Il cellulare di Alice squillò diverse volte prima che lei lo estraesse dalla tasca della giacca e rispondesse, era Caleb. Si allontanò da Henry, che l'aspettava nel piccolo corridoio della casa, di tanto in tanto lei accennava ad un sorriso o una smorfia che ci si avvicinasse almeno un po'. Passarono diversi minuti prima che riattaccasse e lo raggiungesse.
«Ronnie sta dando problemi a tuo fratello?» chiese Henry.
«No, ma mi ha detto che ieri sera ha fatto difficoltà ad addormentarsi. Più tardi, dopo cena, gli farà una bella camomilla e gliela rifilerà prima di metterlo a letto. Lo ha tenuto sveglio fino alle due e mezza di notte, poverino.»
«Immagino che Caleb vorrà ancora figli dopo essere stato una settimana con il nipote, e la settimana è ancora lunga.» Henry rise beffardo, ma di buon cuore. Dopotutto doveva molto alla famiglia Taylor.
«Lo richiamerò tra un paio d'ore, per le dieci Ronnie dovrebbe già dormire.»
«Dovrebbe...» asserì Henry, annuendo piano col capo e con un'espressione che lasciava intendere i forti dubbi che nutriva al riguardo.
Anche Alice non ne era pienamente convinta, voleva sperare che da bravo bambino ascoltasse lo zio e che bevesse la camomilla, pregando che facesse effetto quanto prima e che gli procurasse un sonno riposante. Ronnie non era solito dare fastidio agli adulti, ma quando faceva i capricci nella maggior parte dei casi era un segnale d'allarme che stava ad indicare che qualcosa non andava. Alice incrociò le dita e cercò di convincersi che non fosse così, o suo fratello si sarebbe ritirato dal ruolo di provvisoria baby-sitter.
Quella sera Alice, Henry e Belch si sarebbero recati alla fiera di Derry insieme a Victor che era arrivato qualche ora prima. Gli avevano chiesto se preferisse riposare, ma egli era abbastanza carico per girare con i suoi amici di lunga data. La riunione fu un esplosione di gioia e risate come ai vecchi tempi. Per un momento Henry e Alice dimenticarono di essere i genitori del piccolo Ronnie, dimenticarono il loro matrimonio, il lavoro e le altre responsabilità che dell'età adulta. Dimenticarono di essere diventati grandi. Quel momento felice era vissuto come se avessero di nuovo quindici anni, come ragazzini che si divertivano con poco, cambiava che ora essere adolescenti significava avere un cellulare nuovo e con funzioni accelerate, avere social ed uscire quasi tutte le sere a bere cocktail. La loro adolescenza era stata diversa, più difficile, ma a volte spensierata. Si divertirono come matti, ma il divertimento durò poco: qualcosa stava cambiando e la gioia che si era dispersa nell'aria non c'era più. Henry si sentì leggermente angosciato, gli stavano tornando in mente cose che avrebbe volentieri dimenticato per sempre. Victor aveva notato questo rapido cambiamento nell'altro, così gli propose di accompagnarlo a prendere un altro panino e magari di fare a metà se avesse avuto ancora fame, Henry declinò l'invito a dividere il cibo ma seguì volentieri l'amico.
«Henry, cos'hai? Sei diventato pallido come un fantasma tutto d'un colpo.»
«Nulla, Vic, nulla... sarà qualcosa che mi ha fatto male. Sai, non sono più così abituato a mangiare cibo da strada.»
Victor, ovviamente, non gli credeva. Era chiaro che qualcosa lo turbasse ma Henry era irremovibile sul fatto di non volerlo fare notare anche a sua moglie, preoccupata anche lei, li guardava da lontano, mentre scambiava qualche parola con Belch, tenendo in mano un frappè di frutta. Vederla con quel frappè in mano lo riportò indietro di ventisette anni, a quell'orribile estate, ma per un momento la sua Alice le sembrò la ragazza di quindi anni che aveva frequentato durante l'estate di quell'anno e che non lo aveva più mollato. Pensò di avere incontrato una persona coraggiosa e testarda, e per essere una ragazza non era poco. Se fosse stato suo padre gli avrebbe detto che quella ragazza non andava bene per lui, che gli avrebbe messo i piedi in testa e avrebbe comandato sempre lei, scegliendo sempre per lui. Fortunatamente non fu così e, al contrario, trovò la persona migliore che potesse capitargli. Si rese conto di essere stato molto fortunato.
«Vic...» mormorò, estraendo una sigaretta dal pacchetto che teneva abitualmente nella tasca della giacca «grazie per essere mio amico.» disse.
Per un momento Victor pareva confuso, ma poi capì che Henry stava ricordando qualcosa e allora replicò a quell'affermazione con un sorrisetto.
«Ci hai trattato spesso male, me e Belch dico. Ora però sei una persona nuova, Henry, siamo felici per questo. Per te e tua moglie.»
Victor non disse molto, però si fece ben capire cosa volesse dirgli. Henry non rispose, il cuore quasi gli si strinse in petto ma per sincera contentezza. Tornarono verso Belch e Alice, quando Henry sentì come una leggera fitta al petto, come se una scheggia sottile glielo stesse trapassando, e nella sua mente cominciò a riecheggiare una voce fantasmagorica che bisbigliava cose insensate e confuse. Non volle darci peso, non quella sera che si stava divertendo. Ma la voce andava avanti e cresceva a poco a poco, diventando più profonda e oscura. Alice fissava suo marito impietrita, aveva capito cosa stava accadendo dentro Henry, il suo sguardo si spostò ben presto altrove quando qualcuno urlava un nome che pareva iniziare per la lettera A. No, non era lei che chiamavano. Quando si girò vide un corpo cadere nel fiume che attraversava la città e successivamente tanti palloncini rossi sbucare da quel fiume e volare in cielo.
«Oh no...» mormorò debolmente. La voce le morì in gola.
Quei maledetti palloncini rossi significavano soltanto una cosa.
Il clown era tornato.
{ Scusate la lunga assenza e il capitolo non proprio ''woooow'' ma a volte va così...
prossimamente altri capitoli, però dovete pazientare.
See you soon !
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"Like lambs to a slaughter..." | IT - 2 0 1 7
Hayran KurguTra l'autunno del 1988 e l'estate del 1989 Derry, cittadina del Maine, è protagonista di misteriose sparizioni ed efferati crimini. Alice Taylor, quindicenne all'epoca dei fatti, racconta di quell'estate nel suo diario.