PARTE 2

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Le Quattro Sorelle era un istituto privato per sole ragazze dedito ad aiutare i genitori nell'educare ed istruire le proprie figlie. La particolarità di questo luogo era l'attuazione di metodi molto rigidi e definiti "all'antica", dove erano concepite (dietro accettazione delle norme) anche pene corporali. Inoltre si avvaleva di quattro professori di altissimo livello per quanto riguardava l'istruzione. Il problema era che solo quattro ragazze, comprese tra i 13 e i 21 anni potevano accedervi ogni anno… e a quanto pareva, erano già al completo. Un numero da chiamare era indicato nella pagina e decise di provare nel pomeriggio. Intanto, Simona rincasó abbandonando le scarpe nell'entrata e buttando lo zaino di scuola in corridoio. 

Sara si alzó dalla scrivania e raggiunse la figlia che nel frattempo era entrata nel bagno.

"Simona, è questo il modo di lasciare la roba?". Le disse bussando alla porta del bagno.

"E vabbè 'ma, dovevo andare in bagno". Fu la risposta scocciata della figlia mentre usciva.

"Dimmi un po' piuttosto, come è andato il compito di matematica?".

"Ho preso 7 e mezzo".

"E come mai non un otto?".

"Dai 'ma, è un buon voto lo stesso". 

"Decido io quali sono buoni voti, e un sette e mezzo sai bene che non basta". Con queste parole prese la figlia per un orecchio e la guidó verso la sala.

"Oh dai 'ma ho rimediato". Simona tentó di frenare la madre che la stava portando verso l'inevitabile, cercando di convincerla.

"Avrai rimediato quando prenderai almeno un otto, anzi un nove a questo punto". Le ultime parole di Sara prima di posizionare la figlia al solito modo ed iniziare a sculacciarla severamente. 

"Sai che voglio voti dall'otto in su". La sgridava tra un colpo e l'altro.

"Si ma. Haih! Lo so...haih!". Le frasi uscivano a scatti in mezzo ai gemiti di dolore e sorpresa dopo ogni colpo.

"E poi hai anche la faccia di fare la maleducata, nemmeno non ti avessi insegnato l'educazione".

"Si haih! Scusa scusa haih!".

"Ma ora te la insegno io!".

Così andò avanti fino a rendere il sedere di Simona rosso fuoco che, in lacrime si accasciò a terra singhiozzante alla fine di quella durissima punizione.

"Vai in camera tua a studiare adesso". Fece filare la figlia prima di sedersi sul divano massaggiandosi la mano indolenzita.

Rimase pensierosa per un po', guardando il vuoto della parete di fronte a lei. Cosa doveva fare? Continuare così? Era sicura che avrebbe fatto prima a rompersi una mano piuttosto che raddrizzare la figlia. La settimana era appena iniziata e già era partita la prima sculacciata. La mano le doleva giá adesso ed era sicura che, fino all'ora di andare a letto Simona avrebbe combinato qualcosa per meritarsi almeno una o due altre punizioni, se andava bene. No, così non poteva andare avanti. Decise quindi, con un sospiro di prendere il telefono e comporre il numero dell'istituto.

La linea era libera. Dopo pochi secondi la voce dall'altro capo.

"Istituto Le Quattro Sorelle, buongiorno".

"Buongiorno, ho saputo del vostro istituto e avrei bisogno di informazioni, grazie".

"Se vuole possiamo fissare un appuntamento, senza impegno in modo da valutare in tranquillità".

"Si...sì certo, quando sareste disponibili?".

"Aspetti… mercoledì alle 15?".

"Si va bene. Verremo direttamente appena mia figlia esce da scuola".

"Molto bene, a mercoledì alle 15 allora. Buona giornata".

"A lei, a risentirla".

Chiuse la comunicazione e si distese sul divano per rilassarsi.

Con un po' di fortuna e se il prezzo non fosse stato proibitivo, forse sarebbe riuscita a farcela entrare l'anno successivo. Si addormentó con quei pensieri in testa che la facevano sperare in un mutamento del comportamento della figlia Simona. Si svegliò però di soprassalto, al suono di una canzone a tutto volume. Si alzò ancora agitata e nemmeno a dirlo, sua figlia stava ascoltando la musica a volume altissimo.

"Abbassa, è altissima". Le urló dalla soglia della porta della camera.

Simona la guardó e le fece il gesto di ok con la mano. Dopo 10 minuti però, il volume non cambió. Esasperata, Sarà entró in camera di Simona, spense lo stereo ed ancora con la mano indolenzita sculacció la riluttante figlia disubbidiente che ancora aveva sul sedere i segni della sculacciata precedente.

"È mai possibile che non mi dai ascolto?". Colpendo la voce le usciva a scatti quasi a sillabare ogni parola.

Simona scalciava e batteva le mani sul materasso. Era difficile tenerla ferma e la mano faceva molto male.

"Basta mamma, haiahaaa!". Il bruciore era inopportabile, aveva appena iniziato a svanire leggermente quello delle sculacciate precedenti che già ne piovevano altre.

La madre smise di colpo, col fiatone ed una smorfia di dolore toccandosi il polso.

La figlia ansimante si lasciò cadere a terra toccandosi le natiche roventi.

Sarà uscì dalla camera della figlia per mettersi del ghiaccio sul polso dolente. Non si rivolsero la parola fino all'ora di cena.

A tavola, Sara informó la figlia sulla sua volontà di provare ad iscriverla in un istituto privato poco fuori città e che il giorno successivo ancora sarebbero andate ad un colloquio preliminare subito dopo scuola. Simona si oppose con forza a questa decisione. Tirò fuori le amicizie e le relazioni che aveva a scuola, che era in terza superiore ormai e altre motivazioni che comunque la madre relegó a secondarie in favore della sua educazione e disciplina. Al muro che la madre le mise davanti, Simona reagì iniziando ad insultarla dandole della stronza. Sara scattó subito in piedi per afferrare l'orecchio della figlia e farla poggiare sul tavolo ancora apparecchiato. Simona cercava di reagire ma la madre le teneva l'orecchio facendole molto male. Quest'ultima abbassó gli indumenti della figlia scoprendo il già ben arrossato sedere, si sfiló una ciabatta e le bersaglió ripetutamente le natiche.

Con la ciabatta la mano le faceva meno male ma, lo sforzo era comunque alto. In più teneva l'orecchio della figlia con l'altra mano per farla star ferma in posizione.

Simona non sapeva se aveva più male all'orecchio o al sedere. La madre era inarrestabile e il suo sedere era già molto provato. I colpi facevano ancora più male che con la mano ma, l'orecchio le sembrava si stesse per staccare. In quei dieci minuti che durò quel fuoco di sbarramento di ciabattate sul sedere, cercó di non darla vinta alla madre e di non lamentarsi ma era impossibile. Quando tutto finí, era in lacrime, sfinita ed umiliata. Si ricompose ed andò a chiudersi in camera sua.

"Solo un giorno". Sussurró tra se e se Sara mentre si rimetteva la ciabatta ai piedi. 

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