Capitolo 4 - Un posto sicuro - (revisionato)

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Capitolo 4

Mi guardai intorno, con il cuore che batteva tanto forte da credere che potesse balzare fuori dal petto da un momento all'altro. Era pomeriggio, eppure la camera era immersa nel buio.
Accesi la luce il più in fretta possibile, ma tutto quello che vidi fu una stanza vuota, così come l'avevo lasciata poco prima. Nessuna figura nell'angolo, nessun serial–killer dalla maschera di plastica, pronto ad uccidermi con il suo coltello da macellaio. L'unico nuovo dettaglio, che balenò davanti ai miei occhi, era la tenda leggermente scostata. Ondeggiava lentamente, a causa della brezza serale. Ero stato io a lasciare la finestra aperta?
Mi avvicinai a passo lento.
La cosa migliore sarebbe stata chiuderla, ed assicurarmi di essere al sicuro.
Ma se invece ci fosse stato qualcuno ad aspettarmi dietro al tessuto spesso di quella tenda?
Forse sarebbe stato più logico chiamare Sirius.
Sì, sarebbe stata la cosa più sicura da fare.
Dovevo chiamare Sirius. Chiamare Sirius.
Il mio cervello ripeté quelle stesse parole, come una preghiera, ma la mia mano era già appoggiata sul lembo del drappo, animata da un coraggio che in realtà non possedevo.
Trattenni il fiato.
Il bagliore dei lampioni illuminava la strada principale, costeggiata di macchine.
Non c'era nessuno.
Ritornai a respirare normalmente.
Cosa diavolo era appena successo?
Chiusi con uno scatto il vetro della finestra, e guardando un'ultima volta fuori, mi allontanai.
Il cellulare era ancora a terra, lo presi e sbloccai lo schermo con le mani tremanti.
Nessun messaggio minatorio.
Cercai di far rallentare il mio battito, ripetendomi di stare calmo, poi mi catapultai nel mio armadio e afferrai la mia giacca di pelle. Dovevo uscire da quella casa.
Oppure era esattamente quello che non avrei dovuto fare?
Sarebbe stato saggio andarmene in giro da solo, in quella situazione?
Il mio corpo si stava già muovendo.
Presi le chiavi di riserva e le misi in tasta, stringendomi nella giacca quando il freddo pungente arrivò a sfiorarmi il viso.
La testa scattò da una parte, poi dall'altra.
Chiunque fosse entrato nella mia stanza, adesso era già lontano.
Presi il telefono e chiamai il primo numero in rubrica, rilassandomi quando sentii che squillava.
Uno squillo. Due squilli.
– Avanti rispondi. – Cominciai a camminare, dirigendomi fuori dal quartiere.
Un altro squillo.
– Harry? Amico, stai bene? – La voce calda di Ron mi fece tirare un mezzo sospiro di sollievo.
– Ron. Ehi, so che è un po' improvviso, ma potresti passarmi a prendere? –
– Passarti a prendere? Dove? Non sei a casa? È successo qualcosa? –
– Calmati. Ti spiegherò tutto non appena sarai qui. – Affrettai il passo. – Sono alla cabina telefonica dopo Grimmauld place. – Lo sentii sospirare.
– Sto arrivando. –

I dieci minuti che seguirono furono i più veloci e allo stesso tempo i più lenti della mia vita.
Passai in rassegna ogni auto ed ogni passante, con la paura che una volta o l'altra qualcuno avrebbe accostato, per prendermi con la forza.
Persino quando riconobbi la macchina vecchia e rumorosa del mio migliore amico, trattenni brevemente il fiato, facendo un brusco passo indietro.
Ron costeggiò, e scese dalla macchina, raggiungendomi, solo per afferrarmi per la manica.
– Stai bene? Sirius ti ha fatto qualcosa? – Mi analizzò, scettico.
– Sirius? Sei pazzo? Non mi farebbe mai del male. – Lo spintonai, cercando di non essere brusco.
– Sto bene. Avevo solo bisogno di un passaggio. – Mentii. Raccontargli della voce che avevo sentito era da escludere. Ron di certo non se lo sarebbe fatto scivolare addosso.
– Un passaggio? Sul serio, Harry? Non rispondi al telefono da questa mattina. Sei sparito da scuola e... – Lo bloccai.
– Sono stato in infermeria. –
– Infermeria? E perché non lo hai detto? Ginny era preoccupata per te. –
Era arrabbiato, glielo leggevo negli occhi. Io, invece, ero soltanto infastidito dalla sua ostinata preoccupazione. Non trovavo nulla di confortante nel suo interesse.
– Ginny è sempre preoccupata per me. – Mi strinsi nelle spalle.
– Sei un coglione. – Commentò, poi scuotendo la testa, tornò alla macchina. – Sali. – Era arrabbiato. Ma almeno sarebbe rimasto con me. Sospirai e lo seguii.
L'abitacolo era caldo ed accogliente, e il profumo fresco della menta aleggiava nell'aria.
Era il preferito di Hermione.
– Sei sicuro di esserti ripreso? Sei cadaverico. – Ron mise in moto, lanciandomi un'occhiata veloce, prima di concentrarsi sulla strada.
– Sto bene. Davvero. –
– D'accordo. Non ne vuoi parlare. Ho capito. – Rimase qualche minuto in silenzio, poi mi guardò. –Allora, dove vuoi che ti accompagni? –
– A scuola. –
– A scuola? Ma se non vuoi andarci neppure quando devi... –
– Non voglio andare a scuola, infatti. Devi solo seguire quella strada. –
– Vuoi continuare ad essere così enigmatico o vuoi dirmi dove cazzo andiamo? –
Respirai a fondo, cercando di calmarmi. La paura era stata sostituita dalla rabbia.
Eppure il suo aiuto mi serviva. Ed anche la sua compagnia... per quanto io non la desiderassi.
– Voglio soltanto andare a bere qualcosa, Ron. E lì c'è un locale che mi hanno consigliato. Perchè sei così preoccupato? –
– Me lo stai domandando davvero? – Sbuffò indispettito. – Capisco che la tua vita non sia il massimo in questo periodo, ma non sembri neppure più tu. Non mi parli. Non mi ascolti... certe volte mi chiedo se per te siamo ancora amici. – Si fermò ad un semaforo.
Tempismo di merda. I suoi occhi bruciavano sulla mia pelle, come lava infuocata.
– Smettila di dire stronzate. E' ovvio che siamo ancora amici. –
– Allora parlami. Dimmi come cazzo posso aiutarti? – Perché tutti erano convinti di poterlo fare?
– Vuoi aiutarmi? – Annuì.
– Allora comincia bevendo con me, questa sera. – Alzò un sopracciglio. – Vuoi che mi apra con te, no? Almeno offrimi da bere. – Precisai.
– Sei davvero un coglione. – Il semaforo si fece verde.

Together alone || Drarry (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora