Io

228 53 3
                                    


Memories of Clycia

Davanti ai miei occhi scorrono immagini, come un vortice inesauribile di energia; nella mia mente ci sono parole, voci, emozioni che vengono pescati casualmente o volontariamente dal vissuto dei giorni passati, come pesci che quasi vogliono sfidare le sorti della vita andando contro il destino, pur sapendo come andrà a finire. Nel frattempo sento o meglio percepisco un suono, quello che penso sia un ticchettio di un piccolo orologio e solo allora finalmente distolgo lo sguardo, che fino a qualche istante fa era fisso chissà dove, forse e inconsciamente nel nulla, non curante di ciò che accadeva nei suoi dintorni, che vedo nitido davanti ai miei occhi e alla mia faccia. Quello è l'unico oggetto che mi permette di essere tranquilla, di tornare in me stessa quando mi fanno venire i cinque minuti di pazzia, o quando voglio rompere tutto, spaccare con tutte le mie forse ogni singolo centimetro della stanza in cui mi trovo in quel momento, ma invece sono costretta a reprimere la mia rabbia che cresce ancora e ancora dentro di me.

Quella rabbia che vuole uscire perché non ha più spazio, perché è da troppo tempo che non vede la cosiddetta luce, perché è da troppo tempo che la reprimo, piuttosto si aggiunge al cumulo di parole, pensieri, storie e sentimenti negativi che vogliono uscire come un gregge che non vede l'ora di pascolare. Tutto questo ogni volta che qualcuno mi fa ribollire il sangue in tutto il corpo, ogni volta che fa muovere un numero superiore di particelle o cellule della mia pelle oltre la norma e che alla fine si ribella creano così una rivolta in tutto il corpo. Ogni qual volta accade mi vedo costretto a sfogarmi, in qualsiasi modo ma per me quello che conta è sfogarmi, far uscire ogni sentimento negativo, ogni emozione che positiva o negativa che sia ma la devo far uscire, così io sto meglio, evito di rompere qualcosa di costoso senza poter rimborsare il danno fatto, mi scarico, eh sì sto meglio in tutti i sensi.

Nel stare meglio in tutti i sensi non intendo che ho risolto i miei problemi perché quelli ci sono oggi e te ne ritrovi il doppio il giorno dopo, già, è sempre così, quando pensi di esserti levata la spina in una zona ma ti dimentichi che hai una zona ancora più grande da liberare. A volte la vita è una gran bastarda perché ti fa arrivare  a vedere quasi il fondo per buttarti con una fionda dal lato opposto e renderti sempre di più migliore di ieri, permettendoti di migliorare ti aiuta a incontrare persone simili  a te. Ricevere dediche è bello, molto di più quando arrivano inaspettatamente dalla persona che ami, follemente e spesso la si da per scontata, col rischio di perderla, e di perdere anche coloro che ti sono stati vicini sino a quel momento.

"Sai, sei l'unica che sino a oggi mi hai fatto piangere per amore, l'unica per cui starei male davvero sei tu.... l'unica capace di non farmi vergognare di me stesso. L'unica che mi dimostra ciò che ho sempre preteso da me e che volevo vedere nella mia donna ideale , tu racchiudi tutte quelle caratteristiche. Ecco perché non voglio ne posso fare a meno di te! Ormai hai fatto centro nel mio cuore e nessuno potrà mai cambiare il fatto, che la freccia che mi ferisce può essere tolta dall'odio che non potrò mai provare nei tuoi confronti, perché grazie a te provo a trasmettere amore a tutta forza.  Nessuno potrà mai cambiare il sentimento che provo per te.  Mai prima d'ora ho conosciuto una persona che mi abbia fatto stare bene, che sia amica, conoscente o ragazza, nessuno è mai riuscito a riequilibrarmi così come tu mi fai stare bene! Sei assolutamente la perfetta mia copia al femminile e solo io so quanto cazzo ti amo e come starei davvero male se mi dovessi allontanare troppo da te. Complimenti a te che sei riuscita ad accendere il fuoco dentro di me. "

Ti chiedono come mai sei cambiata, perché sei così diversa, perché non sei più la stessa. Ti trovano un po' troppo distante, sempre sulle tue, che non vuoi dirgli più niente, che non ti va di ascoltare. Si chiedono come mai tu sia un'altra e perché la tua disponibilità sia diventata quasi cattiveria e perché non hai più lo stesso carattere di prima perché rispondi a stento alle domande perché sei così chiusa in te stessa e hai intorno troppi muri a proteggere la tua fragilità estrema, si domandano come mai tu abbia perso la tua pacatezza, la tua timidezza gli fa strano pensare che tu non sia più la stessa ma una un po' meno onesta, meno preoccupata dei bisogni di tutti quanti meno pronta a capire, meno disponibile per tutti. Ti chiedono che ti è successo perché non vuoi più essere chi eri perché hai cambiato pure gli occhi perché adesso sono sempre tristi, distanti, persi e gli dispiace che tu non sia più la stessa perché prima eri un poco meglio di sicuro ma dov'erano quando tutto quanto cadeva?

