Capitolo 4: Vieri e Giacinto

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Iniziai a percepire quell'onda distruttrice che si stava propagando. Mi precipitai verso il luogo in cui sentivo quella forza devastante. Raggiunsi il foro italico, erano in bella vista nello spiazzo, ma le uniche persone che si incontravano sovente in quel luogo a quest'ora, erano donne di facili costumi.
I malfattori, avevano il volto coperto da delle maschere del carnevale di Venezia, ma indossando comunque la divisa.
Che mossa poco ponderata, che senso poteva mai avere?

Nel caso in cui ci fossero state delle indagini, si sarebbe subito pensato a qualcuno della polizia e di lì a poco, sarebbero stati smascherati pubblicamente.

Erano circondati da cadeveri di povere donne abusate, tanto mi disgustai che mi venne un groppo in gola. Quelle povere membra martoriate da costanti patimenti in vita e anche dopo la morte. Alcuni erano stati fatti a pezzi, erano a brandelli.

Una grossa risata deviata si erse quella notte, e dopo essa un grido di terrore rotto e smussato ne faceva eco, come testimonianza della disumanità che oramai aveva preso possesso di quelle persone prive di cuore ed empatia.

Forse erano più umani di chiunque altro. Non è una caratteristica primordiale dell'uomo ergersi sugli indifesi? Comandare sui più deboli schiacciandoli con il loro potere soverchiante?

Non era mio compito giudicare, ma almeno comprendere se essi potevano tornare utili. Mi avvicinai, il tempo stava rallentando, insieme al mio cuore, non era né paura nè rabbia, ma assennatezza, non c'era bisogno di perdere il controllo, anche perché non ne avevo l'impellenza.

A quattro metri da loro, essi si girarono nella mia direzione, Giacinto spaventato mi lancia una palla di fuoco, molto lenta, che schivai tranquillamente.

"Sei davvero un imbecille, non vedi che è come noi?" disse Vieri avvicinandosi circospetto. Credeva che ci fosse qualcun'altro lì con me, un tipo cauto e previdente, avrà di certo un acume spiccato.

"Ahahahahah ti chiedo scusa compà, però uno che viene silenziosamente di notte non è che fa un bel effetto" rivolgendosi a me con fare amichevole (evidentemente avrà ancora paura per il mio aspetto) .

Vieri aggiunse: "sai come hai ottenuto quei poteri e quelle sembianze?".

"Ve lo stavo per chiedere io. È stato strano risvegliarsi nel pieno della notte tramutato in questo mostro, mi dispiace avervi spaventati".

I due si guardarano fissi negli occhi come se parlassero telepaticamente e poi si girarono di nuovo verso di me.

Vieri pacatamente mi chiede: "Tranquillo ragazzo, come ti chiami?" (Com'è riuscito a capire che fossi un ragazzino rispetto a loro?
Con il mio aspetto attuale sarò alto almeno 1,90 m, senza contare il fatto che avessi l'intero volto ricoperto da un leggero strato di ombretto nero, apparentemente ombretto, mi ha dato solo uno sguardo per scrutarmi da cima a fondo, incredibile)

Io stupito gli risposi: "Adrasto".
"Uuuh, I tuoi dovranno per forza essere dei classicisti. E dimmi un po', sei il figlio di Sergio il nostro collega, vero?"
Io non feci neanche in tempo a prender fiato che lui ebbe la risposta.

"È per forza così, non è un nome così comune, eppure tu per un attimo hai sussultato quindi ci ho preso, questa non è deduzione ma semplice fortuna, ciononostante va bene così".

"Sei sempre fortissimo Vieri, io non ci sarei mai arrivato, l'appellativo di detective ti calza perfettamente", il pelato continuò applaudendo rumorosamente.

"Grazie grazie, ma ora c'è altro che vorrei sapere, che sei venuto a fare qui? Tu ci conosci e sapevi che avevamo questi poteri, perché sennò ti saresti stupito al sentire il mio nome da Giacinto, cos'è che ci nascondi? I tipi silenziosi nascondono sempre qualcosa".

L'eroe deviato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora