f i f t e e n

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I'm not here as charity.
My time worth money

Elena si trovava nel suo ufficio dello studio di Oxford Street, aveva appena preso un the con il socio che lo amministrava per tutto l'anno.

Poi aveva salutato i nuovi tirocinanti che provenivano dalle migliori università britanniche. Questo lo stranì parecchio perché alcuni di loro erano addirittura più vecchi di lei.

Certe volte si ritrovava a pensare alle parole di Hans.
Certe volte si sentiva talmente fortunata da non meritare lo studio e tutte responsabilità che ne derivavano.
Negli anni aveva dato prova a tutti gli scettici, che pensavano fosse solo l'ombra di suo nonno, che stava lavorando duramente per aprire nuove sedi staccate e come dicevano in molti "per apliare il suo impero".
Non la vedeva per niente così, anzi, si sentiva cinica e senza cuore.

In aggiunta i tabloid tedeschi continuavano a gettarle merda addosso per colpa del suo vice amministratore che se la faceva con tutte le segretarie e non si preoccupava di nasconderlo.
Avendolo licenzato, aveva dipinto Elena come quella frigida e fredda che si preoccupava solo di avere un buon nome e della sua integrità.

Qualsiasi cosa facesse non andava bene.
Sembrava debole se si mostrava in pubblico con qualcuno per troppo tempo, sembrava una zitella se era sola, sembrava una puttana se si mostrava ogni volta con un compagno diverso ogni volta.

Salutó il detective Specter che si trovava all'ingresso del carcere con una guardia e poi venne scortata da Andrea.
-posso chiedere perché non si trova nella stessa stanza dell'altra volta?- domandó al poliziotto che le faceva strada.
-il suo cliente sta combinando parecchi casini qui dentro ed è per questo che si trova in isolamento-

Elena non disse altro. Avrebbe voluto solo spaccargli la faccia a pugni.
Passarono per uno spazio comune e un corridoio di celle.
Sentiva i detenuti fare apprezzamenti poco delicati su di lei, altri addirittura la insultavano.
Questo era un altro motivo per cui non accettava casi  penali: odiava le prigioni.

La porta di metallo della stanzetta di Andrea si aprì a fatica e con un cigolio trionfante si chiuse dietro di lei.
Lui era già seduto svaccato sulla sedia, le gambe erano allungate fin sotto al tavolo, le braccia conserte ed il volto tumefatto.

Elena si precipitò Andrea a controllare come stesse.
Lo sguardo apprensivo esaminó ogni singola ferita ed ogni singolo ematoma.
-chi ti ha ridotto così?- chiese preoccupata.
-non preoccuparti, lentiggine, sto bene- si schiarì la voce non essendo più abituato alla presenza della bionda così vicino a lui.
-sì, scusa- si ricompose sistemandosi le pieghe della gonna.

-che è successo?- chiese dopo un lunghissimo ed imbarazzantissimo silenzio.
-dovevo trovare un modo per farmi rispettare qui dentro, sono pur sempre novellino. Così ho risposto ai pugni di un coglione di un'altra gang-
-ma...-
-ma, niente. Sono finito qui per questo-

Stava mentendo.

-Cristo Santo, Andrea, saresti potuto morire!- esclamó arrabbiata.
-ti sei davvero preoccupata per me, lentiggine?- alzó un sopracciglio.
-certamente-

-ho pensato davvero tanto al tuo caso in questi ultimi giorni. Non sarà per niente facile, dovremo procedere con i piedi di piombo-
-io ho pensato fin troppo a te negli ultimi sei anni, vedi un po'- disse acido.
-Andrea...-
La sua voce voleva essere ferma e decisa, ma uscì soltanto un lamento flebile.

-sai, ti stanno bene i capelli più corti. Sembri più matura-
-anche dal modo di vestirti o di porti. Sembra che siano trascorsi secoli-

-e dunque dimmi, sei andata avanti? Mi hai dimenticato?- chiese lui.
-non vedo come possano essere affari tuoi e vedi di iniziare a portarmi un po' di rispetto. Non sono qui per fare beneficenza: il mio tempo costa, intesi?-
-tu rispondimi-
-no, Andrea, per quanto mi sia impegnata non ci sono mai riuscita-

-bene- disse soltanto.
-bene? Tutto qui?-
-bene perché questo dimostra che sei stata una stupida ad avermi mollato, ma io soprattutto per aver lasciato Samantha per mettermi di nuovo con te. Anzi, forse dovresti toglierti dal caso, se vedermi ti crea così tanto scompenso emotivo-

Andrea osservó i suoi occhi diventare lucidi e appena  rossi.
L'aveva ferita e ne era ben consapevole.

-se è quello che pensi, non posso farci niente se non dirti non è di certo così che sono andate le cose. In ogni caso io non posso abbandonarti e non lo dico per te, ma per il futuro dei miei studi- tiró su con il naso per ricacciare dentro le lacrime.

-adesso devo andarmene. Ho un aereo da prendere- chiuse con un tonfo la sua agenda. 
-che significa?-
-significa che non sei al centro dell'universo e oltre a te ho altri casi e quattro studi da gestire. Ci vediamo tra due settimane- si alzó e bussó con le nocche sulla porta in metallo.

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