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Alex:"Giorgio sono a casa!"
Alex urlò dalla porta d'ingresso, ma io non mi feci neanche vedere, per la vergogna.
Anche se poteva essere un comportamento da stupido, io ero convinto che se l'avessi visto, mi sarei solo sentito peggio.
Alex: "Giorgio? Dove sei?"
Giorgio: "lasciami stare..."
Ma lui venne in camera mia e mi trovò nello stato più pietoso che potesse esistere: stavo nel letto con vicino il portatile e con una miriade di fazzoletti nel cestino.
Alex: "oh mamma..."
Giorgio: "ti ho detto di lasciarmi stare..."
Mi alzai da quel putiferio e lo spinsi fuori dalla porta, senza riuscirci per la sua grossa statura. Volevo stare in pace nel mio letto, ad ascoltar musica triste e a soffocare il pianto nelle lenzuola. Tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento era stare solo a riflettere.
Volevo solo maturare il dolore, e renderlo digeribile in un secondo momento. Era questo uno dei motivi per cui restavo nella mia stanza da solo a contemplare il silenzio, a non pensare ad altri che ad Alex, cercando di capire il perché ero così, del perché mi ero dato quest'etichetta che mi aveva provocato ferite nel cuore, grosse come crateri.
Decisi di affidarmi a mia madre, che non vedevo da circa 4 anni, per via di un litigio con mio padre.
Giorgio: "Alex levati!"
Alex: "Solo se mi fai un sorriso...!"
Lo guardai dritto negli occhi, con uno sguardo serissimo, per farli capire che non avrei giocato al suo gioco.
Restammo 3 minuti in quel silenzio tombale, a fissarci negli occhi, ma io non ne potevo più, e lo aggirai per andare via da quella casa, e dirigermi in quella di mia madre...



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