PARTE 12

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Una luce bianca accecante. Simona riaprì gli occhi lentamente, l'intensa luce le impediva di riconoscere dove fosse. Era sdraiata su un lettino a pancia sotto, vestita solo di un camice come quelli degli ospedali aperti dietro. Le sue mani e le sue gambe erano libere. Fece per girarsi mentre iniziava a distinguere ciò che la circondava. Era una stanza che non aveva ancora visitato, l'infermeria. Una voce la fece voltare verso la finestra da cui arrivava l'intensa luce del sole che si mischiava con quella Ancor più intensa delle lampade di quella stanza.

"Ti sei ripresa vedo". Una voce candida e musicale proveniva da una donna bellissima seduta dietro ad una scrivania piena di fogli ed un PC.

Simona capi si trattasse della dottoressa Wett e che quella era la sua infermeria. La donna si alzò presentandosi e mostrandosi seppur avvolta nel camice da lavoro, in tutta la sua bellezza e con uno charm quasi ipnotico.

"Sono la dottoressa Wett, Simona. Sei in infermeria. Il sig. Timo ti ha portata qui dopo il vostro…colloquio".

La ragazza fece una smorfia a sentire il termine -colloquio-. Timo l'aveva distrutta. Esser legata a quel cavalletto in quella stanza avrebbe riempito di incubi il suo sonno per qualche settimana di sicuro. Per non parlare del ricordo indelebile di quella dannata cintura. A tal proposito si mise in piedi per controllare lo stato del suo sedere che immaginava doveva essere conciato molto male. Con sua sorpresa si rese conto di non sentire nessun fastidio o dolore ma, piegandosi per guardarsi intravide una brutta irritazione.

"Se vuoi controllarti, c'è uno specchio nell'altra stanza". Disse con voce soave la dottoressa.

Simona andò nella stanza a fianco dove c'erano due lettini e diversi strumenti medici oltre che ad uno specchio grande. Fece una smorfia quando vide le sue natiche. Viola era un colore che non rendeva giustizia a quello spettacolo sfortunato. In effetti però, toccandosi non sentiva nulla.

"In questo posto non sei la prima e non sarai l'ultima ad avere un sedere conciato così. Ne ho visti di molto peggio. Timo è duro ma la preside sa essere parecchio esagerato con la sua bacchetta a volte". La dottoressa l'aveva seguita e le parlava dalla soglia.

Le sue erano davanti allo specchio. Wett mise una mano sulla spalla della ragazza. Simona si sentì pervadere da uno strano calore. La sensazione si amplificò quando la dottoressa con l'altra mano le iniziò ad applicare una pomata trasparente sul sedere. Voleva dirle che poteva farlo da sola ma, si rese conto di non riuscire a dire nulla se non a guardare ammirata quella donna stupenda. La lasciò fare, godendosi quello strano momento di piacere.

"Ecco fatto, vedrai che domani mattina sarai come nuova". Disse la donna allontanandosi.

Simona si scosse da quello stato di beatitudine avuto al contatto con la donna.

"Grazie dottoressa". 

"Se vuoi puoi tornare nella tua stanza. Tra poco sarà ora di cena. I tuoi indumenti sono in lavanderia, o almeno la tua maglia dato che sei stata portata qui solo con quella. Ma presumo che anche il resto sia lì".

Simona la ringraziò sorridente uscendo dall'infermeria. Chiusa la porta alle sue spalle fu come avesse oltrepassato una barriera. Si sentiva a disagio vestita solo di quel camice. Senza contare che era stata spogliata, lavata  e rivestita da quelle condizioni pietose in cuiner arrivata. Strano che però queste sensazioni le stessero venendo in mente solo ora e non mentre era faccia a faccia con la dottoressa. Anzi, in sua presenza si sentiva molto attratta da lei. Ora però doveva pensare a tornare nella sua stanza e cambiarsi. A quanto pare aveva dormito per qualche ora e Claudia sarebbe dovuta essere in stanza. Quando arrivò, in effetti la sua compagna era seduta sul letto a leggere. Quando Simona entro, Claudia le andò incontro e la abbracciò. 

"Come stai?". 

"Sto bene. Stranamente bene".

Simona si tolse il camice e Claudia non poté non notare lo stato del sedere dell'amica.

"Accidenti. Il sig. Timo?". Chiese Claudia immaginando la risposta.

"Già…".

"Mi dispiace, Simona. Non ti abbiamo più vista arrivare dopo essere rimasta con la preside. Immaginavano che la punizione ti avrebbe portata dalla dottoressa Wett".

"Già…".

"Però, vero che non fa male?".

"Ora? Ora no. Ed è strano. Che razza di pomate usa quella donna? Sono miracolose".

"Non lo so ma, meno male che ci sono".

Le due continuarono a parlare della dottoressa e Simona si rese conto di come anche l'amica la trovasse irresistibile. Nel mentre anche il ricordo di quanto accaduto con Timo iniziava a riproporsi mettendole un po' di angoscia. Però, le tornò anche ciò che si erano detti prima che iniziasse a colpirla con la cinghia.

Quella cosa sull'essere la quinta e di esserle amico. Soprattutto il diversi incontrare quella sera dopo lo spegnimento delle luci. Non era molto convinta, non dopo quello che le aveva fatto. Anche se lui aveva detto -di doverlo fare per non perdere la fiducia della preside e non farsi scoprire da loro-. Era un particolare che catturò i suoi pensieri mentre Claudia le parlava perdendo il filo del loro discorsi. Forse si sarebbe fatta coraggio ed avrebbe incontrato quell'uomo alla sera. 

A cena le ragazze non chiacchierarono molto. Tutte durante la giornata avevano ricevuto sculacciate e punizioni chi da un professore chi da altri. Il morale non era altissimo. Simona, era la meno cupa nonostante fosse quella che aveva ricevuto la punizione più dura della giornata 

"Ragazze. Perché solo 4?". Chiese nel silenzio alle compagne.

Roberta inghiottì il suo boccone e fece spallucce.

Barbara propose che per 4 professori ci fossero 4 studentesse.

"Ora siamo 5 no?". Disse Marta.

"So che questa scuola esiste da molto tempo, credo dai primi dell'ottocento, forse prima addirittura e ci potessero entrare solo 4 ragazze ogni anno. Lo so perché quando mio padre mi ha detto che sarei finita qui, ho fatto delle ricerche su internet. Però non c'era molto. Solo che appunto esiste da tanto e vengono ammesse solo quattro ragazze all'anno". 

"Si ma, non davano spiegazioni ulteriori? Chi l'ha fondata e perché?". Incalzò Simona suscitando l'interesse anche delle altre.

"Non molto. All'inizio pare fosse una specie di convento. Poi è diventata una scuola per ragazze problematiche. C'è stato però un periodo di tempo in cui è stata chiusa per lavori di ristrutturazione. Sembra che ci sia stato un incendio alcuni decenni fa". Concluse Marta.

Simona ebbe un flash delle pareti annerite nel corridoio nel quale il sig.Timo l'aveva trascinata quel pomeriggio.

"Chissà perché allora hanno preso anche te dato che eravamo già in 4". Si domandò Barbara.

"Be, statisticamente una possibilità in meno di venire sculacciate". Scherzò Claudia senza però suscitare allegria nelle altre.

Simona ricordò che quando sua madre la portò li, la preside di categorica sul fatto di non poterla ammettere. Solo dietro la promessa di versare il doppio della quota si convinse. 

Accidenti, pensò. Sua madre si era accollata una spesa enorme per farla stare lì. Piuttosto che averla in casa era disposta a spendere tutti quei soldi. Doveva proprio averla portata oltre il limite. Non sapeva se essere arrabbiata o aver pena per sua madre. Ad ogni modo, forse la spiegazione più semplice era proprio quella: il denaro.

Terminarono la cena così come era iniziata, in silenzio e poco allegre. 

Prima dello spegnimento delle luci tutte si assicurarono di aver la stanza già in ordine per l'ispezione mattutina. Simona aspettava per sgattaiolare fuori ed incontrarsi col sig. Timo e sentire cosa aveva da dirle.

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