Capitolo 3. Domande

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<Inizio a credere che non arriverò viva alla fine della serata.> sussurro ad Astaroth approfittando della momentanea distrazione di Lucifero - sta parlando di non so bene cosa con un inserviente o meno - che non mi ha mai persa di vista durante tutta la cena, neanche fossi una creatura mitologica.

<Sta iniziando a infastidire anche me, ma non temere Jo non oserà torcerti un capello.> mi sussurra lui di rimando avendo capito perfettamente la mia allusione alle innumerevoli occhiate malevole di Khol, per tutto il tempo non ha fatto altro anche se non ne capisco il motivo.

<Non ne sono tanto sicura.> borbotto a mezza voce proprio mentre Lucifero riporta su di me la sua attenzione.

<Ignoralo mia cara, è innocuo.> mi dice Lucifero, deve aver ascoltato la nostra conversazione mentre parlava con l'altro demone che adesso si sta allontanando.

<Piccola rettifica Sire, è fastidioso oltre ogni limite.> borbotta Astaroth lanciando uno sguardo incollerito a Khol, che però non se ne cura minimamente e continua a guardarmi con puro odio.

Sto quasi per scoppiare a ridere alla vista di Lucifero che si porta una mano sul volto veramente esasperato, ma per mia fortuna riesco a trattenermi e mi ritrovo a sorridere veramente divertita.

<Khol smettila dannazione! Ti metterai nei guai e a me toccherà venire a tirartene fuori.> all'improvviso una voce maschile sovrasta il vocio sommesso del tavolo, inevitabilmente l'attenzione di tutti compresa la nostra è su Khol e un demone  seduto al suo fianco.

Ha le sembianze di un uomo sulla cinquantina, dalla possente muscolatura resa evidente anche dagli abiti eleganti ben oltre il semplice stile attillato, capigliatura folta di un argentato quasi uniforme lasciata libera di cadergli sulle spalle, e uno sguardo profondo e corrucciato verso l'altro che adesso lo guarda in cagnesco.

<Non sono affari tuoi.> sibila infatti Khol al vicino, ma ormai il danno è stato fatto vista la rigidità di Lucifero, lo sta guardando con un tale gelo negli occhi che chiunque - me compresa - ne rimarrebbe terrorizzata.

<Rendi partecipe anche noi , Simeon, in quali guai potrebbe mai cadere tuo figlio?> gli chiede Lucifero con la stessa freddezza che ha nello sguardo.

<Perdonate Sire per il trambusto, mio figlio stava giusto per chiedere congedo.> gli risponde Simeon per poi lanciare uno sguardo di rimprovero al figlio, adesso lievemente arrossito per l'imbarazzo.

<Padre non dirmi che accetti questo oltraggio...> inizia a dire l'altro mostrando tutto il suo sdegno per me senza neanche provare a nasconderne una parte.

<Adesso basta Khol! E' una figlia delle tenebre quanto lo siamo noi, e ha tutto lo stramaledetto diritto di sedere a questo tavolo!> sbotta Simeon sbattendo il pugno chiuso sul tavolo, l'argenteria tintinna violentemente per qualche minuto, dopo di che il silenzio piomba sulla sala.

<Così non sarebbe degna di sedere a questo tavolo?> domanda Lucifero dopo qualche attimo di silenzio, dalla sua voce traspare tutta la rabbia repressa a stento che subito mi fa rabbrividire, e a giudicare dalla reazione degli altri è una cosa  normale.

<Sire, perdonate mio figlio per la sua insolenza...> inizia a dire Simeon lanciando uno sguardo di avvertimento al figlio prima di essere interrotto da Lucifero.

<Simeon amico mio, non sei te a dover chiedere perdono.> gli dice spazientito Lucifero puntando lo sguardo sul ragazzo che adesso inizia a capire l'errore madornale appena commesso, questo è intuibile dal pallore del volto e dagli occhi colmi di terrore, un terrore mai visto prima negli occhi di nessuno.

<Avanti ragazzo, il tuo Re sta aspettando.> dice Simeon rivolto al figlio, nella voce un rimprovero silente che però non passa inosservato, in questo modo a tutti i presenti Khol viene fatto passare per un bambino colto in fallo.

Et lux in tenebris: infernumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora