Arghøs camminò a ritroso per la foresta, facendo attenzione ai segnali che aveva intagliato con la punta del suo pugnale sui tronchi degli alberi. Sapeva fin troppo bene che la minima distrazione avrebbe significato perdersi in quel labirinto innevato e non poteva concedersi quel lusso, poiché i mørkruv avevano lasciato da poco le loro tane. Se si fosse trovato nella loro zona di caccia, da cacciatore qual'era sarebbe divenuto in un istante la preda.
Avvistò un piccolo torrente in lontananza e si apprestò ad attraversarlo, ritrovandosi alla base di un pendio. Una volta salitovi, giunse in un'ampia radura dalla conformazione familiare; era stanco, ma su per giù a metà strada dalla sua famiglia.
La vegetazione si era sgradevolmente sfoltita e poté vedere con chiarezza i tre soli calare rapidamente all'orizzonte. Abbassò lo sguardo e la sua attenzione venne catturata da alcune impronte fresche che proiettavano ombre allungate sulla neve. Erano pressappoco a una ventina di passi da lui.
Si guardò subito intorno, ma non c'era alcun movimento tra gli alberi.
Si avvicinò perplesso alle tracce e si inginocchiò per analizzarle meglio. Si trattava senza alcun dubbio di due mørkruv e a giudicare dalle dimensioni e dalla profondità erano due esemplari adulti. Si dirigevano in direzione del suo accampamento, virando leggermente verso ponente. Doveva fare molta più attenzione.
Riprese a camminare cercando di mantenere un passo leggero, tuttavia un ruggito minaccioso riecheggiò nella foresta innevata e Arghøs si fermò di colpo. Era troppo vicino.
Quasi come a voler dare ascolto a una timida voce indistinta nel suo animo decise di avvicinarsi alla fonte di quell'orribile verso. Era del tutto consapevole che la sua non era una scelta saggia, ma non poteva farne a meno. Doveva assicurarsi che la sua famiglia non avrebbe corso al cun pericolo durante la notte.
A ogni passo del cacciatore la neve non faceva che scricchiolare sotto i suoi piedi, ma non poteva evitarlo per via dell'ingente carico che gravava sulle sue spalle. La paura non faceva che aumentare con il repentino calare delle tenebre e si domandò, in preda a terrificanti dubbi, se i predatori non avessero già avvertito i suoi passi o fiutato l'odore della carne fresca all'interno della sua bisaccia.
Superò un giovane pecciabete e vide un misterioso scintillio argenteo provenire dal basso. Pareva che la luna fosse precipitata dal firmamento. Mosso da un'irrefrenabile curiosità decise di adagiare il bottino di caccia alla base dell'albero e si avvicinò con cautela, finché non fu costretto a fermarsi sul ciglio di un enorme avvallamento spoglio di vegetazione.
Si inginocchiò per non rischiare di essere avvistato e diede una rapida sbirciata dentro la fossa. A stento riuscì a trattenere il suo stupore quando si rese conto che i due mørkruv avevano messo alle strette una piccola creatura indifesa, la fonte stessa del bagliore che lo aveva condotto fin lì.
Il cacciatore comprese subito che poteva trattarsi soltanto di un cucciolo di Mysstrål, viste le lingue di fuoco argentee che ricoprivano tutto il suo corpo. Era uno spettacolo da mozzare il fiato. La creatura differiva del tutto da come veniva descritta nelle storie che gli erano state raccontate da fanciullo, tuttavia era del tutto plausibile, visto che nessuno poteva vantarne un incontro da più di cento anni e ancora prima gli avvistamenti potevano contarsi a stento con le dita di una mano. La gente con il trascorrere dei decenni era addirittura arrivata a sostenere che fossero soltanto una leggenda. Purtroppo la scena che gli si parava davanti non faceva che confermare una triste verità, ovvero che la scomparsa dei Mysstrål combaciava proprio con l'invasione dei mørkruv, che a quanto pare amavano nutrirsi dei cuccioli perché incapaci di difendersi.
I due predatori si avvicinarono minacciosi alla preda aggraziata e l'uomo sentì come un impulso incontrollabile partire dal suo cuore, attraversargli le vene e raggiungere la punta delle dita. Senza un briciolo di esitazione si alzò in piedi e impugnò l'arco lungo. Tirò fuori una freccia dalla faretra e tese l'arma più che poté. Non riusciva a scrollarsi dalla mente l'immagine di suo figlio Rhen e il pensiero che un giorno si sarebbe potuto trovare in una condizione di simile pericolo senza che qualcuno accorresse in suo aiuto. Il sguardo cominciò di colpo ad ardere della straordinaria risolutezza degli antichi cacciatori.
Attese con trepidazione di mettere bene a fuoco una delle due bestie controluce e lasciò partire il dardo. Avvenne tutto in un battito di ciglia. La freccia attraversò l'avvallamento e si conficcò nella parte posteriore del collo irsuto del mørkruv più giovane, che emise un lamento stridulo e soffocato. Fiotti di sangue nero come la pece schizzarono sul terreno candido mentre il predatore tentava con tutte le sue forze di reggersi sulle sue zampe. Tutto quello che riuscì a fare fu voltarsi nella direzione da cui era stato scoccato il colpo, dopodiché cadde al suolo in preda all'agonia.
Sul volto del cacciatore comparve una smorfia di soddisfazione che in una frazione di secondo si tramutò in puro terrore, quando si rese conto di avere gli occhi dell'altro mørkruv addosso. Sembravano due tizzoni incandescenti.
La fiera sembrò dimenticarsi del cucciolo di Mysstrål e si mise a ringhiare contro la sua nuova preda, pronto per attaccarla. Si piegò in avanti incanalando tutta la sua furia primordiale nelle zampe posteriori, drizzò il pelo tetro del dorso e spalancò l'imponente mascella, ostentando le zanne ingiallite e sproporzionate.
Arghøs si inginocchiò intimorito e si affrettò a tirare fuori una seconda freccia dalla faretra. Tese una seconda volta l'arco e riprese la mira, ma il mørkruv sembrò recepire la pericolosità del gesto lanciandosi subito all'attacco con una velocità micidiale. L'arciere distinse a malapena la sua sagoma sfocata che si lasciava dietro delle profonde impronte nella neve. In preda al panico cercò di prevederne i movimenti, tuttavia si rese conto che non poteva fare altro che lasciar partire il colpo nella speranza di fare centro.
Lasciò la presa delle dita sulla corda e il dardo fendette l'aria gelida, tuttavia il predatore lo schivò come se nulla fosse e a quel punto lo scontro corpo a corpo era divenuto inevitabile.
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Hitarsia: i racconti perduti ©
FantasiaHitarsia è un mondo ricco di misteri che getta diviso in cinque regni governati dagli esseri umani: Noromrad, Soromrad, Ostomrad, Vestomrad e Midomrad. Ma gli umani non sono le uniche creature che abitano queste terre e gli equilibri per mantenere l...