Tutto attorno a lei si era rarefatto. Percepiva la pesantezza dell'aria come fosse circondata da ettolitri di fluidi che le rendevano lenti i movimenti. Sentì distintamente i polmoni comprimersi, per un attimo pensò che la sua vita sarebbe potuta finire in quell'istante, mentre tutto attorno a lei scorreva come niente fosse e la sua esistenza stava lentamente sbriciolandosi davanti ai suoi occhi. Si stupì di come le gambe fossero ancora in grado di reggere il peso di tutta quell'angoscia. Decise di appoggiarsi al grande tavolo di legno scuro accanto a lei: se fosse svenuta nessuno l'avrebbe aiutata, per cui trovò saggio compiere gli unici movimenti utili per salvarla in caso di rovinosa caduta. Fissò ancora per qualche minuto il muro giallo paglia scolorito, lo sguardo distante perso nei meandri di pensieri che non credeva di poter produrre, non così presto quantomeno. Tutto così veloce, tutto così in fretta. La scossa emotiva la colpì così tanto da intorpidirle completamente gli arti, tanto che quasi si dimenticò della leggera pennetta bianca che ancora stringeva tra le mani, la stessa che le provocò tutta quella confusione. Prese un altro respiro prima di tornare a guardarla. Pensò che ritrovarsi in casa da sola, in quel momento, non poteva che essere una benedizione: chissà che aspetto smorto e deperito aveva in quel momento. Abbassò lo sguardo e un conato di vomito la assalì. Quelle due linee rosa si beffavano di lei e credette di essere impazzita quando, per un istante, riusì a scorgere l'ombra di un ghigno su una delle due. Si rese conto di star esagerando e, solo allora, decise di sedersi comodamente su una sedia, anch'essa di legno scuro come il tavolo.
Elena era tante cose: era una ragazza con tante passioni, intelligente, matura; una sorella amorevole, un'amica con la quale risultava impossibile annoiarsi. Era tutte queste cose, ma l'unica che non voleva diventare, di certo non in quel momento, si stava palesando in quell'istante, mentre era in casa da sola col supporto di nessuno, in quella vecchia cucina impregnata di odori di ogni genere. Iniziò a fissare il test di gravidanza positivo pensando di poter cambiare il risultato guardandolo con aria minacciosa. Lo puntò per trenta secondi, ma le lieneette rosa rimasero immobili.
Con uno scatto d'ira improvviso, lo lanciò in direzione del lavandino di metallo e gettò un urlo. Quell'azione fece ripartire il tempo, i sensi le tornarono e ricominciò a percepire le fredde mattonelle sotto ai suoi piedi scalzi. Si prese la testa fra le mani e, senza che potesse controllarle, le lacrime le scesero dagli occhi, inzuppandole completamente i palmi. Rimase così per un tempo che non riuscì a quantificare, sperando che le lacrime potessero portarsi via anche tutta l'ansia, la tristezza e la rabbia che aveva accumulato fino a quel momento.
Decise di darsi un minimo di contegno e si alzò dalla sedia per rimuovere dal lavandino l'inconfutabile prova della sua sconsideratezza. Ancora scossa dai singhiozzi, riuscì a raccogliere l'oggetto appena in tempo perché, solo un secondo dopo, sentì la porta d'ingresso aprirsi e una voce squillare in segno di saluto. Nascose il test dentro la manica dell'infeltrito maglione grigio e cercò di asciugarsi velocemente le guance. Ringraziò se stessa per aver deciso di non truccarsi quel giorno, sarebbe stato fin troppo difficile riuscire a nascondere le righe nere di mascara.
Anna le corse (letteralmente) incontro sprigionando una gioia che sarebbe anche stata contagiosa, se solo Elena non si fosse trovata in una situazione così surreale. La abbracciò e lei cercò prontamente di divincolarsi dalla potente stretta dell'amata sorella, ma non fu così facile. Sapeva che quell'abbraccio poteva significare soltanto una cosa, ovvero che il suo esame di statistica era andato bene. Non avendo altra scelta, ricambiò l'abbraccio e sperò con tutte le sue forze di poter scappare verso la sua stanza il prima possibile, così da evitare imbarazzanti domande sui suoi enormi occhi rossi da pianto disperato.
Anna iniziò a saltellare e lei non poté che seguirla a ruota. Quando sciolse la stretta, come prevedibile, Elena non riuscì a nascondersi abbastanza da evitare di spostare l'attenzione sul suo umore.
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Sapone
General Fiction"Sei pulita, Angelica, non hai bisogno di altro sapone. Inspira, espira. Provo a godermi questa piccola vittoria, ma l'entusiasmo dura poco: li sento, i batteri che risalgono le mie gambe, raggiungono la pancia e finiscono sui polsi, lí dove lui str...