Arghøs lasciò cadere l'arco lungo sulla neve e si preparò a estrarre il coltello dal fodero della cintura. Attese con impazienza che l'animale gli si avvicinasse e si lanciò nel vuoto.
Il predatore vedendo l'uomo balzargli addosso spiccò un salto in aria protendendo le zampe anteriori in avanti e lo anticipò a mezz'aria. I suoi artigli acuminati come lame si conficcarono nell'armatura del cacciatore squarciandola come fosse fatta di burro.
Il cacciatore per una frazione di secondo venne attraversato da paura mista a sgomento, dato che neppure una spada ricavata dal soffio gelido di un drago dei ghiacci avrebbe dovuto danneggiarla con una simile facilità. Dopotutto era stata ricavata con le scaglie della corazza di uno skinnstål e questo, oltre ad aver mandato in frantumi tutte le sue convinzioni, gli aveva fatto comprendere di aver sottovalutato di gran lunga il suo avversario.
Le grinfie dell'orribile bestia penetrarono in un baleno la sua carne facendolo urlare dal dolore. Tuttavia non demorse e ricambiò la fiera pugnalandola al ventre. Quando precipitarono al suolo, l'uno al fianco dell'altro, l'uomo rimase scioccato nel vedere che il mørkruv si era rialzato subito e senza battere ciglio.
La creatura prese in contro tempo il cacciatore per avventarsi con micidiale voracità sul suo petto. Morso dopo morso gli strappò via quello che era rimasto della sua armatura, finché non poté affondare le sue fauci nella nuda carne.
Arghøs tentò con tutte le sue forze di divincolarsi, infliggendo altrettanti fendenti nel fianco destro della bestia, ma a nulla valsero i suoi sforzi.
La sua vista cominciò via via a offuscarsi e il dolore divenne distante come se non gli appartenesse più. Era il segno inconfutabile che la vita aveva fretta di abbandonarlo. In quei frenetici istanti pensò ai suoi avi, alla sua bellissima Merthas, l'unica donna che aveva amato in tutta la sua vita, e a Rhen, il meraviglioso frutto del loro amore. Lo avrebbero aspettato invano per tutta la notte, scoprendo a malincuore il mattino seguente che non avrebbe più fatto ritorno.
L'uomo non riuscì a trattenere le sue lacrime e il dolore, quello del suo cuore, divenne straziante. Le palpebre calarono sui suoi occhi, rassegnate alla sua orrenda fine poiché da cacciatore era divenuto ingenuamente una preda.
Lasciò la presa sul manico insanguinato del coltello, ancora conficcato nel fianco del mørkruv, e nel medesimo istante un bagliore accecante illuminò l'avvallamento.
Il predatore si arrestò di colpo e rivolse le sue attenzioni verso la luce, cominciando a ringhiare agitato.
Arghøs sentì un solo ruggito simile al fragore di un tuono, talmente maestoso che gli parve giungere da ogni direzione. Ne seguì un tonfo sordo, come di una zampata e infine un guaito strozzato. La quiete che ne scaturì dopo, era così penetrante che il cacciatore cominciò a tremare.
Tentò di risollevarsi con gli ultimi sprazzi di energia, ma non ebbe successo.
La luminescenza lo raggiunge silenziosamente, fino a posarsi al suo fianco. Era così intensa da risultare insopportabile alla sua vista e fu costretto a chiudere gli occhi. Era calda ed emanava un profumo che non aveva mai sentito prima, talmente fragrante da non poter essere paragonato neppure alla totalità dei rari boccioli cerulei che aveva avuto la fortuna di trovare nel corso della sua vita.
Il cacciatore si sforzò con tutto se stesso e riaprendo gli occhi mise a fuoco la creatura. Vide due enormi occhi aggraziati che parevano corpi celesti di un colore azzurro talmente chiaro che neppure l'acqua più limpida poteva eguagliarli. Sprigionavano una tale pace che per un momento Arghøs si dimenticò delle sue atroci sofferenze.
La creatura davanti a lui era una femmina adulta di Mysstrål. La sua corporatura seppur slanciata presentava una muscolatura marcata, degna di un predatore ineguagliabile. Il suo pelo era candido al pari della neve, ma più brillante per via delle intense fiamme argentee che lo ricoprivano interamente.
