a fuggire.
Poi lo vidi ergersi davanti a me, era Voldemort o almeno era come l'avevo sempre immaginato nei miei peggiori incubi.
Più pallido di qualsiasi persona normale, senza capelli e con il volto allungato e dai tratti levigati come quelli di un serpente, gli occhi rossi e brillanti, come il sangue che sgorga da una vena, mi fissavano crudeli e senza pietà.
Non riuscii a dire nulla, neanche a gridare o tentare di difendermi; ormai era chiaro, per me non c'era più nulla da fare.
Solo allora la sentii sfiorarmi, come un alito d'aria gelido e lo riconobbi immediatamente, era la morte che veniva prendere la mia anima.
Voldemort sollevò la bacchetta e senza dire nulla lasciò che un lampo verde mi colpisse, caddi a terra, mentre un'ultima ed unica lacrime scese dalla mia guancia.***
Balzai a sedere sul letto, mi sentivo soffocare e avrei voluto urlare con tutto il fiato che avevo in gola.
Non mi permisi di farlo: non potevo spaventare tutti quelli che dormivano nella mia tenda o avrei messo a rischio la missione, non ci avrebbero fatto partire se avessi avuto una crisi di nervi in quel momento.
Era stato un sogno orribile, come non ne facevo da prima dell'inizio della guerra e questo mi spaventava terribilmente.
Poteva essere un cattivo segno, il che avrebbe potuto significare che ci saremmo messi nei guai, ma non potevo gettare tutto all'aria nell'attimo in cui la mia famiglia aveva più bisogno di me.
Non potevo permettermi di ricominciare a stare male come un tempo, dovevo essere forte, soprattutto dal momento che tutti contavano su di me.
Non avrei potuto lasciarmi distrarre dall'ansia o dalla preoccupazione, per i miei cugini o per me stessa, dovevo essere pronta e decisa: senza tentennamenti.
Anche un solo dubbio avrebbe potuto mettere me ed i miei compagni di viaggio nei guai; perciò allontanai le immagini di quel terribile incubo dalla mia mente e decisi di alzarmi e di non parlarne con nessuno.
D'altronde erano anni che non mi capitava di vedere uno dei miei sogni realizzarsi, perché avrei dovuto ricominciare proprio allora a fare premonizioni?.
La mattina era arrivata troppo presto per i miei gusti, probabilmente lo dimostravano le profonde macchie scure che mi stavano contornando gli occhi castani proprio in quel preciso istante e che, purtroppo, mi avrebbero accompagnato per il resto della giornata.
Non che fosse minimamente importante lo stato della mia faccia, di lì a breve ci saremmo lanciati in un'impresa suicida, quindi per quanto mi riguardava potevo avere anche un brufolo gigante al centro del naso e comunque non mi sarebbe importato.
Dopo la chiacchierata, Dominique ed io ci eravamo addormentate come sassi; mi ero sfogata con lei, le avevo rivelato quasi tutto e mi aveva ascoltata senza dire nulla.
Il pensiero della possibilità di rivederlo non mi preoccupava più come prima, dovevo andare avanti e concentrarmi sul mio compito: senza distrazioni.
Evidentemente, il sonno non era stato dei migliori e neanche il più lungo che potessi fare, ma non potevo perdere un minuto di più, perciò mi decisi a prepararmi.
Il sole non era ancora sorto quando mi costrinsi a lasciare le coperte, sotto lo sguardo assonnato di mia cugina, per andare a raccattare tutto quello che mi sarebbe servito per quel viaggio.
Chiusi lo zaino su cui avevo lanciato un incanto d'estensione irriconoscibile, l'avevo già riempito di ogni oggetto che mi potesse sembrare, anche solo lontanamente, utile.
Presi un paio di jeans ed un maglione rosso, da indossare insieme ad una paio di scarpe comode e adatte ad ogni tipo di eventualità.
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Amarti mi uccide
FanfictionMi chiamo Rose Weasley, ho diciotto anni e sono una guerriera. Sono Rose Weasley e posso sopravvivere a tutto. Sono Rose Weasley e non ho paura. Era questo il mantra che mi ripetevo tutti i giorni da più di quattro anni, perché dovevo essere forte...