Capitolo VI: Daydreaming: That Home

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Atlas Hands
Capitolo VI: Daydreaming: That Home


'Oh, now look to the east,
great mountains, remember me.
Oh, I wound around you for miles,
I sat down right there and stretched my bones.
And oh, if you knew what it meant to me,
you would see, too.
Oh, the unspeakable things.
It's land I can see for miles,
with only the wind whispering.'
(Daydreaming - Dark Dark Dark)


24 marzo 2013

“Così tu sei il ragazzo che ha provato a suicidarsi?”
Louis si blocca, mentre sta camminando verso Harry, e cerca di bruciare Niall con il suo sguardo.
“Dio, Niall, non puoi chiedere alle persone se-” inizia Liam, ma Harry lo ferma subito.
“No, Li, tranquillo.” Poi, rivolgendosi a Niall: “Sì, sono io. E tu devi essere Niall.”
Niall sorride, e gli porge una mano. “Piacere. Sono mesi – mesi – che chiedo a Louis di farci conoscere.”
“Beh, non me l'ha mai detto.” risponde Harry, stringendo la sua mano. “Piacere mio, comunque.”
“Certo che non te l'ha detto. Ti vuole tenere tutto per sé.”
Harry all'improvviso stringe le braccia intorno a Louis, protettivamente, e sussurra: “Il mio tessssoro.”
Niall ride, e Louis sente Harry sorridere sul suo collo. “Mi piace. Te lo puoi tenere, Louis.”
Louis si volta tra le braccia di Harry, e accarezza il suo viso mentre dice: “Avevo già intenzione di tenermelo.”
Si stanno per baciare, quando Niall inizia a imitare dei conati di vomito, e Harry ride e Louis è felice. È felice.

La serata passa così, in tranquillità. Harry sembra incastrarsi perfettamente nel loro gruppo, come la ciliegina sulla torta, e Louis ride come non faceva da tempo. Ride, perché i suoi amici sembrano accettare Harry – tranne per Zayn, che continua a lanciargli occhiate diffidenti -, ride perché Harry prepara la cena e, per una volta tanto, non ha bisogno di mangiare cibo spazzatura o ordinare take away; ride perché ha la possibilità di vedere un altro Harry Styles, quello che attira tutta l'attenzione su di sé senza neanche sforzarsi e che riesce ad affascinare tutti con le sue parole studiate e lente e le sue battute taglienti – anche Zayn, che ogni tanto ride alle sue parole.
Louis sorride, mentre prepara i piatti in cucina e guarda Harry – guarda sempre Harry – che gioca a Fifa contro Niall.
“E' bello vederlo così, vero?”
Louis sobbalza e lascia quasi cadere un piatto a terra. “Liam, cazzo, avverti prima di -”
“Guardalo, Louis.” dice, ignorandolo completamente, mentre fissa un Harry sorridente e quasi libero da tutta quella tristezza soffocante. “Lo vedi? Questo è l'Harry che conosco io.”
“Liam-”
“Harry è sempre stato l'anima della festa, ha sempre incantato tutti. Aveva tantissimi amici, era bravo a scuola, aveva sempre il sorriso sulle labbra. Come ora.”
Louis vorrebbe chiedere cosa è cambiato, cosa l'ha trasformato, ma resta in silenzio. Non è compito di Liam rispondere alle sue domande.
Così torna a guardare Harry, e restano in silenzio.
Louis quasi non sente, quando Liam dice: “Grazie.”

“Allora, Louis.”
Liam sta arrotolando alcuni spaghetti intorno alla forchetta, mentre si rivolge a Louis. “Ho sentito che scrivi. E bene, anche.”
Louis quasi soffoca intorno al suo boccone di pasta. Cerca di mandare giù, anche se all'improvviso gli si è chiuso lo stomaco.
Harry lo precede, e appoggia una mano sul suo braccio. “Non sapevo che Lou-Lou scrivesse.”
Infatti non lo dovevi sapere, vorrebbe dire Louis, e invece si volta verso Zayn e cerca di aprirgli un buco in fronte con il suo sguardo. “Zayn.”
Il ragazzo spalanca gli occhi, con fare innocente: “Che c'è? È vero.”
“Non hai mai letto nulla di mio. Per quello che ne sai, potrei scrivere malissimo.”
“Scommetto che non è vero.” dice Harry. “E' impossibile che tu scriva male, Lou.”
“Abbiamo anche provato a farlo partecipare ad un concorso di scrittura,” aggiunge Niall, a bocca piena, “Ma non vuole.”
Zayn annuisce, e dice: “Secondo me ha paura.”
“Secondo me dovreste farvi i cazzi vostri, sinceramente.” dice Louis, un po' più duro di quanto volesse.
“Lou, mi aiuti un attimo in cucina?” dice all'improvviso Harry, alzandosi dal tavolo e lanciando un'occhiata significativa a Louis.
Louis sospira, e si alza a sua volta. “Certo.”

“Lou, perché non mi hai mai detto che scrivi?”
Harry è appoggiato al piano della cucina, e parla piano, per non farsi sentire dagli altri.
“Perché non è importante. Harry, davvero, non è niente.”
Harry ha uno sguardo vivo, mentre dice: “Bene, allora posso leggere quello che scrivi, giusto? A te non importa, tanto.”
Senza accorgesene, Louis si è avvicinato a lui e gli ha afferrato un polso. “No. Non puoi leggere.”
Non puoi leggere, Harry. Capiresti che idiota e che illuso sono, da quelle parole.
“Sono cazzate, Harry. Non ne vale la pena.”
Harry quasi ride, prima di sussurrare al suo orecchio: “Ok, allora facciamo così. Se tu partecipi al corso, io inizierò a cercare seriamente un'università.”
Louis lo guarda negli occhi, studiandolo, e cercando di decidere, perché non vuole fare la figura dell'idiota al concorso, ma desidera con tutto sé stesso che Harry trovi quello che sta cercando. E Louis sa cosa sta cercando: un futuro, uno scopo, qualcosa che lo renda felice.
Louis sospira piano, mentre dice: “Ok, ci sto.”

Louis sta per addormentarsi, quando sente Zayn iniziare a parlare.
“Harry, dobbiamo parlare.”
Louis percepisce i muscoli delle gambe di Harry sotto la sua testa muoversi, come un tic nervoso.
“Sì, immaginavo.” risponde, con un tono di rassegnazione nella voce.
“Vedi, fino ad oggi non capivo perché Liam ci tenesse tanto a te. Non capivo perché continuare a combattere per te, continuare a starti vicino, nonostante la frustrazione e il dolore, tutte le volte che qualcosa non va in te. Ma oggi - non ti avevo mai visto così... Vivo.” sussurra Zayn, abbastanza forte da farsi sentire sopra il rumore costante della tv.
“Penso di aver trovato qualcosa per cui vivere.” sussurra Harry, e Louis non è sicuro che Zayn l'abbia sentito, e dentro sta esplodendo ma si sforza di rimanere immobile.
“Ora capisco Liam, Harry, ma continuo a non capire Louis. Ecco, Liam ti conosceva prima di tutto questo, ma Louis?” continua, senza cattiveria nella voce, ma pura curiosità.
Harry resta un momento in silenzio, e inizia ad accarezzare i capelli fini di Louis. “E' la stessa domanda che mi pongo tutti i giorni. Tutti i giorni, Zayn, e non ho ancora trovato una risposta.”
Zayn sospira, e Louis riesce quasi ad immaginarselo, con gli occhi chiusi e il suo volto marmoreo, senza espressione.
“Va bene, Harry. Per favore, cerca di stare bene, sia per Liam che per Louis. Ma soprattutto, non farlo soffrire. Non farlo, Harry. Non ti perdonerò, e sicuramente neanche Louis lo farà.”
Louis riesce a sentire il sospiro di Harry come se fosse il suo, mentre dice: “Non ne ho intenzione.”

Quando tutti se ne sono andati, sono ormai le tre di notte.
Louis entra in cucina, e trova Harry steso a terra, con un sorriso esausto sul volto.
Louis si stende al suo fianco, e apre le braccia come un invito, che Harry accetta subito, e si rannicchia contro di lui, sospirando.
“E' stato un successo.”
Harry ride piano, e scuote il capo. “Non direi un successo, ma poteva andare peggio.”
Louis allontana il viso per guardarlo negli occhi, con un'espressione scandalizzata. “Poteva andare peggio? Credo che inizierò a chiamarti Dr. Stranamore.”
Harry lo guarda con un sorriso sul volto, una fossetta più profonda dell'altra, e dice: “Dimmi che non hai appena citato Grey's Anatomy.”
Louis ride e lo stringe ancora di più a sé. “Ho quattro sorelle e una mamma. Sono sempre stato in minoranza nella lotta per il telecomando della tv. Qual'è la tua scusa, Styles?”
Harry scuote leggermente le spalle. “Ero innamorato di George. Poi è morto, quindi.”
“Di George.”
“Di George.” conferma Harry, annuendo.
“Che gusti di merda.”
“Che vuoi farci, ho sempre avuto un debole per i teneroni.” risponde Harry, con un sorriso sul viso.
“Styles, mi stai dando del tenerone? Ti ricordo della minaccia di Zayn. Io starei attento ad usare queste parole in mio cospetto.”
Harry scatta a sedere, un'espressione scandalizzata sul viso. “Eri sveglio, brutta merda?”
“Ovvio che sì. Attento con gli insulti, Styles, che rischi le botte.”
Harry ride e blocca le braccia di Louis sopra alla sua testa, stendendosi sul suo corpo. “Sei un infame.”
“Beh, almeno io non ero innamorato di George lo sfigato. Con tutti gli attori-”
Harry interrompe le sue parole, appoggiando le labbra sulle sue, e Louis si sente come non si sentiva da tempo, o forse non si è sentito mai.
Felice.
In pace.
A casa.

1 aprile 2013

E' un lunedì mattina, e Louis sta ancora dormendo quando sente il campanello suonare.
Si alza con fatica, e si stropiccia gli occhi, mentre apre la porta.
“Harry?”
Harry è in piedi davanti alla porta, sorridente, gli occhi brillanti e il viso rilassato.
“Lou, sei pronto ad andare all'avventura?”
Louis è confuso, la sua mente è ancora annebbiata dal sonno, mentre chiede: “Harry, che cos-”
“Dai, preparati. Dobbiamo andare via subito se non vogliamo arrivare tardi.”
Louis aggrotta le sopracciglia. “Tardi per cosa?”
“Lou, non fare domande. Preparati per stare una notte fuori!” dice Harry, sorridente, e Louis quasi non lo riconosce. Non vede neanche un briciolo del solito nero petrolio che riempie i suoi occhi, non vede mezzi sorrisi o spalle incurvate. 
Decide in fretta, non ci pensa neanche un secondo, perché vedere Harry così è una rarità e non vuole spezzare l'incantesimo, per cui quando dice: “Ok.”, il suo sorriso è dolce, e quello di Harry è abbagliante.
È come guardare il Sole.

Sono nella macchina di Harry, una Volkswagen mezza scassata, ma con la radio completamente nuova. 
Louis guarda fuori dal finestrino, vede campi verdi e colline e alberi in fiore, ma soprattutto guarda Harry, guarda sempre Harry. Guarda il suo profilo mentre guida, guarda la curva dolce del suo naso e pensa che assomigli alle colline dietro di lui, verdi come i suoi occhi e completamente spoglie, senza alberi o costruzioni per proteggerle dal cielo. Gli viene in mente quella sera al parco, quando Harry gli aveva detto di aver paura del cielo, e quando guarda quel paesaggio, quelle colline protette solo da sottili fili d'erba, capisce di cosa stesse parlando. Sembra quasi che possano essere inghiottite in quella vastità grigia, da quel piccolo pezzo di cielo, e Louis si sente triste. Si sente triste dentro.
Poi guarda di nuovo Harry. Vede un mezzo sorriso mentre guida e vede le sue labbra muoversi leggermente, mentre sussurra le parole della radio: 'In my good times, there were always golden rocks to throw at those who admit defeat too late; those were our times, those were our times. And I will love to see that day, that day is mine, when she will marry me outside with the willow trees, and play the songs we made, they made me so. And I would love to see that day, her day was mine.'
Lo ascolta cantare una canzone di quell'album che era andato a cercare un milione di anni fa, nel suo negozio, e all'improvviso gli torna in mente l'immagine dei suoi occhi all'epoca, e Louis capisce.
Harry sta guarendo.

Sono le due del pomeriggio, quando Harry parcheggia nel loro albergo sul lungomare di Brighton.
Louis attraversa la strada e si appoggia alla ringhiera, mentre guarda il mare calmo ritirarsi e accarezzare di nuovo i sassi sulla spiaggia. Chiude gli occhi, ascolta il rumore delle onde e cerca di assorbire i timidi raggi del Sole primaverile, mentre sente la propria pelle incresparsi di piccoli brividi.
“E' bello qui, vero?”
“E' splendido, Harry. Non ero mai venuto qui.”
Louis apre gli occhi e il sorriso che vede lo scalda di più del Sole sopra alle loro teste. Si volta verso il mare, di nuovo, sente l'odore di sale e la brezza che gli scompiglia i capelli, chiude gli occhi e appoggia la testa tra il collo e la spalla di Harry.
“Grazie.”