«S-sei... venuta... a salvare... il tuo piccolo?» domandò sforzandosi di mostrarle un sorriso.
Il Mysstrål, distolse lo sguardo e si concentrò sulle ferite del malcapitato.
L'uomo sapeva che non c'era più niente da fare, eppure provò sollievo nel ricevere le attenzioni di quel magnifico esemplare in punto di morte. Quelle attenzioni significavano che era riconoscente nei suoi riguardi per aver provato a salvare il suo cucciolo. Poteva reputarsi davvero fortunato, per lo meno avrebbe avuto qualcosa da raccontare ai suoi antenati durante gli infiniti banchetti al cospetto dell'Eterno.
Il suo sguardo si riempì d'orgoglio, tuttavia, subito dopo, una fitta lancinante al petto lo costrinse a tornare al cospetto della cruda realtà. L'angoscia sembrò avvinghiarlo come un orrendo leviatano e scoppiò di colpo in lacrime perché non avrebbe neppure avuto l'occasione di dire addio alla sua famiglia.
Il Mysstrål sembrò percepire i suoi tormenti e cominciò a piangere insieme a lui. Lacrime cerulee precipitarono sulle ferite mortali del cacciatore, facendogli provare un inatteso senso di conforto. I suoi profondi squarci sul petto si risanavano come in preda a un incantesimo e nel giro di pochi secondi il dolore lo abbandonò.
Arghøs si sollevò da terra in preda all'incredulità e si guardò per un momento il petto villoso. Poi sollevò lo sguardo verso la creatura e solo allora realizzò che era talmente maestosa da eguagliarlo in altezza. D'istinto allungò la mano verso il muso della sua salvatrice. Voleva accarezzarla a tutti i costi, come un bambino pervaso da un'innocente curiosità. Non appena le sue dita affondarono nel pelo candido e luminescente della creatura, provò un'immensa commozione al cuore. Per un istante temette che potesse scoppiargli da un momento all'altro e cadde sulle sue ginocchia, come stremato da quel sentimento così intenso.
La maestosa predatrice si avvicinò al al cacciatore e lo fissò per un lungo istante, dopodiché si voltò e raggiunse il suo cucciolo. Lo afferrò con le fauci dalla collottola e con un paio di agili salti scalò la scarpata, svanendo tra gli alberi.
Quando il bagliore si allontanò nella vegetazione Arghøs lasciò cadere lo sguardo sul mørkruv, che giaceva a pochi passi da lui e si stupì delle sue condizioni. Era stato squarciato di netto all'altezza del ventre e le viscere si erano sparse ovunque. Era stato investito da una furia a cui niente sarebbe riuscito a sopravvivere.
Si avvicinò alla fiera, recuperò il coltello e si affrettò ad arrampicarsi sulla scarpata. Una volta caricate la bisaccia e le pelli sulle spalle, non resistette al desidero di voltarsi per scrutare in lontananza i due Mysstrål, ma non li vide più.
Alzò lo sguardo dispiaciuto verso il firmamento e contemplò la luna che illuminava placida le fronde degli alberi donando alla foresta una luce perlacea che non poté non associare alle due creature.
Si scrollò di dosso quel pensiero e si incamminò verso il suo accampamento. Non aveva nessuna intenzione di sfidare ancora una volta la sorte.
Passo dopo passo un sorriso si formò sul suo viso, poiché la natura gli aveva dato finalmente una prova tangibile che in caso di bisogno non gli avrebbe voltato le spalle. Non doveva fare altro che continuare a portarle il rispetto che meritava, proprio come gli era stato tramandato dai suoi antenati e chissà, forse avrebbe avuto persino il privilegio di un secondo incontro con una di quelle meravigliose creature chiamate Mysstrål.
FINE
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Hitarsia: i racconti perduti ©
FantasyHitarsia è un mondo ricco di misteri che getta diviso in cinque regni governati dagli esseri umani: Noromrad, Soromrad, Ostomrad, Vestomrad e Midomrad. Ma gli umani non sono le uniche creature che abitano queste terre e gli equilibri per mantenere l...