Quando ti serviva qualcuno con cui parlare? Quando non avevi idea di dove avresti potuto andare a cercare chi ti potesse capire? Dov'erano quando ti sei persa e non ti sapevi trovare quando gridavi aiuto a gran voce e loro sentivano solo "si, tutto bene'" dov'erano quando tu c'eri per loro e loro invece per te non c'erano nemmeno se li rincorrevi? Ma dov'erano quando tutto sembrava non avere un senso? Non gli piace come sei adesso, troppo sulla difensiva, troppo strafottente, ma dov'erano quando hai deciso di cambiare. Ecco per me ora possono rimanere dove sono stati sono a ora tranne le mie tre persone preferite tra cui Chande.

"Le dita accarezzavano delicatamente le corde della mia Epiphone Les Paul Classic Worn Purple, la mia mente era completamente immersa nelle note che stavo suonando da ormai un tempo indefinito." Non sapevo da quanto tempo ero chiuso nel mio camerino a provare e riprovare le mie canzoni, coloro che avrebbero fatto cantare a squarcia gola il pubblico arrivato da ogni parte dell'America per me. Sapevo solamente che l'adrenalina mischiata all'ansia mi stava divorando vivo. Ero eccitatissimo all'idea di iniziare il mio primo tour proprio nella grande mela, visitando poi le città più importanti degli USA fino ad arrivare nella grande Los Angeles. Picchiettai il piede destro sul pavimento a ritmo della melodia che stavo suonando, nella mente il testo, in quel momento ero nel mio mondo magico costruito solo grazie alla mia fantasia e perseveranza. Due colpi alla porta mi fecero storpiare alcune note, e sobbalzare dalla mia postazione e il cuore salire in gola; la porta si aprì rivelando la figura della mia manager con in mano la sua cartellina contenente la scaletta precisa di ogni esibizione e con il microfono collegato agli auricolari dello staff sempre acceso.

"Chande tieniti pronto, dieci minuti e si va in scena." Il suo tono di voce era sbrigativo e ansioso, come ad ogni mio inizio concerto d'altronde. Luce oltre che alla mia manager era anche la mia migliore amica fin dai tempi del liceo. È grazie a lei se ora sono qui, pronto ad esibirmi davanti a milioni di persone, il suo aiuto è stato il mio trampolino di lancio, più che altro grazie a suo padre nonché preside del liceo che frequentavano entrambi. Dal tavolino davanti a me presi la bottiglietta d'acqua frizzante ormai quasi finita, con un sorso solo la svuotai sentendomi ancora più ansioso. Avrei dovuto farmici l'abitudine. Iniziai a camminare per la piccola stanza per allentare la tensione che alleggiava nell'aria fin quando i dieci interminabili minuti finirono.

"È arrivato il momento di spaccare su quel palco, pronto?" mi fa Luce che irrompò nuovamente nella stanza venendomi incontro. Ero pronto? Più che mai. Annuii soltanto ricevendo da parte sua due pacche sulla spalla come incoraggiamento, lo faceva sempre prima di ogni mia performance. Quindi la seguii lungo lo stretto corridoio che avrebbe portato al palco, dove i musicisti erano già pronti con i loro strumenti.

"Bene, ora posizionati sopra questa piattaforma, sai già tutto dalle prove, ricordati non iniziare finchè non sarai completamente illuminato dai riflettori."

Non le risposi troppo concentrato nel sistemare il microfono e la chitarra. Mi posizionai sopra la piattaforma come d'accordo facendo respiri profondi. Quest'ultima iniziò a muoversi proprio nel momento in cui la mia canzone uscita da poche settimane non riempì l'intero stadio insieme ai gridolini eccitati dei fan. Finalmente era arrivato quel momento in cui la realizzazione di ciò che avevo costruito si propagò nelle mie iridi azzurre. Vedere con i miei occhi milioni e milioni di persone pronte ad ascoltarmi era completamente surreale per me. Arrivai perfettamente al centro del palco, i riflettori mi erano addosso quasi ad accecarmi. Grida e battiti di mani si innalzarono per lo stadio strappandomi un mezzo sorriso.

Iniziai a cantare ogni mia canzone, il corpo di ballo danzava sulle mie note alle mie spalle. Ero tremendamente elettrizzato e felice, ma sotto sotto sentivo che mi mancava qualcosa. Avevo addosso un velo di tristezza invisibile, che solo il sottoscritto poteva notare. Il mio corpo scoperto da dei pantaloni neri bucati e una canottiera bianca rifletteva luccicante sotto le luci per il sudore, gocce di esse scesero rivole sulla mia tempia. Lasciai volare la mia voce insieme a quelle di tutti coloro che stavano cantando insieme a me, alzai poi il microfono verso di loro lasciando la chitarra. Mi beai della bella sensazione che stavo provando in quel momento.

Passarono all'incirca due ore, il concerto era ormai finito da un pezzo, eppure ero ancora lì, seduto sul muretto del palco con la chitarra e il microfono vicino a cantare ancora. Non volevo andarmene via dalla mia seconda famiglia. Avevo solo venticinque anni, e per poter realizzare di già questa cosa ci sarebbe voluto ancora tempo. Ero felice ma allo stesso tempo completamente vuoto, anche se mi aspettavo qualcosa di diverso.

Thinking Of You 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora