Capitolo 3

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"Allora, per quale motivo ti ha mandato qui il signor Smith oggi?"
Con fare pacato e divertito, il preside mi fa accomodare nel suo studio.
"Il solito." rispondo io sedendomi su una sedia in pelle nera. Lui ridacchia mentre fa il giro della scrivania infine si siede sulla poltrona girevole sistemandosi la giacca. "Ah, quel vecchio balordo, non vuole proprio lasciarti in pace eh."dice accavallando le gambe "Ma direi che fa bene in un certo senso a svegliarti. Tua madre non è più orgogliosa di te da quando sei stato bocciato l'anno scorso e non vorrei che tu le dia un'altra rabbia come quella." il suo sguardo diventa gelido, sono sicuro che potrebbe fulminarmi da un secondo all'altro.
"La smetta di dire queste cose. La mamma non mi odia e non è arrabbiata. Sa benissimo che non sono bravo a scuola." dico alzando gli occhi al cielo.
"Louis, smettila di darmi del lei, sono tuo padre dopotutto." mi dice lui sporgendosi dalla sedia.

Beh, lui è mio padre, o almeno lo era. Ero ancora un bambino quando lui e la mamma si sono lasciati; per sua sfortuna non è riuscito a trovare una nuova moglie, mentre mia madre ha trovato Mark Tomlinson, da cui poi ho preso un nuovo nome e cognome. Troy (diventato preside della scuola superiore di Doncaster), inizialmente era deluso dalla scelta di mia madre e Mark, lui voleva un figlio che potesse continuare la stirpe degli 'Austin' ma ormai ci ha fatto l'abitudine e anche io.

"Papà, smettila, ti do del lei per essere educato, sei pur sempre il mio preside."sorrido, ma lui si fa improvvisamente serio, non lo chiamo quasi mai papà, quando lo faccio pensa sempre che sia una presa in giro, spesso lo è ma davvero non sono più abituato a chiamarlo così.
"Figliolo." annuncia serio "Non voglio che tua madre soffra ancora per colpa mia o tua. È una donna fantastica e non se lo merita." mi prende una mano e la accarezza, io subito la sposto e lo guardi dritto negli occhi.
Anche lui li ha azzurri come i miei, capaci di sedurre o congelare, io sono un maestro in quest'ultima cosa. Subito afferra il concetto e si appoggia allo schienale della sua sedia poi dice: "So che non sono proprio la persona adatta per dirtelo, magari dovresti prima parlarne con tua madre e Mark, ma io vorrei che ..." inizia a guardare in basso, mortificato forse, o semplicemente spaventato. "..che tu abbandoni la scuola."

Silenzio.
L'unica cosa udibile è il leggero soffiar del vento di Novembre che fa muovere i rami degli alberi e fa cadere le foglie.
"Come scusa?" Domando.
Come poteva lui mio padre biologico, che prima mi fa passare per il somaro di turno che non fa mai nulla a parte far soffrire la propria madre, per poi drimi di andarmene?
"Se non ti va di studiare tanto vale che ti trovi un lavoro e lasci perdere il resto." è troppo serio per essere uno scherzo, ma perché?
"Non mi assumerebbero mai se non ho un diploma!" Quasi urlo dalla rabbia, a stento riesco a trattenermi.
"Louis, davvero, sono serio. Credo che tu sia stanco di essere spedito qui da me tre volte a settimana. Dormi durante tutte le ore e prendi voti che non superano mai il 5 e mezzo. Di questo passo non sarai nemmeno ammesso agli esami finali."
Il sangue mi ribolle nelle vene, sono stufo di sentirlo blaterare di cose di cui non dovrebbe preoccuparsi. Non lo considero più mio padre da quando mi ha abbandonato con mia madre, solo Mark è mio padre.

"Smettila di comportanti da genitore apprensivo. Ti ricordo che non lo sei più!" Urlo seccato dal suo comportamento. "No ragazzo, fino a prova contraria sono stato io a metterti al mondo." mi risponde lui puntandomi contro il dito indice. "E poi cosa hai fatto per me? C'eri quando ho davvero avuto bisogno di te? Mi pare di no! Quindi non prederò nemmeno in considerazione la tua idea del cazzo." Mi alzo di scatto e mi dirigo verso la porta spazientito. "Louis William Tomlinson, torna subito qui! Potrò anche non essere 'più tuo padre' ma rimango il preside di questa scuola. Se non prenderai provvedimenti riguardo al tuo comportamento scolastico e ai tuoi voti l'unica cosa che potrò fare sarà informare Johanna sulla mia idea." si alza e mi raggiunge cercando di trattenermi, io lo spingo via prima di dirgli " Vaffanculo." ed uscire senza nemmeno salutare la segretaria.

Quando suona la campanella io mi trovo nel cortile della scuola, con una sigaretta accesa in mano, inalo il fumo che esce dalla mia bocca e la testa si fa leggera, sembra che i pensieri volino via, ed ora mi è davvero d'aiuto. Degli schiamazzi mi riportano alla realtà e mi accorgo che ormai tutti si stanno dirigendo verso la mensa, rassegnato dal brontolio del mio stomaco mi alzo e sbuffando seguo quei ragazzi per andare a pranzo. Appena metto il naso nella stanza alcune persone si girano verso di me, altre bisbigliano con l'amica vicina, altri si allontanano da me. Sembra che io incuta paura in tutta la scuola adesso! Ci voleva proprio! Afferro un vassoio rosso dalla pila vicino ai banconi del cibo, un ragazzino molto probabilmente del secondo anno mi fissa tremante poi sussurra: "Se vuole, le cedo il mio posto. Sembra davvero affamato." Io lo guardo stupito e strabuzzo gli occhi alle sue parole, ma cosa pensa? Non picchierei mai nessuno per fare una fila (anche se davvero alcune volte ci sono persone che non si muovono mai è vorrei strozzarle). Così, sorrido e mi avvicinò al suo orecchio: "Tranquillo, non ho molta fame, riesco a contenermi dal sbrananti."lui apre la bocca ma non esce nulla, credo fosse un urlo strozzato, poi scappa fuori dalla mensa. Fantastico ora un ragazzino di 15 anni crede che io sia un bullo, brutto e cattivo e per giunta cannibale! Il bello è che sono stato proprio io a fargli credere quest'ultima cosa, e me ne pento. Se non fosse per il mio orgoglio raggiungerei quel bambino cagasotto e gli chiederei scusa, ma non lo faccio. Mi limito a prendere il suo posto nella fila, aspettare due minuti circa, riuscire a prendere un panino e uno stupido succo di frutta e andare a sedermi. Trovare un posto tra quest ammasso di gente è sempre la parte più difficile, le diversità e la competitività tra alcuni è palpabile nell'aria, basta guardarsi intorno e notare che i bulli vengono isolati nei tavoli infondo alla stanza, i secchioni mangiano in gruppo, di cherleader puoi trovane una in ogni tavolo che flirta con un ragazzo più grande di lei, i ragazzi 'normali' sono seduti quasi sempre ai primi tavoli, forse hanno paura di stare vicino a soggetti troppo strani, competitivi, maneschi o semplicemente l'odore di merda che emanano gli da fastidio. Io, optando sempre per l'ultima opzione, vado a sedermi in fondo alla stanza, isolato da tutti, persino dagli stessi bulli (sicuramente anche loro avranno paura di me).
Poso il vassoio quasi vuoto sul tavolo, scarto il panino e lo addento, appena alzo lo sguardo noto che alcuni mi stanno ancora guardando, mi irrita parecchio questa cosa, odio che le persone mi guardino mentre mangio. "Cosa c'è da guardare?!"dico io con ancora resti del panino in bocca. Le persone si girano e smettono di fissarmi.
"Tommo!" Sento Stan che mi chiama, si avvicina insieme a Liam e si siedono vicino a me. "Stan. Liam." Li saluto con un cenno del capo. "Cattivo umore?" mi domanda Liam, io annuisco tornado a mangiare. "Tuo padre?" continua lui. Annuisco ancora è poi dico "Vuole che smetta di studiare qui. Anzi, vuole proprio che non vada più a scuola." Stan mi fissa stranito poi ridacchia: "Ahah certo che quello è davvero divertente! Spera davvero che tua madre possa non mandarti a scuola?" "Lo so, ma lui era serio. Se riuscirà a convincere mia madre dovrò fare il barbone per strada!" vorrei urlare ma mi trattengo, non posso fare brutte figura davanti a tutti, già si sparla abbastanza.
"Vuoi sapere uno scoop?" Mi dice Liam guardando complice Stan. "Ditemi" dai loro sguardi capisco che è qualcosa si davvero interessante. "Riguarda il signorino Zayn sonounpezzodimerda Malik."
Mi guardo intorno e mi avvicino a loro per sente meglio; proprio quando stanno per aprir bocca, il brusio di fondo della stanza si ferma.
Zayn e i suoi scagnozzi sono appena entrati.

Il Bullo e il Secchione// Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora