f o u r t e e n

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Orange doesn't match with you

Le tremavano le mani dall'ansia.

Andrea.

Quella era l'unica parola che le frullava per la testa nel momento in cui il detective aprì la porta della stanza.

Non amava molto i casi penali, per questo motivo si era specializzata in casi che riguardavano grandi multinazionali, fusioni e frodi.
Nei casi penali era la vita delle persone ad essere in giudizio e non poteva commettere il minimo errore; lavorando con le aziende internazionali, in caso di sbaglio, danneggiava solo un'elitè richissima.

Il cuore le palpitava forte nel petto e a dire il vero non sapeva se stava facendo la cosa giusta.

-buona fortuna con lui. Un agente starà qui di sorveglianza in caso voglia uscire- disse Specter andandosene.

La porta si chiuse con un tonfo dietro di lei, tanto che la fece sussultare.
Prese posto sulla sedia scomoda di metallo e legno sgangerato che probabilmente le avrebbe rovinato i collant.

Fissó Andrea davanti a sè, che a sua volta la fissava in silenzio.
Rimasero in quella posizione una buona ventina di minuti.

Lui indossava la tuta arancione della prigione ed aveva una cicatrice sulla guancia non molto evidente, ma se si osservava bene, era visibile.
Lo sguardo era diventato più severo ed indagatore, come se la galera lo avesse reso più cattivo.

-l'arancio non ti dona per niente- disse alzando un sopracciglio dopo aver incrociato le braccia al seno.
-tutto qui? Dopo sei fottuti anni mi dici solo questo?- chiese e piazzó sul volto quel suo dannato sorrisetto malizioso.
-oh ne avrei di cose da dirti, ma sono principalmente insulti. Peró sono una persona professionale e li tengo per me- rispose ironica.

-e a proposito di "professionale", perché hai chiesto a me?- si sporse in avanti appoggiando i gomiti sul tavolo in metallo.
Rabbrividì al contatto del ferro freddo con gli avambracci lasciati nudi dalla camicetta rosa.

Quella mattina era vestita di tutto punto con, appunto quella blusa chiara infilata in una gonna a tubino in fantasia principe di Galles, perché non riusciva a dormire e si era svegliata talmente presto che aveva avuto il tempo di fare colazione con calma.

-mettiamola così, so quanto ti faceva bene prendere un caso penale ogni tanto per poi poter apprezzare i tuoi cari reati finanziari e fiscali-
-la verità, Adrea. Sono il tuo avvocato- sospiró.

-come va la gestione du...no, tre studi in tutta Europa?- disse cambiando totalmente argomento.
-nel frattempo sono diventati quattro. Comunque non bene, anzi. Adesso rispondimi-

-tu mi hai detto che avrei sempre contare su di te, non sapevo a chi cazzo rivolgermi-
-ti avevo anche detto che ne stavi abusando e come posso vedere, ho ragione...Cristo, dopo sei anni-
-se sei così disgustata, togliti dal caso. Non mi importa un cazzo di te- parló inespressivo dopo aver incrociato le braccia.

Volle piangere.
Certo, lo aveva lasciato non nel migliore dei modi, ma la stava ferendo gravemente.

-vorrei tanto, ma lo studio non può rifiutare un caso pro bono. Soprattutto dopo lo scandalo del mio vice con la sua segretaria. Quindi, iniziamo-

-ho dato un'occhiata al tuo fascicolo...roba seria: omicidio colposo. Veniamo ai fatti, l'hai davvero ucciso tu? Questo tizio, Juan Ortega-
-perché me lo chiedi? Mi raccontavi sempre che non ti interessava che le persone fossero innocenti, tu combattevi per loro fino alla fine-
-lo dico solo per i processi finanziari, perché non muore nessuno se una società farmaceutica dichiara bancarotta. Poi conosco fin troppo bene il tuo passato, quindi capirai la mia grande diffidenza nel rimanere indifferente. Te lo devo chiedere di nuovo o vuoi rispondermi?-

-no, non ho ammazzato quel coglione ispanico. L'idea mi allettava, ma era mio amico anche se Ortega mi doveva tre milioni-

Elena sgranó gli occhi, non credeva che gli affare di Andrea si fossero ingranditi così tanto da quando andavano all'università e spacciava dentro al campus.

-perché ti doveva questi tre milioni?- disse mentre prendeva appunti su un bloc-notes.
-lavorava per me: gestiva il carico e lo scarico della cocaina dalla Colombia nel porto giù a Dover. A dicembre di quest'anno è stato smarrito un presunto container, ma la roba è finita lo stesso sul mercato anche se non gestita dalla mia banda. Era lui che la vendeva senza che noi ne sapessimo niente, fino a quando non lo abbiamo scoperto e l'ho messo davanti ad un bivio: ripagarmi o andarsene il più lontano possibile o lo avrei ucciso con le mie mani e in quel caso la nostra amicizia non avrebbe valso-

-Andrea...- gemette sofferente.
-che c'è? Ti ho detto la verità-
-ed io lo apprezzo ma questo non migliora per niente la tua posizione-

-so chi l'ha ucciso. È stato McLaren- disse ad un certo punto.
-ne sei davvero sicuro? Questa è un'accusa davvero forte e non posso andare davanti ad una giuria ad accusare persone innocenti-
-sappiamo benissimo entrambi che non è un'anima candida e che ha le mani più sporche di sangue delle mie-
-vedró di investigare, ma non ti assicuro niente-

-senti, non è stata ancora fissata un'udienza, ma lo sará a breve. Quindi quando torneró dovrai cantare come un usignolo. Intensi?- disse pigiando la fine della penna sulla superficie del tavolo per spegnerla.
-quando torni?- chiese.
-dopodomani. Prima devo passare per lo studio per risolvere delle questioni-

-va bene-
-vedi non finire in isolamento o combinare casini con gli altri detenuti. Perché giuro su Dio che ti me ne vado abbandonandoti nel mezzo del processo-
-ok-

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