Eppure, ogni tanto il l'omicidio o i suoi protagonisti saltavano fuori nuovamente, come modo di dire, in mezzo alle chiacchiere da bar. O da spogliatoio, come quella cui Giovanni Edoardo Nieddu stava in quel momento assistendo, con un sorriso divertito sul viso e il più profondo odio nel cuore.
«Deh, ma non la devi mica tordellare» disse un uomo autosoprannominatosi "Omodefero", stringendo l'aria con dita tozze che protrudevano dagli avambracci come wurstel piantati in un cotechino . «Devi stringe' solo un po', così, che quasi sviene.»
Giovanni omise di fare il doppio nodo ai lacci delle sue scarpe, e si alzò dalla panca, sforzandosi di ignorare la nuova, dissacrante battuta che non aveva mancato di suscitate l'ilarità generale. Si limitò ad una risatina poco convinta, afferrò la sua sacca, e abbandonò lo spogliatoio senza salutare. Quando ebbe percorso qualche passo, lasciò scorrere un profondo sospiro, e la rabbia che gli bruciava dentro si placò. Come potevano insultare il nome, la memoria, di una persona con dei sogni, delle paure, dei desideri? E riderci persino sopra! Loro, loro che lì non c'erano, che non avevano visto occhi ingrandirsi di terrore, che non avevano fatto...
Il ping dell'ascensore ruppe il silenzio e i pensieri, e Giovanni accolse con sollievo la ventata d'aria che uscì dalla cabina. Sapeva di deodorante di terza scelta, ma era comunque un miglioramento. Non smetteva mai di stupirsi di quanto potessero influenzare il suo umore, cose come gli odori.