UN ORRIBILE RETAGGIO: Prima Parte

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 Era una sera di metà dicembre una coppia di forestieri varco le porte di Bygvåt, alla base delle antiche Vette Nebbiose nelle regioni orientali di Hitarcia

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Era una sera di metà dicembre una coppia di forestieri varco le porte di Bygvåt, alla base delle antiche Vette Nebbiose nelle regioni orientali di Hitarcia. Erano provati per il lungo viaggio, tuttavia questo non smosse gli animi degli abitanti dell'antico villaggio di montagna e diedero loro un'accoglienza tutt'altro che calorosa. Erano passati sette pesanti mesi di silenzio da quando degli estranei non metteva piede nel piccolo centro rurale e questo sembrava aver rotto un estenuante equilibrio.

Occhiate penetranti colme di paura e talvolta d'intimidazione, seguite da brusche porte chiuse in faccia senza alcuna spiegazione, si erano susseguite ogni qual volta i due misteriosi individui domandavano un pasto caldo e un alloggio in cui trascorrere l'umida notte. Neppure difronte a una flebile pioggerellina insistente, alla nebbia spettrale che celava le strade fangose e al freddo che penetrava fin dentro le ossa, gli umili abitanti di Bygvåt sembravano preoccuparsi del fatto che il villaggio più prossimo distava almeno un giorno di cammino tra i ripidi sentieri montani.

Gli stranieri, seppure infastiditi, non si lasciarono prendere dallo sconforto e con notevole noncuranza si incamminarono verso l'unica locanda posta al centro del villaggio.

«Buonasera» proruppe il ragazzo entrando. La sua voce calda e spavalda sembrò attraversare il locale come una sciagura. Abbassò il cappuccio del mantello ormai fradicio e mostrò il viso affaticato. Gli occhi celesti sfavillavano alla luce delle lanterne come le onde del mare meridionale sotto i raggi dei tre soli.

I pochi presenti si voltarono a fissarlo male senza proferire parola. Erano palesemente infastiditi dalla sua presenza e forse anche dalla sua gentilezza.

«Vi hanno morso la lingua...» disse la ragazza togliendosi il cappuccio. Il suo viso era grazioso e olivastro, contornato da lunghi capelli ondulati e neri come la pece che le cascavano fino ai piccoli seni. «...Oppure siete solo un branco di zoticoni?» Lanciò un'occhiataccia al locandiere impegnato ad asciugare un boccale di legno.

«Sera forestieri» rispose con riluttanza l'uomo da dietro il bancone. «Cosa vi porta nella mia locanda?» aggiunse tra i denti.

«Cerchiamo una camera in cui riposare per la notte, domattina ce ne andremo all'alba. Ve n'è rimasta qualcuna libera?» domandò il ragazzo ostentando tutta la sua bonarietà.

«Temo di dovervi dare una brutta notizia» ribatté beffardo. «Siamo al completo.»

«Ma dico ci stai prendendo in giro?!» sbottò il giovane, avvicinandosi torvo al bancone ricavato dal tronco di un'enorme albero secolare. «Il tuo locale è quasi deserto...» Gettò una rapida occhiata attorno a sé, posando dapprima lo sguardo su un gruppetto di quattro uomini appartati attorno a un tavolo poco illuminato nell'angolo e infine su un vecchio impegnano a sorseggiare una pinta di birra. «...E non mi sembra di vedere altri stranieri a parte noi.» Batté un pugno sul pianale. «Perché non dici chiaramente il motivo della vostra inospitalità?! É chiaro che non ci volete tra i piedi e i vostri brutti musi non mentono.»

Hitarsia: i racconti perduti ©Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora