9b. Molly Hooper/La gita

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Esiste un bel racconto che inizi con una bimba tutta sola, che piange disperata in mezzo alla natura? Credo di sì. E allora eccola, questa bambina dai capelli lisci e spettinati per la corsa disperata che l'ha portata fino a là.
In quel momento sentiva di odiare tutti, e questo sentimento la indisponeva nei confronti di sé stessa. Odiava odiare gli altri, si sentiva così in colpa da essere scoppiata in lacrime al semplice confronto tra la sua coscienza stratificata e complessa e la semplicità della natura.
Si era inginocchiata a terra, incurante del fango e di qualsiasi altra cosa, e nascosto il viso tra le mani si era lasciata andare a quel pianto dirotto. C'erano tante cose che la perseguitavano, ultimamente, e il semplice commento malizioso di una compagna aveva fatto sì che si lasciasse andare all'ira: erano in gita, in una camminata di gruppo in quel bosco maledetto; e appena ha avuto la pessima idea di allontanarsi, si è completamente persa.
Non aveva paura di morire dimenticata da tutti, divorata dalle bestie che dovevano vivere in mezzo alle frasche così rigogliose vicino al fiume; temeva di tornare a scuola, a casa e dover affrontare le conseguenze di quell'attimo di follia. Tutta sola. Sola come sempre, come in quel momento.
Nessuno sembrava capirla... O volerla. Meno di tutti quel bambino tanto carino che era in classe con lei; schivo e intelligente... Bello e maledetto, si sarebbe potuto azzardare, a causa dell'aura di mistero che avvolgeva il suo visino sempre ombroso.
Forse, ha pensato, alzando lo sguardo verso il ruscello che le scorreva davanti agli occhi, forse sarebbe stato molto meglio non tornare mai più. Chi avrebbe rimpianto la sua mancanza? Esisteva ancora qualcuno che avrebbe pianto la sua scomparsa? Lei era convinta di no.
E ha pensato anche che con pochissimi passi si sarebbe avvicinata abbastanza da scivolare nell'acqua di quel fiumiciattolo, e farla finita con tutto.

«Molly!»
Il bambino dal nome strano, e dal comportamento ancora più strano, ha attraversato quasi metà bosco senza smetterla di chiamare il nome di quella sua compagna che nessuno s'era accorto essere scomparsa. Sapeva che il suo umore, ultimamente, era bassissimo; e non sembrava nemmeno un bambino nel senso del termine, per la chiarezza con cui gli si è palesato il pericolo che la coetanea stava vivendo. Non erano amici. Ma gli sguardi che lei gli riservava, a volte, lo facevano sentire importante; e la cosa non gli dispiaceva. Non era sicuro di essere pronto a rinunciarvi, anzi; era quasi convinto di avere bisogno di una nuova amica; e gli è parsa una buona occasione per trovarla.
Più i minuti scorrevano, tuttavia, e più il suo pessimo presentimento si accresceva. Dov'era finita? Stava bene? Perché non riusciva a trovarla?
Proprio quando pensava di aver perduto ogni speranza, ha udito un singhiozzare in lontananza. E usando quei sensi potenziati che madre natura gli ha donato, è riuscito a raggiungere la compagna in men che non si dica.
«Molly...»
Si è gettato di fianco a lei, e le ha passato una mano dietro la schiena. Lei ha subito appoggiato la testa sulla sua spalla, ed è sembrata calmarsi un po'.
«Dobbiamo tornare in fretta, il tempo sta peggiorando e non mi perdonerei mai se ti dovessi ammalare.»
«A malapena ci conosciamo, Sherlock. Dovresti perdonarti cose molto più serie di questa.»
«Era solo per convincerti, infatti. Però ritornare insieme potrà aiutare a conoscersi meglio, no?»
La bimba ha riso, improvvisamente pervasa da un'emozione del tutto diversa da quella che la teneva in pugno fino a pochi attimi prima.
«Andiamo» ha sussurrato, alzandosi in piedi. Sentiva una nuova voglia di vivere, ora che Sherlock Holmes le aveva dimostrato di essere consapevole della sua esistenza: e pure nella consapevolezza che non avrebbero più spiccicato parola fino al cospetto della maestra, non ha potuto non sorridere sinceramente.

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