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Non chiuse occhio quella notte. Non possedeva alcun oggetto per comunicare con il mondo esterno, non che gli fosse rimasto qualcuno che si interessasse ancora a lui. La sua stanza non era più quella dove medicava le ferite che suo padre gli infliggeva quotidianamente: quel bastardo era morto. Ora la stanza di Bowers era più anonima, bianca, con le finestre serrate da sbarre di ferro. I suoi occhi vitrei si riflettevano nella vetrata di quelle finestre sporcate dalla pioggia che aveva smesso di battere su di esse una manciata di minuti prima. Anche se gli parlavano, le sue orecchie erano sorde e tutto veniva scemando in parole che diventavano sorde a loro volta, mentre la sua mente si allontanava di nuovo, ritornando a poco prima del suo arresto...

Derry, 1988

Non erano passati nemmeno due mesi dall'inizio della scuola, ed Henry Bowers aveva già collezionato oltre cinque richiami e sei note da far firmare a suo padre. Quelle firme però furono falsificate da una mano che di certo non era quella di Henry, il quale aveva una calligrafia troppo marcata per far assomigliare il nome del genitore ad una firma. 

«Cavolo Henry! È l'ultima volta che accetto di falsificare la firma di tuo padre.» borbottò Victor, con chiaro dissenso dell'altro che lo guardò torvo.

«Se non ti va di farlo non lo fare allora!» sbottò Henry. 

Patrick soffocò una risatina, nella sua mente pensava quanto fosse divertente assistere a certi siparietti: a volte Victor sembrava davvero la sorella maggiore o la zia del gruppo. Anche se compiva bravate con loro, in fondo, era chiaro che non avrebbe mai esagerato, perché Victor era leggermente più pacato rispetto a Henry e Belch. Avrebbe voluto dir loro che sembravano una vecchia coppia sposata. 

«Pensi davvero che le maestre non riconoscono la firma di tuo padre dalla mia?»  

«Ti lascio un autografo inciso sulla fronte se non chiudi il becco e fai quello che devi fare!» ruggì per l'ennesima volta lo spazientito Henry. 

Le giornate andavano avanti così, con piccoli battibecchi, uscite di gruppo quasi ogni sera ed ovviamente il molestare verbalmente e fisicamente ragazzini più piccoli. Le vittime preferite da Henry? Ben Hanscom e altri cinque ragazzini frequentanti lo stesso istituto, uno di questi aveva perso il fratellino molto recentemente. Per questo motivo Henry decise di lasciarlo, temporaneamente, in pace. Ma sarebbe tornato a tormentarlo durante l'estate, dato che le maestre non potevano più tutelare né lui né il resto dei suoi amici. Ben invece era sempre solo, dunque una facile preda. Neanche la povera Beverly Marsh era esclusa dalla lista di Henry, anzi, per le voci che giravano sul suo conto, era insieme a Ben un bersaglio facile. Le giornate scorrevano come i fiumi d'acqua lasciati dalla pioggia nei canaletti frapposti tra i marciapiedi e la strada, scaricate in quei tombini abbastanza larghi da farci finire dentro il povero Georgie Denbrough. Henry non lo avrebbe mai ammesso, ma un po' al pensiero di una scomparsa così rapida, rabbrividiva. E come il povero Georgie, quelle giornate scivolavano verso una delle festività che Henry non sopportava affatto: il Natale. Il suo era alquanto infernale, o meglio, non cambiava poi chissà quanto rispetto agli altri giorni. Si riunivano sempre lui, suo padre e la nuova compagna del padre. E le discussioni non mancavano, non sia mai Henry azzardasse una parola di più che suo padre gli rifilava uno schiaffone talmente forte che sarebbe stato capace di scambiargli gli occhi di posto.

All'uscita di scuola i ragazzi si separarono, prendendo strade opposte. Tranne Henry e Belch 

«Ti rendi conto che ci hanno dato un tema da scrivere? Un tema sul Natale...» disse Belch, Henry sembrava quasi assente. Odiava scrivere temi, odiava la scuola e lo studio. Per lui era una perdita di tempo.

E così come Henry Bowers odiava il contesto scolastico con tutti i suoi aspetti annessi, altrettanto faceva qualcun'altro: Alice, quasi quindicenne, ripetente e nella stessa classe con Henry. Soltanto che nessuno dei due aveva fatto caso all'altro, non troppo. Mentre Henry se la prendeva con i ragazzini della classe e della scuola in generale, rispondendo in maniere impertinente e volgare ai docenti, Alice se ne stava tranquilla nel suo banco, non in prima fila, ma qualche posto dopo, dietro. Dopo l'ennesima molestia di Henry, però, cambiarono di posto l'alunno che stava seduto di fronte a lui, in modo da non disturbarlo più. Uno degli insegnanti gli intimò di non infastidire nemmeno la studentessa che ora aveva sostituito il loro compagno, ovviamente Henry rispose con un falso tono di voce serafico, congiungendo le mani davanti al petto e annuendo piano con la testa. Peggio del diavolo forse c'è proprio Bowers! pensò lei, trattenendo uno sbuffo ed impugnando saldamente la penna nella mano sinistra. Alice era ambidestra, ma preferiva scrivere con la sinistra. Non sapeva dire il perché, ma le andava bene così, anche se più volte la docente di religione le aveva imposto di usare la destra perché "la sinistra è la mano del diavolo!" e a tali affermazioni faceva eco...Henry. Alice non era come gli altri suoi compagni, non dava tanto peso agli sfottó di lui o dei suoi leccapiedi, piuttosto ne era seccata. Fortunatamente non era mai stata bersaglio di quella banda di teppisti, ma provava quasi compassione per altre ragazze, tipo Beverly Marsh, non invitava affatto che molti ragazzi (anche più grandi) le dessero un "certo tipo" di attenzioni. Per qualche motivo non credeva nemmeno che la ragazza potesse davvero essere una "facile". Alice non era il tipo che odiava o detestava qualcuno, non aveva una lista nera su cui compilare nomi; affidava quasi tutto al suo istinto e all'intuito. E l'estate del 1989 sarebbe stato il banco di prova di questo suo tratto personale. Non poteva ancora immaginare cosa sarebbe accaduto: la sua mente alternava eventi del passato a quelli immaginari del futuro. Lei immaginava di trascorrere la prossima estate in Florida, da suo padre, magari insieme ai suoi fratelli maggiori e lasciare la monotonia di Derry per un po'. Sarebbero stati sufficienti anche due settimane per allontanare la mente da quella cittadina così piccola e grigia, dove ognuno sembrava vivere nel proprio mondo. La sua mente finì di fantasticare quando sentì il suono stridulo e metallico della campanella, i ragazzi si alzarono tutti insieme, precipitandosi verso la porta per uscire. Alcuni vennero afferrati e tirati indietro da Bowers. Ogni giorno così.

Lei fu l'ultima a riempire la cartella di libri e quaderni, alcuni li avrebbe lasciati nell'armadietto per la lezione del giorno successivo. Erano le tre e un quarto circa quando rientrò a casa, i suoi fratelli sarebbero rientrati alcune ore più tardi come testimoniava un post it colorato. Alice passò le successive per del pomeriggio a studiare e organizzare le materie dei prossimi giorni, ricontrollando in maniera quasi ossessiva tutte le pagine del quadernetto ad anellini, appuntando di tanto in tanto annotazioni circa i compiti in classe, quelli per casa o testi scolastici che dovevano essere usati per i prossimi argomenti. Da questa descrizione potrebbe apparire come la prossima giovincella che, se fosse arrivata all'ultimo anno di liceo, avrebbe progettato la propria vita fuori dal Maine in qualche università. Ma era ancora presto per parlarne...forse non troppo, dato che i diciassette anni sarebbero arrivati veloci, come un soffio leggero emesso dalle labbra di un bambino che spegne la candelina del suo compleanno...

Derry, 1986

...i piedi scalzi di Alice scendevano di corsa le scale, mentre la sua mano accarezzava il corrimano in legno di faggio. Sua madre l'aveva appena chiamata. Quella domenica mattina sarebbe stata diversa dalle altre, la famiglia aveva deciso di festeggiare il compleanno di Alice ad una piccola fiera che si sarebbe tenuta a Derry. All'epoca Alice aveva compiuto dodici anni, era ancora bassina di statura e il suo corpo esile e minuto, avrebbe cominciato trasformarsi qualche anno più tardi, anche se alcuni accenni di "trasformazione" avevano cominciato a manifestarsi. Quella domenica fu abbastanza calda, il sole era alto e la strada sembrava un lungo tappeto di cemento ardente, Alice riusciva a contemplare la percezione di quel calore attraverso le suole sottili dei sandali.

Il capo della ragazzina era poggiato sulla spalla del padre che la teneva in braccio, mentre sua madre lo pregava di stare attento a quando l'avesse posata sul letto, invitandolo a fare attenzione a non svegliarla. Dodici anni e ancora tra le braccia dei genitori? Un dettaglio tutt'altro che scontato o infantile, perché quella sarebbe stata l'ultima volta: l'ultima domenica estiva che li aveva visti tutti insieme.

"Ma ti rendi conto che ci hanno dato un tema da scrivere? Un tema sul Natale..." - ed anche la frase pronunciata da Reginald Huggins detto Belch, fu motivo di altri ricordi. Si morsicò leggermente il labbro inferiore, facendo una leggera pressione con le dita sulla penna ancora puntata sui fogli. Smise di appuntare, lasciando la propria stanza.

"Like lambs to a slaughter..." | IT - 2 0 1 7Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora