Seattle

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(P.O.V. Arizona)

Arizona aveva passato l'intera giornata a Seattle con il sorriso sulla faccia, come in realtà era già solita fare sfrecciando sulle sue scarpe a rotelle, ma quel giorno il pensiero della partenza che sarebbe avvenuta il giorno successivo la faceva sorridere ancora di più. Non perché Seattle non le piacesse, anzi tutt'altro, iniziò ad apprezzarla davvero: le persone erano cordiali, gli spazi puliti e grandi, si trattava di una città portuale quindi era un continuo via vai di persone e ad Arizona piaceva questa doppia sensazione che la città le donava, di caos e tranquillità, ne apprezzò addirittura la pioggia nonostante non si fosse ancora abituata all'umidità che le sembrava penetrare nelle ossa. C'erano diverse motivazioni che le stavano facendo apprezzare quella città, tra le tante c'era il fatto che lì probabilmente ci abitasse il motivo per il quale stava sorridendo al pensiero della sua partenza l'indomani: la sua bella e sconosciuta latina.

Iniziava ad apprezzare anche l'ospedale dove sempre più spesso stava prestando le sue consulenze, si trattava di uno spazio enorme e ben attrezzato, con ottimi programmi di insegnamento e laboratori di ricerca avanzati, pensò che dovesse essere stimolante lavorare lì, inoltre i "colleghi" sembravano essere tutti cordiali, altri forse fin troppo:

"Hey bellezza sei nuova qui? Non mi sembra di averti mai visto" le disse un uomo poggiandosi sul bancone dove lei stessa stava scrivendo.

"Si, cioè no, sono qui solo di passaggio per una consulenza pediatrica" rispose la bionda.

"Ah sei la famosa chirurga che sta facendo impazzire tutta la pediatria per le sue consulenze magiche"

Arizona gli sorrise in segno di approvazione. Poi l'uomo continuò:

"Comunque io sono Mark Sloan, chirurgia plastica"

"Arizona Robbins, piacere" rispose educatamente

"Visto che sei nuova in città, che ne dici se andassimo a bere qualcosa così magari te la mostro un po'?"

Arizona lo guardò mentre la scrutava dalla testa ai piedi, era evidente che puntasse ad altro così cercò di rifiutare garbatamente:

"Ti ringrazio ma domani dovrei ripartire, voglio solo tornarmene a letto"

"Donna difficile" Ammiccò Mark.

"No, lesbica" ribatté Arizona senza pensarci, poi le scappò un sorriso "è stato un piacere conoscerti" disse mentre si allontanava da quella buffa scena per raggiungere il suo hotel.

Arizona si svegliò in perfetto orario grazie alla sveglia che aveva impostato per le 6. Questa volta voleva raggiungere la stazione in anticipo se mai avesse incontrato la sua bella sconosciuta. Si alzò entusiasta e con velocità si lavò, si vestì ed uscì per correre in stazione questa volta munita di ombrello.

Arrivò sulla panchina del secondo binario forse troppo in anticipo. Si sedette sulla stessa panchina della volta precedente e alzò lo sguardo verso la panchina, ora vuota, che aveva ospitato quel suo misterioso miracolo. Pensò che l'attesa potesse essere abbastanza lunga e l'ansia che magari non l'avrebbe incontrata iniziò a farsi sentire, così pensò di tirare fuori il libro che in quelle settimane stava leggendo, per distrarsi: "One day".

La sua lettura fu interrotta dal suono duro di un ombrello che era stato chiuso con forza. Sorrise quando alzando lo sguardo notò che quel trambusto proveniva dalla sua adorata latina.

Aveva posato le sue cose che sembravano bagnate, così come i suoi vestiti, sulla panchina mentre cercava di chiudere l'ombrello. Dopo aver portato a termine quella missione si sedette sulla panchina cercando di riscaldarsi con le mani, borbottando qualcosa di incomprensibile. Arizona non riuscì a trattenere una risata di fronte a quella piccola scenetta che le si era proposta.

La sua risata attirò l'attenzione della bruna su di lei e, quando i loro occhi si incontrarono, un brivido attraverso la schiena di Arizona. Può davvero farle questo effetto una perfetta sconosciuta? Pensò.

Dopo essersi fissate per un attimo che sembrava eterno, lo sguardo di Arizona si posò nuovamente sugli abiti bagnati della donna, soffermandosi sulle gambe perfettamente toniche. Dovette scuotere mentalmente la sua testa per scacciare i pensieri che stavano per nascere.

La latina accortasi forse del suo sguardo, afferrò il suo ombrello ormai rotto e fece spallucce come a voler far capire ad Arizona che purtroppo l'ombrello non aveva portato a termine il suo lavoro.

Arizona sorrise e in risposta afferrò il suo ombrello mostrandole che questa volta era venuta equipaggiata.

I loro sguardi tornarono a cercarsi distrattamente fin quando il segnale acustico non segnalò la fine di quel silenzioso incontro. Arizona si alzò pronta a salire sul suo treno ma prima che esso potesse interrompere i loro sguardi, la salutò timidamente con un cenno della mano e un sorriso che la bruna ben prestò ricambiò.

Salita sul treno non pensava ad altro che non fosse chiedere al proprio capo di poter fare un nuovo consulto a Seattle.

La coincidenza che aspettavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora