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Mia madre è ufficialmente impazzita. Ormai da una settimana sono costretta a fare docce fredde, ergo non riesco a insaponarmi più di due volte prima di rischiare l'ipotermia. Lei la considera una misura necessaria, mentre io la considero una tortura bella e buona. Mi concede di utilizzare l'acqua riscaldata da un pentolino solo per lavare i capelli. Dice che soltanto in questo modo riuscirò a rieducarmi e solo nel momento in cui mi sarò abituata a questi ritmi da caserma militare, allora potrò tornare alla normalità. Certe volte mi chiedo se il suo non sia semplice sadismo, poi però mi ricordo che mia madre non è un mostro. Il modo in cui funziona la mia mente mi affascina: nelle rare volte in cui mi concedo il lusso di pensare, in silenzio e solitudine, parto per luoghi sconosciuti, immaginando scenari irrealizzabili. Forse non ho ancora gli strumenti per comprendere i meccanismi cognitivi che possiedo, oppure, semplicemente, sono un'asociale paranoica costantemente bisognosa di tenere la mente occupata con le parole degli altri per riempire spazi vuoti, inesplorati. E' strano, vero? Mi definisco asociale, ma allo stesso tempo so di essere dipendente dagli altri, dai loro racconti. Non devono per forza parlare con me, l'importante è che parlino, di qualsiasi cosa. Ascolterei per ore due amiche che parlano alla fermata del bus, ma non per farmi i fatti loro, è che mi intrigano le persone, voglio sapere se le loro vite sono strane come la mia, se ragionano nello stesso modo in cui ragiono io, se le loro esperienze sono simili alle mie. Quasi sempre esce fuori che no, io non ho nulla in comune con gli altri e gli altri non hanno nulla in comune con me. Forse è per questo che riesco a socializzare con poche persone. Ok, quattro persone. Di cui solo una non fa parte della mia famiglia. E' già qualcosa, no?

Oggi ho un po' di tempo per stare da sola con i miei pensieri (e non so se definirla una fortuna o una sfortuna) perché ieri mi è venuto un brutto raffreddore (a causa delle docce fredde, si) e ho deciso di non andare a lezione per evitare che peggiori. I miei raffreddori sono terribili, durano per settimane e mi costringono a letto. So che è, in parte, anche colpa mia perché sono molto schizzinosa nel mangiare e preferisco cibi per niente sani e le mie difese immunitarie ne risentono, però sono cresciuta mangiando un po' quello che volevo ed è difficile cambiare le proprie abitudini a quasi ventidue anni.

Quando ero piccola, mia mamma raramente rimaneva a casa perché sempre alla ricerca di qualche lavoretto per tirare avanti e io rimanevo a casa con la zia Anna, oppure trascorrevo pomeriggi interi nella sala d'aspetto del suo studio, quando proprio non riusciva a liberarsi. La zia Anna non sapeva dirmi di no, quindi quando per pranzo le dicevo di voler mangiare gelato e biscotti, lei provava a negarmelo, ma non ci riusciva e io mi sono abituata a non sapere cosa significhi mangiare in maniera convenzionale. Per esempio, pur svegliandomi abbastanza presto al mattino, i classici cibi da colazione inizio a mangiarli verso le due del pomeriggio, mentre alle sei mi viene voglia di salato e verso le otto ricomincio con i cibi dolci. Non riesco a fare a meno di caramelle e biscotti, credo siano le uniche cose che mi tengono in piedi. E' sbagliato, lo so bene, e vorrei davvero riuscire a cambiare le mie brutte abitudini, ma non è affatto facile con tutte le cose che ho da fare per l'università. Dopo una giornata fuori, è molto più semplice uscire un gelato confezionato dal congelatore e considerarlo una cena, piuttosto che mettersi a spadellare. In più, ancora adesso mia madre non sta molto in casa,quindi le viene difficile controllare quello che mangio, cosa che,comunque, non farebbe perché, ecco, ho quasi ventidue anni.

Sono appena le nove del mattino. Ho avvisato Lara che non sarei andata a lezione perché non sto molto bene. Lei mi ha augurato buona guarigione e mi sono messa ad ascoltare un po' di musica. Anche la musica, insieme al silenzio, mi porta in luoghi sconosciuti. Inizio a pensare a una cosa, poi quella cosa me ne ricorda un'altra che però è collegata a un'altra cosa ancora e quindi penso a quest'ultima cosa più a quella alla quale avevo pensato prima e il risultato è soltanto confusione. Però ormai sono abituata alla mia confusione, ci sto quasi bene.

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