Lunedì - Seconda parte

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Adesso sono perso e sto urlando da solo per avere aiuto

Perché non c'è nulla che possiamo fare

Da la colpa a me o dalla a te stessa

È come se fossi spaventato

È come se fossi terrorizzato

È come se stessi giocando con il fuoco

Sei spaventata?

Stiamo giocando con il fuoco?

Noi non lo capiamo, ma l'ultima cosa che mi passa per la mente

È lasciarti

Credo che ci siamo dentro assieme

Non urlare, sono rimaste così tante strade da percorrere

Fabrizio's POV

Più ce penso, meno ne vengo a capo.

Non riesco veramente a capire cosa è appena successo, nella hall dell'albergo.

Ho provato a rimorchiare una ragazza - una bellissima ragazza, che mi è piaciuta subito, intendiamoci - e lei, non solo mi ha rifiutato, ma me l'ha pure sonate!

Manco ho realizzato der tutto, ma quella m'ha preso a pizze n'faccia!

Perché, poi?

Ok, d'accordo, io ho esagerato, so' stato pure n'po' stronzo, ma lei che problemi c'ha?

Perché sì, c'ha dei problemi, e pure grossi, mannaja a lei!

Mi squilla il cellulare e sorrido. E' Giada, quindi i bambini.

- A papà? - rispondo con voce dolce, mentre il mio sorriso si allarga ulteriormente, al suono della voce della mia piccoletta - Sì, amore. Certo. Papà te richiama tra dieci minuti, piccolina... er tempo de sali' n'camera, sa'? Sì, a tra poco, te vojo tanto bene, cià.

Riattacco e inizio a salire le scale. La mia camera è solo al secondo piano, e un po' di moto mi fa bene.

Incrocio qualche partecipante al festival, salutando tutti con sorrisi e veloci cenni del capo, perché voglio sentire subito la mia piccola Anita.

Finalmente arrivo in camera. Striscio il tesserino magnetico contro alla porta e finalmente entro.

Mi lascio cadere sul letto con un sospiro, scalciando via le scarpe. Mi stendo, e compongo il numero di Giada.

Sto sorridendo di nuovo.

***

Mi sto preparando per andare a cena.

Provo in tutti i modi a far stare apposto i miei capelli, inutilmente. Sospiro, decidendo di optare per una nocciolina di gel, e riesco a dar loro una forma vagamente decente. Passo al profumo, forse esagero con quello.

Perché mai tanta cura?

Chi spero di incontrare?

"Tanto nun te vole!" - sussurra maligna la mia coscienza, e io cerco di zittirla in ogni modo, inutilmente.

E' tutto il giorno che penso a lei, inutile girarci intorno. Mi piace veramente, e lo ammetto senza problemi.

La voglio. Più lei mi respingeva, più io la desideravo.

La voglio per me. E farò tutto ciò che posso, per averla.

Dopotutto, siamo a Sanremo, giusto? Ho una settimana intera, o quasi, e ho intenzione di sfruttarla al meglio.

Mi sistemo meglio la giacca nera damascata, sposto una ciocca di capelli dal viso. Mi faccio un sorriso allo specchio, poi una boccaccia. Mai prendersi troppi sul serio.

Scrivo un sms veloce ad Anastasio, lo avviso che ho dieci minuti, forse quindici, di ritardo.

Prendo le mie cose e scendo nella hall. Mi guardo attorno, speranzoso. Non la vedo, non è lì. Aspetto cinque, dieci, quindici minuti. Sbuffo infastidito. Forse, dopotutto, lei nemmeno alloggia qui.

O magari, non era destino.

E che cos'è, poi, il destino? Esiste veramente, o siamo noi a crearci il nostro futuro, con le nostre azioni e le nostre scelte?

Alzo gli occhi al cielo, mi sto prendendo troppo disturbo, per qualcosa che nemmeno voglio.

Certo, e 'a vorpe je disse all'uva che era acerba! - mi deride maligna la mia coscienza.

'Fanculo, nun ne vali 'a pena! - sbotto, lasciando l'albergo.

Sono furioso, soprattutto con me stesso.

Io ho creato questo casino. E io lo risolverò.

***

- Anastà, esco n'attimo. C'ho bisogno de fuma'...

Lui annuisce, continuando a mangiare.

Non ho quasi toccato cibo. Non ho fame. N'ce riesco popo, a magna'.

Vorrei provare a parlare con lei. A chiarire.

Se mi ha dato uno schiaffo, evidentemente una ragione c'è.

Le ho fatto del male in qualche modo, anche se non riesco a capire come. So solo di aver esagerato. 

Ha ragione lei. Sono stato un cafone.

Esco fuori e mi accendo una sigaretta. Scorgo, poco lontano da me, una figura familiare.

Lei mi da le spalle, avvolta in un giubbottino nero troppo leggero, ha la testa incassata nelle spalle. Sta tremando e fuma una sigaretta.

Che Dio me perdoni, è bellissima.

Mi avvicino lentamente, quasi timoroso. Non voglio metterle paura.

- Ciao. - mormoro piano.

Lei si volta, mi fulmina e alza gli occhi al cielo. Sembra furibonda, e nient'affatto felice di vedermi qua.

- Ciao. - replica, ma si vede benissimo che lo fa solo per una questione di educazione - E addio. - mi liquida, voltandomi le spalle e lasciandomi terribilmente vuoto.

- Aspé, no! - tento di fermarla. Le vado dietro, la seguo, non so nemmeno io perché mi sto dando tanta pena.

Queste emozioni che si agitano in me, sono forti, e intense. Mi spaventano, mi divorano. E non voglio dar loro un nome, perché, se lo facessi, ne sarei travolto.

- Lasciami in pace... - lei mormora, fragile e bellissima.

- Perché fai così? Eh? Nun t'ho fatto niente de male! Me piaci, me prenni... me 'nfiammi dentro! E' forse 'na corpa?

Lei si volta, scuote la testa. Sorride, ma il sorriso non arriva agli occhi, non li contagia. Non è un sorriso felice, ma è amaro, ferino. Sembra quasi inumano. Mette i brividi.

- La tua unica colpa, è quella di essere un uomo.

- Nun capisco, che voi di'?

- Capirai. - replica freddamente - Non seguirmi, o mi metto a gridare. - è decisa, persino minacciosa. Ripeto, mette i brividi.

Resto ghiacciato sul posto.

Non so cosa dire, non so cosa fare.

Chi è, questa ragazza?

Nun lo so, ma de 'na cosa però so' sicuro.

M'ha stregato.

Stella cadente (Conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora