L'oltrefine

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Era una sera d'estate, fresca e profumata. Un basso ometto si era fermato a riposare ai piedi di un grande albero, e pensava ai fatti suoi lanciando pigramente pietroline e ghiande in un lago altrettanto pigro. Si fermò, quando le dita si strinsero attorno ad un oggetto dalla forma insolita. Una lampada, di quelle arabe.

«Oh, curioso» disse, ma non gridò di stupore quando un essere blu e longilineo gli apparve davanti.

«Ogni tuo desiderio è un ordine.»

L'ometto strinse le labbra. «Credevo vi foste estinti.»

L'essere sorrise. Quell'umano doveva aver letto le storie. Si sarebbe divertito. Adorava trattare coi sapienti. Lanciò un'occhiata ai vestiti rattoppati, alla sacca consunta. Non un sapiente qualsiasi. Oh, come si sarebbe divertito. «Posso farti diventare un re, se lo desideri.»

L'ometto non parve udirlo. «Ma immagino che finché ci saranno così tanti desideri frustrati, continuerete a esistere anche voi, dico bene?»

L'essere non rispose. Negli incalcolabili anni della sua esistenza non si era mai posto la domanda, ma si ricordava di essere rimasto dormiente per tanto, tanto tempo, suggendo poco a poco il dolore di un pastore che vedeva il suo unico figlio morire prima di imparare a camminare, la delusione di uno scriba rifiutato dai sacerdoti del tempio, fino a quando si era sentito abbastanza forte da agire.

«E direi anche che siano quelli materiali i più potenti, e i più facili da traviare.»

«Se non sono le ricchezze che desideri, posso darti potere, gloria, amore. Basta che lo desideri.»

L'ometto scosse la testa e fece una risatina. «Non penso proprio, no. E se non ricordo male, non serve a granché desiderare che perda i poteri.»

Ancora una volta l'essere rimase in silenzio. Una volta un generoso stolto aveva usato il suo terzo desiderio per renderlo un essere umano, stupidamente convinto di liberarlo così da chissà quale maledizione. Ci erano voluti anni per trovare qualcuno che esprimesse il desiderio di restituirgli i poteri, e non era un'esperienza che avrebbe voluto ripetere.

«Direi che quindi serve una reazione neutralizzante speculare per riportare l'equilibrio. Qualcosa come... desiderare. Hah. Ecco l'arcano.»

«L'intero mondo può esser tuo» tentò l'essere. «Questo e innumerevoli altri.»

«Un intero mondo?! No grazie! Una volta ho provato a tenere una tartaruga. Mangia lattuga e torsoli di mela, vive centinaia d'anni, e non c'è il rischio che salga su un albero e non riesca a scenderne, mi dissi. È finita malissimo. Una tartaruga. Figuriamoci un mondo intero. No. Però un desiderio lo voglio esprimere. Più una conferma che altro, ma almeno ti faccio contento, che ti vedo turbato.»

E turbato l'essere era, perché mai aveva incontrato una mente simile.

«Ogni tuo desiderio è un ordine.»

«Vediamo... Desidero che tu risponda, sì o no, alla seguente domanda: se ti trovassi a desiderare qualcosa, diciamo il non avermi mai incontrato, o il non aver esaudito un desiderio, perderesti la grande quantità di desiderietà che hai incamerato, i tuoi poteri in pratica?»

«Sì» rispose l'essere senza poter rifiutare, né mentire. Non trovò maniera per traviare il desiderio, ma tutto sommato, era qualcosa di innocuo. Perché mai avrebbe dovuto desiderare una cosa del genere? Esaudire i desideri era la sua ragion d'essere.

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⏰ Last updated: Feb 03, 2020 ⏰

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