(P.O.V. Arizona)
Il suo capo organizzò subito il viaggio per Seattle e il giorno dopo fu già lì in ospedale. Anche questa consulenza andò bene, riuscirono a rendere migliore un'altra vita, la sua conoscenza e le attrezzature disponibili in questo ospedale sembravano essere il connubio perfetto per poterlo fare. Dovette ammettere che questo ospedale la esaltava molto, sentiva di poter dare libero sfogo alle sue idee, alle sue capacità.
Questa sensazione la faceva stare così bene, avrebbe voluto restare un altro giorno o più.Ormai si era fatta tarda sera, dopo il consulto stava firmando le ultime cartelle, poi si recò dal dottor Webber per ringraziarlo e salutarlo.
Quando arrivò alla soglia della porta bussò."Avanti" disse l'uomo.
'Respira' si disse Arizona ed entrò.
"Signore credo di aver finito la volevo ringraziare e dirle quanto è stato un piacere lavorare con e per lei"
"Il piacere è nostro dottoressa Robbins, le sue capacità sono evidenti e a proposito di questo le vorrei parlare di una cosa"
"Dica pure signore" disse Arizona cercando di nascondere il fatto che stesse ancora cercando di calmare la sua ansia.
"Chiuda la porta e si accomodi pure" disse l'uomo e Arizona così fece.
Quando quella mattina si svegliò, si sentì nuova, diversa, giusta. Amava questo effetto che Seattle le dava, amava l'effetto che la sconosciuta le aveva fatto conoscere. Così inevitabilmente il primo pensiero fu lei, d'altronde avrebbe dovuto prendere il treno quella mattina e non poteva negare di avere la speranza di incontrarla ancora.
Voleva vederla, almeno un'altra volta. Dopo gli eventi del giorno precedente, forse quello sarebbe stato l'ultimo viaggio in treno per Seattle. Voleva vederla ancora un'altra volta, ringraziarla per averla fatta sentire così giusta e, se non l'avesse più rivista, voleva fissare per un'ultima volta l'immagine di quel miracolo, necessitava di questo fermo immagine.Questa volta non si vestì velocemente, voleva fissare tutto di quel giorno, notare e imprimere ogni particolare. Decise di prendersi un caffè e inalarne il profumo, così che ogni volta che lo risentisse magari si sarebbe ricordata di questa giornata.
Doveva incontrarla, aveva bisogno di incontrarla. Era tutto nelle mani del destino e lei lo fece fare.
Uscì di casa inalando l'odore di pioggia della notte passata che ancora ricopriva la città, lasciò che il freddo le si scalfisse sul volto. Arrivò in stazione con la speranza nel cuore, salì le scale per il suo binario lentamente. La sicurezza che l'avrebbe incontrata, che possedeva fino ad un attimo fa, iniziò a fare spazio all'ansia.
Quando salì l'ultimo scalino e diresse lo sguardo lentamente verso la panchina posta dall'altra parte dei binari, si sentì più leggera, il cuore iniziò a battere all'impazzata, l'ansia si affievolì. Era lì.
Lentamente si diresse verso la sua solita panchina non staccando mai lo sguardo dalla sconosciuta latina.
Non la notò, era intenta a leggere un libro.
Quando finalmente raggiunse la panchina e si sedette, si sforzò a leggere il titolo del libro tra le mani caramello della donna: "One day".
Un sorriso le apparve sul viso. Davvero stava leggendo il suo libro preferito? Come faceva a saperlo? Fu una coincidenza? Poi si ricordò che l'ultima volta che i loro occhi si incrociarono, questo era il libro che stava leggendo.
Lo ha visto tra le sue mani e ha voluto leggerlo? Se è così perché mai? Il cuore le salì in gola.Si soffermò a guardare la bruna che presa dal libro ancora non l'aveva notata. Continuava a scrutarla, ancora e ancora, ne fisso i lineamenti duri, le labbra carnose, gli occhi ora bassi sul libro e la fronte leggermente corrugata per la concentrazione della lettura. Decise che quel gioco di sguardi non le bastava più, voleva di più. Così schiarì la voce, inspirò e aprì la bocca per parlare:
"E così leggi One day?" urlò leggermente per farsi sentire.
La bruna finalmente alzò lo sguardo per incontrare il suo, si rese conto di trattenere il respiro. Quella donna sarebbe stata la sua morte.
"Si, è un bel libro, lo conosci?" disse la latina con un tono pacato.
Arizona si maledì e si benedì contemporaneamente per averle parlato. Quella voce pacata, bassa e sensuale uscì da quelle carnose labbra e si rese conto che quella melodia non sarebbe più uscita dalla sua testa.
"È il mio preferito" disse poi Arizona.
La sconosciuta la fissò nuovamente con le labbra socchiuse quasi come se volesse sputare fuori quello che stesse pensando.
"Quindi credi nel destino?" disse infine la bruna tenendo lo sguardo fisso su Arizona.
Questa frase la stupì. Sapeva che fu detta in riferimento al libro centro del discorso fino ad un attimo prima, ma quella sua espressione, sembrava volesse dire che in realtà significasse molto di più. Come se avesse a che fare con loro due.
"Certo" rispose Arizona arrossendo e regalandole un enorme sorriso.
Il segnale acustico interruppe quella conversazione per la prima volta non più silenziosa, annunciando come al solito quel maledetto treno che ogni volta le separava. Così Arizona si alzò per l'ennesima volta, raccolse tutte le sue cose con calma, sapeva che questo forse sarebbe stato l'ultimo viaggio per Seattle, voleva continuare a fissare l'intera mattinata. Prima che il treno potesse innalzare nuovamente tra di loro un muro, Arizona rivolse il suo sguardo alla sua sconosciuta guardandola negli occhi, chiuse per un attimo i suoi quasi a volerla fotografare. Non voleva dirle addio, qualsiasi cosa fosse successa, voleva lasciare tutto nelle mani del destino e voleva che lo facesse anche lei.
"E tu ci credi nel destino?" così disse.
Il treno giunse tra di loro prima che la bruna potesse risponderle, rimase così in un dolce limbo. Forse l'aveva vista per l'ultima volta, forse l'aveva persa per sempre, forse l'avrebbe rimpianta per tutta la vita. Eppure si disse che quella volta poteva bastare, pensò meglio essere felici per un attimo che infelici per una vita. Si, perché quegli incontri l'avevano fatta sentire così giusta e se avesse dovuto scegliere tra una vita in cui non fossero mai avvenuti e un'altra dove ci fossero stati anche se così brevi, pensò che sicuramente avrebbe preferito ripete quegli incontri ancora e ancora, anche se, arrivati al giorno dell'addio, il suo cuore si sarebbe spezzato ogni volta.
Aveva chiesto al destino di poterla incontrare ancora una volta e l'aveva accontentata.
Passò una settimana da quell'ultimo incontro.
Recandosi a lavoro oggi era più spensierata che mai, si disse che avrebbe dato il meglio di sé stessa, non poteva buttare via più nessuna occasione. Così parcheggiò nel suo posto auto, uscì dalla macchina e fece entrare nei polmoni la nuova aria che la circondava. Entrò in ospedale recandosi immediatamente agli spogliatoi, indossò il suo nuovo camice che fece ricamare con degli animaletti per i piccoli umani e poi si recò verso l'ufficio del suo capo, pronta ad iniziare questo nuovo giorno, questa nuova vita.Quando si ritrovò per l'ennesima volta alla soglia di quella porta, quella volta le sembrò differente; si sentì al posto giusto, non ebbe più così paura.
Così bussò."Avanti" disse l'uomo dal suo ufficio.
Arizona aprì la porta e trovò il suo capo intento a parlare con una donna in piedi nel centro della stanza.
"Scusate torno più tardi" disse.
Nel frattempo iniziò a scrutare la donna posta di spalle, le sembrò di conoscerla.
"No dottoressa Robbins, entri, visto che ci troviamo qui le voglio presentare una nuova sua collega"
Quando la donna si girò verso la sua posizione, il suo cuore si fermò all'istante e il suo respiro pure.
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La coincidenza che aspettavo
FanfictionCallie si stava recando a lavoro preparandosi ad un'altra giornata abitudinaria, non sapeva che proprio quel giorno una strana coincidenza le avrebbe fatte incontrare. Fanfiction su Grey's anatomy, in particolare sulle Calzona. (ovviamente i person...