(03) VEDERTI SORRIDERE ; namkook

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「 dove Jungkook cerca di consolare il suo ragazzo Namjoon 」

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dove Jungkook cerca di consolare il suo ragazzo Namjoon

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Sento la porta della camera aprirsi lentamente; chi è entrato sicuramente l'ha fatto con lo scopo di non disturbarmi e cercare di far piano per non svegliarmi - data l'ora.

Usciti dallo stadio, dopo il nostro ultimo concerto, siamo andati a mangiare tutti insieme - era da molto tempo che non accadeva ‒; io sono andato via quasi subito. Non ero molto in vena di festeggiare: sono esausto e, soprattutto, sopraffatto dalle emozioni.

L'amore che abbiamo messo nelle nostre ultime performance, gli Army che cantavano e incitavano all'unisono, i miei migliori amici felici e l'emotività dei nostri discorsi mi hanno sovraccaricato di pensieri e mi è venuto un incredibile mal di testa, tanto che sono dovuto tornare al dormitorio.

Nel buio della stanza, visto che ormai i miei occhi si sono adattati all'oscurità, vedo una figura che cerca di arrivare al letto; senza successo: è inciampato in qualcosa e impreca a bassa voce.

Mi siedo e allungo il braccio per raggiungere l'interruttore della luce e accenderla. Jungkook volta di scatto la testa verso di me, gli occhi spalancati e - subito dopo - colpevoli, forse pensando di essere stato la causa del mio risveglio. In realtà, nonostante l'ora, il mio cervello ha ancora troppe cose a cui pensare, e le mie palpebre non accennano a cadere.

Il mio sguardo e quello di Jungkook sono ancora incatenati e un leggero sorriso s'impossessa delle mie labbra: sembra così piccolo nei suoi vestiti del doppio della sua taglia. I capelli spettinati perché molto probabilmente non ha usato il phon per asciugarli finito il concerto, la sua mano tatuata che riesco a vedere a malapena data la lunga manica della felpa e i suoi occhioni grandi, scuri e profondi, che all'interno nascondo milioni di galassie ‒ le mie galassie preferite ‒ mi fanno innamorare di lui per l'ennesima volta.

«Scusa non volevo svegliarti» mi dice, sinceramente dispiaciuto.

Scuoto leggermente la testa e alzo le spalle: «tranquillo, ero sveglio. Pensavo tornaste a casa più tardi, anche se è passata qualche ora da quando sono andato via».

Jungkook arrossisce appena e nel frattempo - per camuffarlo - si toglie i vestiti, rimanendo in boxer; alza le coperte e ci s'infila sotto, facendomi segno di raggiungerlo. Io mi ridistendo e, con il volto rivolto verso il minore, mi avvicino a lui, fino a quando non sento il calore del suo corpo a contatto con il mio.

«Ero un po' distratto, così i ragazzi mi hanno mandato a casa».

«Eri distratto per colpa mia?» gli chiedo.

Annuisce. «Ero preoccupato. Stai bene?»

Mi sporgo verso di lui e gli lascio un leggero bacio a stampo sulla bocca; rimango vicino a lui e chiudo gli occhi, cercando di regolarizzare i battiti del mio cuore, aumentati a sproposito. «Non preoccuparti per me, io me la cavo sempre. Tu piuttosto come stai?»

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