Clycia
Avrei voluto farla finita, smettere di sopravvivere col costante affanno, con la costante sensazione di non avere fiato, che non ha fatto altro che logorarmi, cessare di soffrire in quel modo così lento, doloroso e brutale. Sonnecchiare per qualche ora, così, da rilassare la mente stremata e tentare di riflettere lucidamente sul da farsi, ma non ne fui in grado. Il cervello, venne contaminato da un male, che, come un vulcano quiescente si risvegliò più brusco che mai dopo interi anni di riposo. Gli incubi peggiorarono, non permettendomi più di dormire, le ore si ridussero al limite, fino a ridurmi all'osso. Avrei voluto dimenticare ciò che accadde da quel maledetto giorno che mutò ogni singola cosa, ritornare indietro alla mia vecchia vita. Smettere di soffrire così tanto, ma non compresi come, ne il modo per poter opprimere quel dolore infernale che percepii al petto, che mi inghiottii a sé, e che mi avvelenò l'anima.
Vorrei possedere quel coraggio di smettere di tremare per il freddo, indossare i vestiti all'interno dello zaino che ancora non sono riuscita a cambiare con quelli umidi che avevo addosso da, oramai svariati giorni, così per tornare indietro, ma nonostante i miei pensieri vagassero troppo liberi per i miei gusti, cerco di ricacciarli indietro ma non ne fui capace, anche questa volta. Avrei dovuto digitare il loro numero e dirgli quanto mi dispiaceva per tutto, per ogni cosa, dire loro quanto stessi realmente male, ma, nessuno se ne sarebbe mai reso conto; nonostante volessi farlo, non fui però in grado di chiedere aiuto, immobile e incapace di muovermi. Le mie gambe, oramai stremate, si ridussero in molli gelatine aggrovigliate su sé stesse per ripararsi dal freddo. E più tentai di riposare e maggiormente non mi fu permesso, risvegliandomi così di soppiatto e ritrovandomi a urlare, sempre più forte. Gli incubi e i sogni, orami aggrovigliati a causa di confusione totale, sono incapace di formulare una frase di senso compiuto, forse da tempo o forse da pochi minuti, non ne ho idea ma fatto sta che non riesco a collegare più nulla col mio cervello.
Mi sentii morire dentro, le piccole cicatrici cosparse sulla pelle, sempre più logorate, così come quelle dentro di me, profonde, non smettendo di sanguinare mentre i muri dell'abitazione, se così poteva essere chiamata, parvero crollarmi addosso e mescolarsi alle fiamme che per giorni non si estinsero mai. Non sentii più niente, né caldo, né gelo, né dolore o rimorsi. Le voci si annullarono del tutto, così come il frastuono della pioggia, rimasi unicamente io e il mio silenzio. Il cervello mi scoppia, il mio cuore senza battiti, il mio corpo, tutto il mio copro si rifiuta di muoversi e di collaborare. D'improvviso non riuscii a respirare più, l'aria mi mancava ai polmoni e gli inspiri si fecero sempre più corti. In dispnea mi concepii, schiacciato da una massa mille volte maggiore alla mia che, non mi permise di prendere altro fiato e respirare a dovere. Aria, chiesi solo un piccolo respiro, proprio qualche secondo di aria, mentre ogni istante mi sentii soffocare sempre di più, dalle mie stesse mani posizionate attorno al collo che con violenza lo strinsero a sé.
In quella tarda sera rivolsi lo sguardo al soffitto, come se avessi avuto altra via di fuga da quel labirinto, il quale iniziò persino a perdere innumerevoli gocce d'acqua che rumorose ricaddero sul pavimento, finché tra il silenzio più totale non udii scaltri passi avvicinarsi sempre più a me e sovrastare la pioggia; sfinita non mi preoccupai minimamente di controllare cosa stesse accadendo e anche se volendolo non ne fui in grado a causa delle forze in corpo assenti. Un ferreo schianto fece crollare la porta, dalla quale fortunatamente fui distante. Ombre si intrufolarono al suo interno e ne invasero le aree mentre restai immobile dov'ero.
"Clycia!" mi richiamò una voce, ma non la sentii precisamente vivida e ben distinta.
In modo sfocato vidi ombre possenti venirmi incontro, molte delle quali non avevo mai visto a differenza di due che tra tutte spiccarono non inosservate ai miei occhi, che senza attendere altri istanti mi vennero addosso. Li vidi inginocchiarsi al mio fianco, sotto il mio sguardo vacillante tremare e scuotermi le guance, richiamare il mio nome. Non fui però in grado di rispondere, stringere le loro mani e chiedergli scusa, non ne ebbi la forza. Il resto delle immagini accadute furono talmente confuse che di esse quello che rammentai furono solo maltrattati stracci.
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Thinking Of You 1
Romance"Un altro riprender fiato, un silenzio che dura un secondo in cui è rinchiusa l'eternità, i nostri cuori un tutt'uno di battiti" questo è ciò che Clycia ha letto su un foglio stropicciato. Chi l'ha scritto? Perché è arrivato proprio a lei? Gli inc...