Sono sul molo di Brighton, e Louis non può credere ai suoi occhi.
Il Sole sta tramontando sul mare, il cielo è dipinto di giallo e arancione e viola, e ci sono luci dappertutto. Harry lo ha portato in un lunapark sul mare, in vecchio stile, da dove si vede la ruota panoramica sulla spiaggia e le strade illuminate da piccole luci sui lampioni.
Louis non può credere ai suoi occhi, mentre si guarda intorno e vede giostre in vecchio stile, piccoli negozietti che vendono zucchero filato e dolci e cibo cinese, e, dovunque guardi, c'è il mare, mare infinito e sconfinato, mare calmo e scuro, mare che fa un po' paura ma che rinfresca, rinfresca l'animo e la mente.
“Dai, andiamo a fare i biglietti.”
Louis lascia scivolare le dita tra le sue, e si sente esplodere dentro.
“Andiamo.”

Louis vede Harry seduto sul cavallo di quella giostra per bambini, con i decori in oro e luci dorate dappertutto, e gli sembra di vivere in un film, in una di quelle scene a rallentatore che sembrano non finire mai, che fanno quasi male al cuore per quanto sono belle.
Louis si aggrappa più forte al palo del suo cavallo, e cerca di imprimersi quell'immagine nella mente, cerca di fotografarla con i suoi occhi perché ora, ora è veramente sicuro che non esista niente di più bello al mondo. Niente di più bello al mondo di fossette profonde come il cielo, di sorrisi più brillanti della Luna, di capelli scompigliati dal vento e occhi brillanti come due piccole stelle incastrate tra le palpebre.
Sono inondati di luci artificiali e di profumo di mare e di leggerezza, e Louis ride, ride, mentre sente i suoi occhi riflettere la luce dorata di quel momento e il cuore brillare di un bianco accecante, accecante.

Louis guarda il mare, mentre dà un tiro alla sua sigaretta.
Il mare lì sembra di velluto blu scuro che riflette una luna increspata, ruvida, di una luce quasi accecante ma fredda come il ghiaccio.
“Sai, io c'ero già stato in questo posto.”
Louis si volta, e vede quell'espressione, quelle sopracciglia aggrottate e quelle labbra tirate in una piccola curva all'ingiù, e ha la sensazione di guardare direttamente dentro alla canna nera di una pistola puntata al centro della sua fronte, proprio mentre sta per sparare.
Sente di star per ricevere un altro colpo al cuore.
“Mi ci portava mia madre, ogni primavera.”
Louis dà un altro tiro alla sua sigaretta, e torna a guardare il mare, perché non riesce a sopportare la vista di Harry impantanato nei suoi pensieri densi come melassa, mentre con una mano regge ancora il suo zucchero filato comprato poco prima.
“Non ci sono più tornato, da quando lei si è ammalata.”
E Louis, per una volta, non sa cosa dire o cosa fare; non lo vuole guardare, perché sa che farebbe troppo male; non lo tocca, perché ha quasi paura di rimanere impantanato anche lui, in quell'oblio di pensieri e ricordi; non parla, perché sa che ogni sua parola sarebbe troppo scontata o inutile.
Quindi rimane in silenzio.
“Grazie.”
Louis si volta di scatto, pronto a ribadire, ma rimane senza parole, perché Harry non ha un briciolo di tristezza nei suoi occhi o sul suo viso.
“Lou, non dire niente. Prima mi hai ringraziato, ma non devi farlo. Sono io che devo ringraziare te.”
Harry gli sfiora una guancia con la punta delle dita, e Louis riesce solo a guardare i suoi ricci muoversi nel vento, illuminati dalla Luna.
“Grazie, Louis.”
Louis lo bacia, con la sua sigaretta ancora tra le dita, e non è una risposta, non è un prego o un grazie a te, è solo un bacio con cui Louis spera di riuscire a trasmettere tutto quello che prova come una scossa elettrica, spera che Harry senta le parole tatuate su ogni cellula del suo corpo, su ogni angolo delle sue labbra pressate sulle sue, parole che neanche lui sa classificare ma che sente straripare dal suo corpo, come un'inodazione improvvisa.
Il suo cuore batte con il suo.
Le sue labbra sono oro.
Le sue mani sono atlanti.

Le sue mani sono atlanti, mentre accarezza il corpo nudo di Harry.
Sono piccoli atlanti, che cercano di mappare ogni centimetro di quella pelle color alabrastro, ancora più chiara sotto il riflesso della Luna; Harry ha voluto lasciare le finestre aperte, per sentire il rumore del mare e l'odore di sale.
Le sue mani sono atlanti, mentre memorizzano ogni piccola macchia, ogni neo, ogni ruga, ogni osso, ogni tatuaggio, ogni curva e ogni spigolo di quel corpo aperto sotto di lui. Tutto è silenzio, ma ogni singolo atomo dell'aria che riempie la stanza è impregnato di emozione, amore, aspettativa.
Louis guarda Harry negli occhi, mentre le sue dita fanno il resto, e all'improvviso crede di saper leggere il Braille, crede di leggere intere poesie sulla sua pelle con la punta delle sue dita. Riesce a percepire i brividi che scuotono il suo corpo, sotto il palmo delle sue mani, e quella pelle d'oca parla di mare, di tristezza infinita, di fragilità e salvezza.
Quando Louis cattura di nuovo le labbra di Harry in un bacio profondo -fuochi d'artificio bombe atomiche esplosioni di supernove-, ha la consapevolezza, per la prima volta nella sua vita, di essere nel posto giusto al momento giusto.
Poi Harry inizia a ridere, piano, e Louis si blocca.
“Cosa c'è da ridere?”
“Niente.” Il sorriso di Harry è la cosa più dolce che abbia mai visto nella sua vita. Gli accarezza una guancia, le sua dita come piume, mentre dice: “Niente, Lou. Solo – sono felice.”
Louis lo bacia, e le sue labbra sanno di sale, e continua a baciarlo finchè i loro sapori non si mescolano, finché Harry sa di Louis e Louis sa di Harry.
E mentre entra in lui, il cuore di Louis batte con quello di Harry e i suoi polmoni si espandono con i suoi, e sono un'unica persona, ancora una volta, un'unica persona che ha l'anima di un blu elettrico e di un verde smeraldo, insieme, un'unica persona che ride e esplode e si ricompone, perché quel momento, quel momento, sembra una goccia di infinito, il momento in cui ogni singolo mistero dell'Universo viene rivelato, il momento in cui Louis si rende conto che la sua vita sta per cambiare del tutto, o forse è già cambiata e non se ne è accorto.
Il momento in cui, per la prima volta, pensa:
Mai. Non proverò mai nulla di simile per nessun altro.

Provo una sensazione un po' strana, diario.
Sono le tre di mattina, riesco a sentire il rumore del mare dalla finestra e il mio ragazzo sta dormendo sul letto, ed è la cosa più bella che io abbia mai visto.
E provo una sensazione un po' strana, perché mi rendo conto che devo scegliere. È troppo tardi per le mezze misure: mi sono innamorato del mio ragazzo, probabilmente dal primo momento in cui l'ho visto, ma me ne rendo conto solo ora. E devo scegliere. 
Il mio ragazzo è come una nave senza nome, pronta a salpare da un porto sconosciuto, diretta verso l'oceano più profondo e terrificante che io abbia mai visto, e io devo scegliere se saltare a bordo o guardarla andare via senza di me.
Ma credo di aver già fatto una scelta, nel momento in cui sono ritornato in quel negozio.
Non mi ha afferrato, non mi ha trascinato sulla sua nave, ma ora, in un qualche modo, siamo il mezzo all'oceano, e non c'è niente che io possa fare.
Non credo nel destino o nel fato, ma credo che, in realtà, le redini del nostro futuro siano nelle nostre mani. Io non ho cercato il mio ragazzo, non l'ho trovato, non mi è capitato, ma l'ho scelto. Io non mi sono innamorato ciecamente, ma ho camminato verso l'amore con occhi attenti, scegliendo ogni passo sulla via con attenzione. 
Io l'ho scelto; e in ogni realtà, in ogni mondo possibile, in ogni vita e in ogni momento, io lo troverei e lo sceglierei, ancora e ancora.

"Where the doors are moaning all day long,
where the stairs are leaning dusk 'till dawn,
where the windows are breathing in the light,
where the rooms are a collection of our lives;
this is a place where I don't feel alone.
This is a place that I call my home..."
(That Home - The Cinematic Orchestra)

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