1.Monster

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Quel giorno, Jimin avrebbe cominciato un lavoro molto, molto speciale.
In un posto, ovviamente, altrettanto speciale. Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi lì, all'inizio dei suoi studi, ma a quanto pare sarebbe stato proprio il suo destino.
E allora, nemmeno sapeva che avrebbe incontrato la persona in grado di cambiargli la vita e non solo: stravolgerla completamente.

"Mi chiamo Park Jimin. Sono qui per le lezioni di canto e musicoterapia ai ragazzi dell'ospedale, come avevamo concordato... oggi devo presentarmi a loro e parlare con i genitori." spiegò, arrivato allo sportello della sala principale.
Una dottoressa gli sorrise. "Benvenuto. Mi chiamo Emma Kim, ti spiego un po' com'è strutturata la parte della struttura dove dovrai lavorare, okay?
Il reparto dei bambini e dei ragazzi è al piano 2, mentre la palestra è al piano 1. Potrai portarli laggiù assieme ad un infermiere ogni tre minorenni, è il nostro standard. Questa è la lista dei nomi e delle stanze, pensi di poterci riuscire? Alcuni sono costretti a letto..."
Jimin sorrise. "Alternerò i giorni. Tutti potranno fare almeno una volta o due alla settimana il corso."
La dottoressa Kim sembrò soddisfatta. "Perfetto, allora. Le lascio prendere l'ascensore, signorino Park. Queste sono le chiavi della stanza che avevamo pattuito, è allo stesso piano dei ragazzi, ma dal lato opposto."

Jimin arrivò in breve tempo al corridoio della zona bambini e ragazzi, tenendo tra le mani la lista.
Diede un'occhiata veloce, trovando in breve tempo i primi allievi e dando loro le indicazioni.
"Ecco, questa dovrebbe essere la prossima." Mormorò tra sè e sè, aprendo la porta.
Davanti a lui, trovò una bella stanza dalle pareti di un candido bianco, e al centro di essa vi era un letto, su cui era seduto un ragazzo.
"Qui doveva esserci una bambina..." controllò nuovamente la lista, ma prima che potesse uscire, quel giovane parlò.
"Come ti chiami?" La sua voce sembrava molto fragile, come se avesse paura di pronunciare ogni singola parola.
"Jimin. Stavo cercando delle persone per un corso di canto, credo di essermi sbagliato, io-"
"Nessuno viene più a trovarmi da anni." Mormorò il giovane. Non sembrava parlare spesso, la voce faticava ad uscire dalle sue corde vocali. "Speravo fossi qualcuno di mia conoscenza... non ho molti ricordi degli amici che avevo."
Il cantante si avvicinò. "Perdonami, faccio solo confusione. Ascolta, finisco di cercare le persone che mi mancano su questa lista e torno, ehm..."
"Jungkook. Jeon Jungkook."

___

Jungkook era spaesato: nessuno era venuto più a trovarlo da quando era accaduto quell'incidente.
Jimin gli aveva detto che sarebbe andato a cercare alcune persone e poi sarebbe tornato, ma quanto tempo era già passato?
Il ragazzo non aveva più un cellulare da mesi-dopo averlo letteralmente spaccato in un attacco di rabbia-e non avevano messo nemmeno un orologio in quella stanza.
Le sue giornate erano scandite dai pasti, dall'ora del bagno e dal momento di dormire.
Jungkook viveva in quel letto, ridotti com'erano i suoi muscoli, aveva troppa paura... e forse, ne avevano anche i dottori.
Dopo l'incidente, avevano riscontrato un trauma cerebrale molto grave. Soffriva di svariati effetti collaterali dei farmaci che ogni giorno doveva assumere, e per colpa del trauma non aveva abbastanza forza nelle braccia e nelle gambe per sollevare oggetti di media pesantezza, come un libro. Tanto era, se riusciva a vestirsi e mangiare per conto suo...
Non poteva mai uscire in giardino, e per questo la sua pelle era diventata bianca come la porcellana, nonostante gli integratori di vitamina D e quelle volte in cui gli sistemavano una poltrona davanti alla finestra... con una buona dose di crema solare.
Ma Jungkook non aveva solo quelle cose, era diventato un mostro.
Lo imbottivano di medicinali perchè aveva provato ad uccidersi, soffriva di depressione e sentiva dentro di sè un uragano di emozioni. Aveva solo 13 anni quando tutto era iniziato, era troppo piccolo quando aveva perso la sua famiglia.
Cominciò a piangere, in quella stanza vuota e silenziosa, sperando in qualcuno che potesse dargli una mano ad uscire dal fiume di ricordi.

"Mamma!"
"Jungkook, sei felice di fare questa gita?"
Il ragazzino annuì: era uno splendido regalo per la fine delle scuole medie.
"Quando arriviamo?"
"Presto, abbi pazienza."
Quel giorno c'era davvero molto traffico, ed era scesa una fitta nebbia su quella strada. Il padre del ragazzo voleva fermarsi e aspettare che passasse, ma aveva promesso al figlio che sarebbero arrivati al Parco Tematico il prima possibile-sperando in un miglioramento delle condizioni atmosferiche-e continuò a guidare nonostante tutto, si vedeva a sufficienza per osservare la strada.
Non andavano veloce, affatto, e Jungkook non riuscì a realizzare subito quello che accadde.
L'autò finì fuori dalla carreggiata, forse suo padre aveva perso il controllo del veicolo, e poi... successe.
L'unica cosa che ricordava era il viso terrorizzato di sua madre, intrappolato nell'attimo in cui era morta, l'ultima parola che forse voleva uscire dalle sue labbra.
Poi, si era risvegliato in ospedale, dopo un anno... scoprendo che la sua mamma ed il suo papà erano davvero morti, e non era stato un brutto sogno.

"Calmati." Una voce gentile si fece sentire, con carezze delicate.
"Mamma e papà..." Jungkook proprio non riusciva a smettere, nonostante i calmanti e gli antidepressivi, il dolore del suo lutto era troppo grande anche per quelli.
"Shhh, calma." Jimin gli rivolse un sorriso molto dolce, prendendo un fazzoletto per asciugargli le lacrime. "Va meglio?"
Il minore annuì, con un piccolo sorriso. "Ti ringrazio. Perdonami... ecco, io ho un passato molto brutto alle spalle, la mia mamma e il mio papà sono morti quando ero più piccolo, non ho nessuno. E mi mancano tanto."
Il biondo finalmente mise insieme i pezzi del puzzle, e capì che forse lui qualcosa poteva fare, ma doveva prima avere l'autorizzazione.
"Jungkook, ti sei mai sfogato cantando?"
Il castano spalancò quegli occhi dolci e da cerbiatto che aveva. "Eeeh?"
"Cantando. Hai mai cantato?"
Il ragazzo annuì. "È tanto che non canto, mi piaceva farlo con eomma e appa, ma..."
Jimin sorrise. "Perchè non riprendi a farlo?"
"Perchè non so se ne sono ancora in grado. E poi, non parlo mai con nessuno, figurati cantare, hyung."
Il biondo gli accarezzò il dorso della mano con il pollice. "Sono sicuro che ne sarai in grado. Torno domani alle 17 qui? Devi sapere che sto studiando per diventare insegnante di canto. Potresti cantare con me."
Jungkook annuì, sembrava d'accordo. Se per Jimin lui non era una persona orribile e un malato mentale, forse sarebbe riuscito a fidarsi.
Mentre il biondino usciva, Jungkook pensò a quanti anni erano passati da quando aveva dato fiducia a qualcuno l'ultima volta.
Nemmeno sapeva più cosa voleva dire interagire amichevolmente con un essere umano senza che avessero paura di lui o lo considerassero un mostro, ma forse sarebbe stata la volta buona.

𝐓𝐡𝐢𝐬 𝐢𝐬 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐥𝐢𝐟𝐞-𝐉𝐢𝐤𝐨𝐨𝐤 ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora