Giusta

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(P.O.V. Arizona)

"Allora aumentate gli elettroliti e rifate le analisi, chiamatemi quando saranno pronti i risultati" disse Arizona all'infermiera.

"Certo dottoressa" rispose quest'ultima.

Passarono altri due giorni da quando tornò da Seattle. Il suo lavoro continuava a gonfie vele, restò in contatto con il primario di Seattle per eventuali consulti. Il suo capo si complimentò per il suo operato a Seattle. Tutto sembrava andare bene, se solo non avesse quella continua sensazione di vuoto che non riusciva a colmare con nessuno, o meglio con nessuna. Gli unici attimi in cui quella sensazione sparì fu quando incontrò la sconosciuta bruna la prima e la seconda volta. Non riusciva davvero a spiegare queste strane sensazioni che quella sconosciuta le scaturiva, una persona che neanche conosceva poteva davvero farla sentire giusta? Si giusta, quello sguardo la faceva sentire giusta, che si trovasse al posto giusto, che stesse facendo la cosa giusta. Come poteva solo uno sguardo scaturire ciò e tutte le donne con cui era stata fino a quel momento no? Solo una persona fu capace di scaturirle certe sensazioni, il suo primo amore Joanne e il fatto che una sconosciuta potesse farla sentire come quello che credeva fosse l'amore della sua vita, quasi la spaventava.

Sorrise amareggiata a questo pensiero quando realizzò che probabilmente quella sensazione comunque non l'avrebbe più riprovata, l'aveva incontrata una volta, una seconda volta, non pensava sarebbe stata fortunata una terza volta. Avrebbe voluto non aver sprecato quelle due giornate a guardarla ma a parlarle, di lei non sapeva nulla eppure aveva quella sensazione di volerne sapere tutto.

Persa nei suoi pensieri una mano posata sulla sua spalla la fece ritornare alla realtà.

"Dottoressa Robbins? Mi ha sentita?" Chiese preoccupata l'infermiera Lauren.

"Si, scusami Lauren dimmi" disse.

La donna la scrutò "Le volevo solo dire se dovessimo continuare con gli elettroliti per la piccola Jessica"

"Si continuiamo finché non arrivano i risultati delle analisi" disse Arizona ancora confusa dai suoi pensieri.

"Va tutto bene? Vuole un caffè?" disse la donna ad Arizona.

Arizona si fermò ad osservare per la prima volta la giovane infermiera, che sembrava così disponibile con lei, forse fin troppo. Corpo snello e slanciato, naso fine, un caschetto biondo che contornava degli occhi verdi smeraldo. Pensò che fosse carina, pensò che da quando la sconosciuta era entrata nella sua vita non guardava più davvero una donna, non in quel modo. Pensò che aveva bisogno di scacciare almeno per una sera la sconosciuta che stava invadendo la sua testa. Così rispose:

"In realtà ne avrei proprio bisogno, e dammi del tu" enfatizzò Arizona.

"Vieni in caffetteria con me? stavo proprio andando a prenderne uno" Lauren le sorrise.

Il suo telefono squillò nella silenziosa call room, Arizona si svegliò riconoscendo la sua suoneria. Non ci mise molto a capire dove si trovasse e cosa avesse appena fatto. Si coprì con il lenzuolo e cercò di alzarsi senza svegliare la donna che era al suo fianco. Raccolse i suoi vestiti mentre finalmente raggiunse il suo cellulare nella tasca dei pantaloni.

"Pronto" disse silenziosamente mentre cercava di rivestirsi.

"Dottoressa Robbins, sono il dottor Webber, può parlare?"

"Certo mi dica" disse Arizona mentre adesso infilava le scarpe.

"Vorrei potesse tornare qui per un consulto, il suo aiuto è stato prezioso e inoltre se deciderà di venire le vorrei proporre una cosa"

Un sorriso attraversò il viso di Arizona, dimenticando per un attimo dove si trovasse e cosa avesse appena fatto.

"Non mi crea nessun problema signore, anzi mi fa solo piacere, mi mandi il caso così ne parlerò con il mio superiore"

"Certamente, spero di vederci presto" disse l'uomo al telefono.

"Lo spero anche io" disse sinceramente Arizona. 

la sconosciuta tornò immediatamente ad occupare la sua mente. Entusiasta si preparò ad uscire per raggiungere il suo capo e parlargli del nuovo consulto, così si girò un'ultima volta verso la figura ancora dormiente per recuperare il suo camice, poi afferrò la maniglia per uscire da quella stanza. Pensò che lì in quella stanza era stata la solita Arizona superficiale, così sbagliata, mentre a Seattle, in quella minuscola stazione, si sentiva così giusta. Con questo pensiero aprì la porta ed uscì.

La coincidenza che aspettavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora