Capitolo 29

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Due giorni dopo, quando siamo a San Francisco, Brendon si decide a bussare alla porta della mia camera. Il che è ironico, dato che domani nostra madre verrà qui e passeremo il resto dell'estate insieme. Sembra quasi che voglia parlarmi solo per non insospettire la mamma.

«Brendon, che piacevole sorpresa.» Affermo ironica appena i miei occhi incontrano i suoi. Non ho intenzione di fare come all'inizio: tuffarmi tra le sue braccia e perdonarlo per tutto. O ha una buona motivazione o può girare anche alla larga da me.
«Posso entrare un attimo?» Si gratta la nuca: lo fa ogni volta che è nervoso. «Devo parlarti di alcune cose.»

Non dico niente, lo faccio semplicemente passare. Lui entra e chiude la porta dietro di sé. Spero che Shawn non abbia lasciato qui niente. Ha passato la notte qui e stamattina non voleva neanche andarsene, sono stata io a cacciarlo per paura che qualcuno lo avesse trovato da me. E meno male che l'ho fatto: mi immagino già Shawn nascosto in bagno mentre Brendon è qui.

«Dimmi pure.» Io mi siedo a gambe incrociate sul letto e Brendon sulla sedia della scrivania, in modo da guardarci negli occhi e stare difronte.

Aspetto e aspetto, ma Brendon non si decide a parlare. Si tortura le mani, cercando di strappare via le pellicine. Si decide a parlare solo quando lo guardo male. «Mi dispiace, Zoe. Sono proprio uno stronzo.»

Non so se essere d'accordo o meno, così sto zitta. «Lui mi aveva contattato qualche settimana fa per dirmelo. Non so come ha trovato la mia e-mail, fatto sta che me l'aveva detto. Ma non immaginavo che Taylor lo dicesse o che lui fosse alla festa.»

Chiudo per un secondo gli occhi, reprimendo l'istinto che mi spinge a chiedere se ha domandato di me. Se gli importa sul serio. A me, quello che pensa lui, non deve fregare di meno. «Se non lo scoprivo l'altra sera, non me l'avresti detto?»

Lui annuisce piano. «Lo volevo dire anche la mamma. Vi avrei preso da parte tra qualche giorno e ve l'avrei detto. Ho pensato che insieme avreste retto meglio il dolore. Zoe, mi dispiace. Mi dispiace anche averti evitato. Ma pensavo che tu volessi del tempo per te stessa.»

Faccio segno di sì con la testa. In realtà non è vero, ma mio fratello sembra onesto, e quindi non voglio farlo sentire ancora più male di quanto già non stia. «Grazie del pensiero, Brendon.»

Lui serra per qualche secondo le labbra. «Ho una sorpresa per te. Vieni?» Si alza dalla sedia e mi porge la mano. L'afferro, anche se titubante.

Non ho idea di dove stiamo andando. Brendon chiama un taxi e una volta saliti dice un indirizzo che non conosco. Non faccio domande, perché so già la sua risposta. Se te lo dico che sorpresa è?

Rimango di sasso quando scendiamo. Siamo lontani dal centro di San Francisco. Si vedono gli edifici qui in lontananza e non ho idea di che cosa stia pensando Brendon. Forse vuole uccidermi e qui nasconderà il mio cadavere.

«Chiudi gli occhi, sorellina.» Lui mi prende per le spalle e mi conduce. È da così tanto che non mi chiama sorellina che mi fido senza neanche pensarci due volte. Non mi ucciderà se mi chiama così.
Spero.

Camminiamo per circa dieci minuti. Conto i minuti nella mia testa, mentre Brendon borbotta ogni tanto le indicazioni, probabilmente ragionando a voce alta su dove dobbiamo andare.

«Adesso aprili.» Mi sussurra all'orecchio e quando lo faccio, i miei occhi si riempiono di lacrime.
Siamo ad un campo di motocross. E all'entrata ci sono Alessia, Aaliyah, Shawn, Barbara, Julian e la band di Mendes.

Mi porto le mani sulla faccia per non far vedere che sto piangendo. È da anni che non vengo in un posto del genere.
Da quando papà se ne è andato.

«Eri felice sulla moto, Zoe.» Mormora Brendon, stringendomi a sé. «Io non ho rinunciato alla fotografia e non dovresti rinunciare neanche tu alla motocross per uno stronzo che non ci merita.»

Sposto le mani e vedo che tutti mi sorridono. Brendon compreso. «Va'. Corri.»

Gli faccio un sorriso a trentadue denti. Mio fratello a ragione: non dovrei rinunciare a ciò che amo fare soltanto perché mi ricorda che non sono abbastanza per mio padre. E poi, se vado adesso, avrò nuovi ricordi alla motocross. Legati allo Shawn Mendes Tour. Ed è perfetto così.

Brendon parla con il proprietario del campo di allenamento. Mentre osservo con gli occhi a cuoricino il percorso, Shawn mi lascia un veloce bacio sulle labbra, controllando prima che nessuno ci veda. «Per favore, fai attenzione.»

Mi giro a guardarlo, sorridendo leggermente. Mi sento la settimo cielo, come se fossi una bambina alla vigilia di Natale mentre aspetta i suoi regali. «Ovviamendes, Shawn.»

Lui ride e Brendon ci chiama. O meglio, chiama me. Vicino a lui c'è una moto da cross, tutta rossa con alcune parti nere. «È la più simile alla tua che ho trovato.» Mi dice quando sono abbastanza vicino per sentirlo. Gli sciocco un bacio sulla guancia, poi metto le dovute precauzioni e salgo in sella.

Accelero prima senza muovermi, solo per ricordarmi che effetto fa. «Fai attenzione.» Ripete Alessia, proprio come Shawn. Annuisco. Non posso credere che sono tutti spaventati all'idea del motocross, quando per me è la cosa più normale al mondo.

Parto veloce appena il proprietario mi dà l'okay. Vado veloce, faccio le curve strette proprio come facevo con mio padre. Sembra che non abbia mai smesso in vita mia.

I ragazzi mi acclamano, sento le loro urla, e rido mentre faccio un salto con la moto. Non riesco proprio a levarmi il sorriso.

Ma poi al terzo o quarto giro, mi torna in mente la mia prima gara. Rivedo una Zoe di quindici anni nervosa e suo padre che cerca di calmarla. Lo rivedo in prima fila con la maglietta fatta apposta per l'occasione con scritto "vai Zoe!" e il cappellino da football. Sorridente, esultante.

Quando faccio il salto sono sopraffatta dai ricordi e mi metto in una posizione sbagliata. Avviene tutto in pochi secondi. Perdo l'equilibrio e cado, una parte della moto atterra sul mio stomaco. Qualcuno grida, ma sono troppo stordita per capire chi è.
Chiudo gli occhi e, nonostante ci provi, non riesco più a riaprili.

I hadn't planned to fall in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora