‹Credo di essermi spenta, esattamente come si spegnerebbe una candela consumata esposta al vento. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco, non ho più obiettivi, non so più per cosa sto lottando o se sto lottando ancora. Molto spesso mi chiedo se valga veramente la pena di vivere una vita che non sento più mia, perché è questo che mi sembra ormai: la vita di qualcun altro. Mi sveglio al mattino, mi lavo con cura, mi vesto, vado a lezione, faccio quello che devo fare, poi torno a casa, faccio un'altra doccia, aspetto un orario plausibile per addormentarmi e poi cado nel sonno. E di nuovo così il giorno dopo e quello dopo ancora e quello dopo ancora. Sono stanca e neanche io so di cosa. Mi sento esausta ogni giorno, non riesco a mantenere la concentrazione, ho sempre bisogno di dormire ma non ho voglia di mangiare. E lo so che non dovrei comparare la mia vita con quella dei miei colleghi o dei miei amici o dei miei parenti, però sembrano tutti così felici, nonostante non abbiano vite facili. E, allora, perché io non riesco a essere felice? O triste? O qualsiasi cosa che possa spegnere questa apatia? Apparentemente non ci sono motivi per i quali io debba sentirmi così, eppure non riesco ad arrestare il processo, non riesco a trovarne la fonte e non riesco a creare una soluzione. Magari questo è il mio destino, chi lo sa.Trovo ridicolo anche mettermi a scrivere tutte queste cose... mi servirà davvero? Penso di stare solo perdendo tempo.›
Finisce di leggere il corpo della mia lettera ad alta voce e mi fissa. Attendo un responso, ma non si muove, sembra bloccata e non leggo un minimo accenno ad alcuna emozione nel suo sguardo. Cosa dovrei aspettarmi adesso? Guardo l'orologio alla parete: tra meno di mezz'ora questo strazio sarà finito, ma continuando così ogni secondo mi peserà come un macigno. Tiprego dì qualcosa ti prego dì qualcosa ti prego dì qualcosa tiprego dì...
"Quindi è così? Credi di aver perso tempo?" mi chiede tranquilla, poggiando delicatamente i fogli sulla grande scrivania in legno scuro. Non sembra arrabbiata o chissà cosa, forse è solo curiosità la sua.
"Più o meno. Ho passato una settimana a riflettere su cosa avrei potuto scrivere, mi portavo quei fogli bianchi ovunque... e sono riuscita a partorire soltanto una massa confusa. Sa, io apprezzo davvero il suo lavoro, ma forse stiamo facendo un buco nell'acqua. Voglio dire, dopo mesi questi è tutto quello che riesco a ottenere? Non so, magari non faper me, ecco." le dico, sincera. Le vedo tirare un lungo sospiro. So di essere un caso disperato e so che ce la sta mettendo tutta, ma ci sono luoghi in cui una terapista non può arrivare e credo se ne sia resa conto quando mi ha assegnato questo compito la scorsa seduta. Mi ha chiesto di scrivere cosa mi passasse per la testa, a quali conclusioni credevo di essere arrivata dopo questi mesi di terapia, ma ho miseramente fallito e, anche se non può darlo a vedere, sento che è delusa da me e da tutto il mio percorso. E non posso biasimarla: lo sono anche io.
"Il problema è proprio questo: hai riflettuto troppo. Ti avevo chiesto di scrivere di getto e non l'hai fatto. Da tempo proviamo, insieme, a tirare fuori qualcosa, ma ho la sensazione di essere io la persona che si sta sforzando di più. Di norma non direi niente del genere, però vedi, Angelica, io credo che ci sia tanto altro dietro quello che mi hai raccontato. Per farla breve, credo che tu non mi abbia detto tutto e, forse, non l'hai fatto perché di molte cose non ti sei resa conto in primis neanche tu. Pensi abbia senso quello che ti sto dicendo?"
Sono confusa, quindi deciso di prendermi qualche secondo per riflettere. Penso abbia senso quello che sta dicendo? Onestamente no. Non mi reputo stupida, non vedo come avrei potuto non rendermi conto di cose successe nella mia vita, sotto ai miei occhi. Eppure è vero, dopo ogni seduta ho sempre l'impressione di non essermi aperta completamente, di aver lasciato qualcosa per me, anche se involontariamente. Non mi sento ancora libera di poter parlare con lei o con mia madre o anche solo allo specchio. Non mi sento libera affatto, è questo il punto.
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Sapone
General Fiction"Sei pulita, Angelica, non hai bisogno di altro sapone. Inspira, espira. Provo a godermi questa piccola vittoria, ma l'entusiasmo dura poco: li sento, i batteri che risalgono le mie gambe, raggiungono la pancia e finiscono sui polsi, lí dove lui str...