Finally mine

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Casa

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Casa.
Voglio tornare a casa.
Tra le braccia di mia madre, che starà impazzendo per la mia assenza.
Eravamo solo io e lei, mio padre se ne è andato quando avevo sei anni, di lui ricordo solo i riccioli neri ed il sorriso candido che ti accecava.
"Papà salpa domani mattina" aveva detto, ricordo di esserci rimasta male perché il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno..
"E dove va?" le chiesi sperando fosse vicino..
"In un isola lontana, tesoro" ed era davvero lontana, infatti non è più tornato.

Ho le mani legate, non solo metaforicamente. Pan si è assicurato che la corda fosse ben stretta dato che, a detta sua, ne ho già combinate troppe. Come se fossimo in un gioco ed io fossi una bambina disobbediente che ha appena fatto una marachella.

Ridicolo, davvero.
Sono dei folli, ecco cosa sono. E non capisco cosa vogliano da me, dato che la mia migliore amica era sacrificabile.
È tutta colpa tua. Ha detto Pan, e così pensa anche la mia coscienza.
Ed è vero.
L'ho portata io qui Laila.
Sono scappata io.
E sempre io ho barato.
Non doveva morire lei, ma io.
Non mi ha lasciata neanche seppellirla, ma io ho giurato che l'avrei fatto e tornerò a darle una sepoltura, fosse l'ultima cosa che faccio.

Non so dove mi stiano portando. Non so perché respiro ancora. Non so perché sono qui. Non so niente. A parte il fatto che la mia migliore amica è appena morta ed io ho perso contro Peter Pan.
Stiamo attraversando la foresta, Pan è volato via, ha detto che dovevano portarmi all'accampamento e poi di darmi a Felix. Si, darmi, perché ormai sono un oggetto, o forse, appena messo piede su quest'isola lo ero già diventata.
Verde, vedo solo verde di varie gradazioni. Le lacrime mi hanno seccato gli occhi e riesco solamente a sbatterli per cercare di mettere a fuoco.

Mi hanno appena lanciata a terra.
Mentre cerco di rialzarmi mi blocco, riconoscendo gli stivali davanti a me.
Pan.
Lui si piega lentamente verso di me, raccogliendo la corda che lega ancora i miei polsi con tutta calma, conscio che tanto non potrei ribellarmi.
Con uno strattone mi tira verso di sé e la mia faccia va a cozzare duramente contro le sue ginocchia.

"Sparite." ordina agli sperduti che si dileguano in un attimo.

Si allontana di un passo, e mi guarda negli occhi mentre ritira la corda, scivolo in ginocchio davanti a lui, mordendomi il labbro inferiore per il dolore.

"Sai... la tua amica era esattamente nella stessa posizione quando tu eri nella tua ricerca inutile della libertà" mi sussurra.

"Fottiti." e accompagno queste parole ad uno sputo.

"Ci pensi tu?" sogghigna lui mentre rabbrividisco.
Si blocca per un secondo, rimanendo in silenzio posando lo sguardo su di me.

Ed è allora che decido di agire. Con una mossa fulminea, gli tiro un calcio e così molla la presa sulla corda. Sento un'imprecazione mentre mi accingo a scappare.

Ma dopo nemmeno tre passi sento una spinta che mi fa cadere a terra. Un ginocchio si posiziona sopra la mia schiena ed una mano mi scosta i capelli dal mio orecchio lentamente.

Cerco di spostarmi, ma Peter Pan mi ha immobilizzato.
Sento un respiro caldo sul mio orecchio e la sua voce si insinua insidiosa nella mia testa:

"Non provarci più, hai capito?
È finita, hai perso tutto: la tua libertà, la tua amica la tua famiglia. Non ti è rimasto più niente, sei una sperduta"

Una lacrima scende silenziosa dalla mia guancia sinistra, mentre la mia mente regista tristemente quelle parole.

Pan riprende la corda e si raddrizza in piedi.  Mi tira verso di sé e proclama con un sorrisetto:

"Ora sei mia. Finalmente mia." e nel mentre avvolge un braccio attorno alla mia vita e ci liberiamo in volo.

Buon anno gentee!!
Capitolo cortissimo ma è un intermezzo e quindi ecco!
Volevo postare perché siamo a quasi 10 000 visualizzazioni!
Grazie, Grazie, Grazie!!!
DOMANDE:
Vi piace la storia?

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