Eden

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Eden

(guarda)

Il serpente strisciava tra quell'erba soffice appena nata che gli solleticava leggermente le squame lucenti, nere come ossidiana con riflessi rosso rubino. Era un solletico piacevole, come una carezza che percorreva tutto il suo corpo possente e allungato, e lo faceva fremere di piacere.

Alzò la testa a forma di diamante per guardarsi meglio intorno: un giardino splendido, ricco di profumi, colori, probabilmente sapori. Assaggiò l'aria con la lingua, per trovare la traccia che cercava. Doveva salire sull'albero e aspettare. Aveva un compito molto importante, il PIU' importante: doveva far sì che gli abitanti di quel giardino disobbedissero a Lei, per poi disperdersi nel resto del mondo.

Ma nel frattempo doveva trovare l'albero.

Quando lo vide, finalmente, sotto di esso c'era un essere luminoso, seduto con la schiena appoggiata al tronco. Sembrava dormire.

Crawly – quello era il suo nome, in quel momento – lo guardò. Era un angelo.

Lo sapeva perchè ricordava ancora qualcosa della forma che aveva avuto prima di Cadere. C'era stato un tempo, forse eoni prima, in cui era stato anch'esso un angelo. Ricordava le ali candide e le vesti bianche, una cascata di riccioli rossi (così poco angelici, gli avevano detto) e gli occhi di un color nocciola purissimo.

Ora invece era un serpente. Splendido, sì. Possente, sicuramente. Ma il candore e la purezza erano lontani da lui migliaia di miglia.

Dunque, quell'angelo era un nemico. Era ovvio, così doveva essere, così era scritto.

Perchè lui, infido, si era ribellato mentre l'altro era rimasto fedele. Prima o poi avrebbero combattuto l'uno contro l'altro, nella battaglia finale.

Eppure Crawly non sentiva odio nei confronti di quell'essere addormentato. Non gli sembrava fosse pericoloso.

Si avvicinò silenzioso, per osservarlo meglio. D'altronde era appoggiato proprio sul SUO albero, quindi si sentiva in pieno diritto di andare a sloggiarlo, se solo ne avesse avuto voglia.

Quell'essere non gli sembrava particolarmente forte, nè prestante. Piuttosto era paffuto. Aveva la veste che si gonfiava leggermente all'altezza del ventre in una morbida curva. Le mani vi erano incrociate sopra, e affondavano leggermente, stropicciando un poco l'abito. Le guance erano appena cadenti, come se non fosse più esattamente nel fiore degli anni (strano poi, che avesse un corpo imperfetto). Le labbra però erano piene, con una marcata fossetta sul labbro superiore e i riccioli biondissimi sembravano soffici, impalpabili, più leggeri delle piume delle ali quasi. Si, perchè quell'angelo aveva le ali aperte, poggiate mollemente dietro di lui, che si aprivano ai due lati del tronco dell'albero di mele.

Per un attimo, Crawly si rammaricò di non potergli vedere gli occhi.

Tutto in quell'angelo emanava purezza, candore, benevolenza. Così tanta che il serpente avrebbe voluto sporcarla, perchè gli feriva quasi gli occhi e di certo il cuore. I demoni potevano avere un cuore? Non lo sapeva, ma la sensazione di struggente bellezza e abbandono che emanava dall'angelo assopito sembrava gli avesse colpito proprio quella zona dove sentiva il sangue scorrere più potente.

Quando lo vide iniziare a muoversi, si affrettò ad allontanarsi.

Non voleva che la sua missione fosse rovinata ancor prima che iniziasse.

Si nascose nell'erba più alta, in silenzio, pronto a scattare: d'altronde non poteva sapere se l'angelo fosse diverso da quello che si mostrava. Poteva essere aggressivo, violento, magari subdolo.

Crawly era acquattato nell'ombra, aspettando di poter occupare il posto che gli spettava sull'albero.

L'angelo si alzò, stiracchiandosi pigramente. Aveva gli occhi celesti, notò Crawly. Ovviamente, era un angelo, doveva per forza avere quegli occhi fastidiosamente gentili e innocenti.

Gli passò accanto, senza notarlo, e il demone lo spiò allontanarsi.

Camminava scalzo sull'erba, in silenzio, guardando con amore quello che aveva attorno.

Crawly serpeggiò verso l'albero e vi si arrampicò in silenzio, stringendo e allentando ritmicamente le sue spire. Da quella posizione, in mezzo alle foglie, riusciva ancora a vedere l'altro che camminava pigramente, probabilmente benedicendo questo o quel fiore.

Ridicolo, sibilò tra se e se.

Non si accorse che l'angelo si era voltato a guardarlo, quando era salito sul tronco, e che era rimasto per qualche attimo incantato a guardare le sue squame che luccicavano di nero e di rosso alla luce del sole.

Il senso della vita - Good Omens CollectionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora